Clima mediterraneo

Palermo non è soltanto uno storico crocevia di culture e una straordinaria città monumentale: intorno al capoluogo siculo (che alle soste in camper e caravan offre l'imbarazzo della scelta come poche altre località) si estende una rete di piccole riserve che hanno sottratto all'urbanizzazione ambienti e paesaggi di grande importanza naturalistica e paleontologica, meta di facili passeggiate all'aria aperta e non solo.

Indice dell'itinerario

“Il più bel promontorio del mondo”. Non aveva dubbi Goethe, che durante il suo lungo viaggio in Italia rimase incantato alla vista del Monte Pellegrino. Alla sommità del massiccio che domina la città di Palermo e la divide dal centro di Mondello si accede oggi con una strada asfaltata: la vetta ospita ripetitori televisivi e telefonici, l’urbanizzazione assedia le pendici, ma il panorama di questo gigante calcareo è rimasto abbastanza simile a quello che affascinò il sommo scrittore tedesco. Una riserva regionale è stata istituita a salvaguardia del valore naturale e pasaggistico del Monte Pellegrino, ma non è l’unica nei dintorni del capoluogo siculo (sono diciotto in tutto quelle della provincia): siamo andati ad esplorarle, approfittando delle miti temperature del fuoristagione, naturalmente senza farci mancare una visita alla città.

Segni del tempo
Intensamente restaurato negli ultimi quindici anni, il centro di Palermo è una delle mete turistiche più ricche di beni culturali, storici e architettonici d’Europa. Sono innumerevoli i palazzi, le chiese, le fontane, i conventi, le fortificazioni, i musei, i mercati storici che popolano le strade, i vicoli e le piazze, un patrimonio millenario arricchito dalla colorita umanità dei palermitani. Per una visita accurata, in grado di cogliere anche gli aspetti quotidiani, ci vorrebbe almeno una settimana; qui ci limitiamo allo stretto indispensabile per una permanenza di due o tre giorni.
Il nucleo antico è suddiviso nei quattro mandamenti di Castellammare, Monte di Pietà, Palazzo Reale e Tribunali, che spesso sono chiamati con gli antichi nomi: La Loggia, Seralcadio (o Il Capo, dal nome del mercato che vi si tiene), Albergheria e la Kalsa. I quartieri storici sono separati da due strade ortogonali, Corso Vittorio Emanuele e Via Maqueda: all’intersezione troviamo i Quattro Canti di Piazza Vigliena, edifici simmetrici decorati e abbelliti da sculture. Vicinissima, la splendida Fontana Pretoria sorge proprio di fronte all’antico Palazzo Senatorio o del Municipio; la piazza, anche detta della Vergogna per la nudità delle statue, è stata ristrutturata con grande maestria ed è davvero scenografica.
Sono tornate all’originario splendore anche le porte d’accesso all’abitato lungo l’asse est-ovest: l’imponente Porta Nuova verso l’entroterra, e verso il mare la Porta Reale che si apre lungo i bastioni delle mura. Il Palazzo dei Normanni con la meravigliosa Cappella Palatina rappresenta una meta imperdibile, ma non sono da meno i coloratissimi, profumati e vocianti mercati di Ballarò e della Vucciria, o il vicino mercato delle pulci dove acquistare antiquariato locale e non.
Innumerevoli le chiese che meriterebbero una visita. Non possono mancare quella di San Domenico, autentico trionfo del barocco siciliano, e ancora San Giorgio dei Genovesi risalente alla fine del ‘500, la medioevale San Francesco d’Assisi, l’imponente Santa Teresa alla Kalsa con facciata barocca, le contigue chiese millenarie della Martorana e di San Cataldo e la più famosa di quell’epoca, San Giovanni degli Eremiti, con le rosse cupole arabeggianti. Altri due siti da non perdere sono l’oratorio del Rosario di San Domenico e quello di Santa Cita, entrambi sfarzosamente stuccati da Giacomo Serpotta, che tra il XVII e il XVIII secolo fu uno dei più significativi e originali artefici del barocco palermitano. Eccoci quindi al complesso sistema architettonico della Cattedrale, su Corso Vittorio Emanuele (che i palermitani chiamano Càssaro): la costruzione lascia attoniti per l’imponenza e la ricchezza dei decori, realizzati anche da artigiani arabi impiegati dai Normanni dopo la conquista della Sicilia. Questi grandi navigatori hanno lasciato ampie testimonianze del bel vivere: lo dimostra ad esempio il Palazzo della Zisa, residenza fuoriporta allora circondata da giardini che si estendevano per chilometri e dotata di un impianto naturale per rinfrescare la torrida aria estiva. La Cuba Sottana non è da meno, tanto che in questo padiglione di delizie, costruito in pieno stile arabo-normanno, Giovanni Boccaccio ambientò una novella del Decameron.
Anche chi ama andar per musei ha a disposizione una vasta scelta. A Palazzo Abatellis c’è la ricca Galleria Regionale della Sicilia con l’Annunziata di Antonello da Messina e l’affresco del Trionfo della Morte, ma vanno citati anche il Museo Archeologico Regionale Antonio Salinas, la Galleria d’Arte Moderna Sant’Anna, il Museo Etnografico Siciliano Giuseppe Pitrè e il Museo della Fondazione Mormino con ceramiche, raccolte numismatiche e carte geografiche. Di tutt’altro genere il macabro fascino della collezione di circa 8.000 mummie (divise per sesso e per ceto sociale) conservate nelle catacombe del Convento dei Cappuccini.
Il fermento culturale non è mai mancato, ma negli ultimi anni la vita notturna di Palermo si è largamente giovata dell’apertura di bar, ristoranti e locali. Dalla fine dell’inverno all’autunno inoltrato le piazze pullulano di tavolini all’aperto, mentre un’orchestra d’archi o un gruppo di jazz accompagnano la conversazione. Anche il Teatro Massimo, finalmente riaperto, assicura un ottimo cartellone di concerti, opere e balletti, con interpreti di livello internazionale. Il recupero del tessuto sociale e della sicurezza del centro storico ha completato la rinascita della città, che insieme alla conservazione degli ambienti naturali della provincia mostra la strada da seguire per ridare al territorio una vera prospettiva di sviluppo nel rispetto della tradizione.

Natura a due passi
Se Mondello è la spiaggia dei palermitani, il Monte Pellegrino è la loro montagna. In realtà misura solo 609 metri di altezza, ma si affaccia sul mare con un fronte di circa 6 chilometri ed è traforato da decine e decine di grotte, molte delle quali di notevole importanza speleologica e paleontologica. La vegetazione a macchia mediterranea e rupicola annovera diverse specie endemiche, tra cui spiccano l’ofride a mezzaluna e l’orchidea di Branciforti, anche se in realtà vaste aree sono state rimboschite soltanto negli ultimi due secoli (il promontorio che ammirò Goethe nel 1787 era praticamente privo di alberi). Sono oltre quaranta le specie di uccelli che vi nidificano, e molte altre vi giungono per svernare o sostano durante la migrazione.
I quattro itinerari escursionistici segnati non lasciano che l’imbarazzo della scelta offrendo la possibilità di scoprire, al pari delle bellezze naturali, altri importanti siti monumentali. Il primo percorso, di 3 chilometri e mezzo con un dislivello di 70 metri, inizia dalla sede della riserva, prosegue fino alla Grotta Niscemi (che ha restituito un cospicuo deposito di reperti, tra cui antichissime incisioni che raffigurano animali, resti di iscrizioni puniche e perfino disegni di imbarcazioni del XV secolo) e continua verso la Roccia dello Schiavo, che dà il nome al sentiero. Il secondo tragitto, facilissimo e pianeggiante, dallo stesso punto di partenza raggiunge in un chilometro e mezzo la Palazzina Cinese attraversando il Parco della Favorita, voluto da Ferdinando I di Borbone, che alla fine del ‘700 dedicò l’area alla sperimentazione agricola e ne fece una riserva di caccia con splendide costruzioni come le Scuderie Reali; da non perdere anche i giochi d’acqua della neoclassica Fontana d’Ercole. Un terzo percorso, con sviluppo ad anello, conduce dalla riserva al Bosco di Niscemi, un vecchio lecceto che ospita una grande varietà di fauna terrestre e arboricola. Ma l’itinerario più famoso è senz’altro quello che raggiunge il santuario di Santa Rosalia, amatissima patrona della città: chi vuole godere di straordinari panorami (o magari chiedere una grazia) non dovrà far altro che salire la lunga scalinata e il sentiero che dalla base del monte conducono al santuario. Sono invece chiuse al pubblico, a causa di problemi di franosità della parete rocciosa, le tre cavità che formano la Grotta dell’Addaura, nella quale sono stati rinvenuti estesi e preziosi graffiti del Paleolitico e del Mesolitico.
Subito a nord-ovest del Monte Pellegrino, l’area marina protetta di Isola delle Femmine tutela le acque antistanti la riserva di Capo Gallo, un altro promontorio calcareo di grande suggestione e anch’esso ricco di motivi d’interesse botanici, faunistici, geologici e storici. il massiccio, che divide la baia di Mondello da quella di Sferracavallo, presenta una ventina di cavità maggiori tra cui le più importanti sono la Grotta della Regina, la Grotta Perciata e la Grotta Impisu, che hanno fornito diversi reperti paleontologici, e la Grotta dell’Olio, visitabile via mare. Frequentate dagli speleologi sono invece alcune fessure minori come la Grotta del Malpasso e il Pozzetto di Pizzo Sella.
La prima direttrice di visita conduce dal lato di Mondello alla base del Monte Gallo: una stradetta sterrata raggiunge un faro abbandonato e le falesie settentrionali seguendo la linea di costa, lungo la quale si osservano le specie vegetali che colonizzano le zone detritiche fino alle imponenti pareti rocciose. Qui si apre la cosiddetta Fossa del Gallo, con numerose grotte tra cui quella della Regina, che è visitabile. Dal lato di Sferracavallo si raggiunge il versante nord-occidentale, percorrendo il sentiero che segue per un tratto la riva; con condizioni di mare calmo è di grande interesse un’escursione in barca o in kayak, ammirando le impressionanti pareti rocciose a strapiombo e altre cavità marine, tra cui la piccola Grotta dell’Olio con acque dai riflessi smeraldini. Per raggiungere la sommità del monte, invece, si segue la strada forestale che dal cancello d’ingresso della riserva risale il versante meridionale fino al Semaforo, costruzione un tempo utilizzata come punto d’avvistamento militare.
Spostiamoci nell’entroterra, ai margini dei nuovi quartieri che hanno occupato l’ampia zona compresa fra la costa a nord di Palermo e l’autostrada per Mazara del Vallo. Nei pressi della località di Tommaso Natale, alla base del Pizzo Manolfo, la Grotta Conza era un tempo adibita a ricovero di bestiame, e solo grazie all’istituzione della riserva è stato salvata dall’apertura di alcune cave e dalla massiccia urbanizzazione. Qualche centinaio di migliaia di anni fa, quando i movimenti tettonici avevano già formato le alture circostanti, l’assetto della zona fu profondamente modificato da imponenti fenomeni franosi, e più tardi l’azione erosiva del mare portò alla creazione della caverna. Si tratta di un ambiente molto vasto, lungo circa 90 metri e largo 30, che si apre ai piedi di una parete verticale circondata da una folta vegetazione; la grotta ospita colonie di pipistrelli e occasionalmente vi si può trovare qualche simpatico allocco. La visita dura circa un’ora, non richiede particolari competenze ed è guidata dal personale della riserva.

Tracce della preistoria
A una trentina di chilometri da Palermo, nel territorio del comune di Carini si trova la riserva della Grotta di Carburangeli, che tutela l’intero sviluppo sotterraneo della cavità e una porzione esterna adiacente. Inserita in un complesso geologico di carbonati e argille, la grotta è posta a 22 metri sopra il livello del mare e scende nel sottosuolo per circa 400 metri, con concrezioni molto diversificate e suggestive. L’utilizzo come riparo fin da tempi remotissimi è testimoniato dal ritrovamento, nel primo vano della caverna, di resti fossili animali e terrecotte dell’Età del Bronzo, oltre a un disegno a carboncino che raffigura probabilmente uno stregone. Anche qui, inoltre, vive una piccola colonia di pipistrelli. L’ente gestore organizza per piccoli gruppi visite guidate della durata di 90 minuti, ma per tutelare il delicato ambiente sotterraneo il giro è limitato alle parti iniziali. In prossimità di Carini si trova anche la Grotta dei Puntali, che si sviluppa su due livelli e in quello più basso tende a restringersi in cunicoli collegati da pozzetti: il sito non è accessibile al pubblico, ma nel centro visite di Carini un’interessante mostra permanente espone alcuni dei numerosi reperti paleontologici e archeologici qui rinvenuti.
Con la A29 ci portiamo infine a Terrasini, centro turistico e peschereccio che si affaccia verso l’estremità orientale del golfo di Castellammare. Poco a sud dell’abitato, la riserva di Capo Rama si estende su un promontorio di rocce sedimentarie formatesi circa 200 milioni di anni fa su un antichissimo ambiente lagunare: tra i fossili di cui sono ricche si riconoscono facilmente grossi molluschi e resti di coralli. Lungo la falesia il lavoro incessante del mare ha prodotto numerose cavità come la Grotta Grande e la Grotta dei Colombi, che ospita una colonia nidificante di questi uccelli. Nell’area protetta si possono vedere anche i resti di una torre d’avvistamento. Per la visita si imbocca Via Calarossa, continuazione del lungomare di Terrasini, svoltando poi a destra su una stradina che conduce alla riserva: il percorso al suo interno, accompagnati dalle guide dell’ente gestore, dura circa un’ora e consente di osservare le diverse specie vegetali che popolano il tavolato roccioso e gli spettacolari panorami sulla costa. Se invece si esce in barca dal porticciolo di Terrasini, passando per la Cala Rossa, si apprezzerà dal mare la vista dei faraglioni e delle pareti rocciose, davvero spettacolare e appagante.

Testo e foto di Franco Barbagallo

PleinAir 448 – Novembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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