In autunno, quando le montagne s’incendiano di colori, a Storo nella Valle del Chiese si tingono di rosso anche le case del centro storico. Terminata la raccolta del granoturco, i contadini si riuniscono nei cortili per scartocciare le pannocchie e per appenderle ad essiccare sui ballatoi e nei solai: resteranno lì, raccolte in mazzi, a dondolare sui graticci fino alla primavera, quando si comincia a spannocchiare. I chicchi, poi, saranno macinati lentamente ma grossolanamente per salvaguardare tutti i principi nutritivi e la fragranza di una farina di polenta straordinaria, una delle migliori del Trentino. Spiega Vigilio Giovannelli, presidente della cooperativa agricola Agri ’90: «Usiamo esclusivamente granoturco di produzione locale, il Marano di Storo, asciugato al vento di montagna. Il resto lo fanno la terra e l’acqua delle nostre parti».
Dal 2000 questa varietà di cereale – simile e quasi omonima del Marano Vicentino – è stata riconosciuta dal Ministero delle Politiche Agricole e inclusa nell’elenco delle produzioni da tutelare. Le pannocchie hanno la brillantezza tipica dell’oro ma il colore intenso del corallo, con delle sfumature più scure, quasi nere. Ovviamente il granoturco che cresce ai piedi della parte più meridionale del Parco Adamello Brenta, a pochi chilometri dal lago d’Idro, non conosce manipolazioni transgeniche né forzature agronomiche; la qualità del prodotto finale e il controllo delle tecniche di coltivazione sono garantiti proprio dalla Agri ’90, che raccoglie più di centocinquanta soci, in parte impegnati anche nella produzione di piccoli frutti.
Per secoli ‘la bionda fumante’ ha soddisfatto il fabbisogno calorico di molte generazioni di montanari, ma ancora oggi continua a essere una delle pietanze più apprezzate e tipiche della gastronomia trentina. L’autunno è forse la stagione migliore per apprezzarla, ma anche per scoprire i tesori di una valle poco conosciuta che nasconde bellezze naturali e interessanti vestigia del passato, come il castello di San Giovanni a Bondone. Arroccato su un ardito sperone di roccia, questo maniero di cui si ha notizia già dal 1086 domina la parte meridionale della valle e il lago d’Idro (che si estende anche nella confinante provincia di Brescia). Sempre in posizione strategica sorge il castello di Santa Barbara a Lodrone voluto dai potenti signori Lodron, proprietari anche dei palazzi Caffaro e Bavaria entrambi situati in paese. A Condino meritano invece una visita la chiesa di San Lorenzo, con le opere di Simone Baschenis, e la pieve di Santa Maria Assunta, del XII secolo, con affreschi cinquecenteschi e preziosi altari lignei.
Per la sua posizione geografica la Valle del Chiese fu un luogo di passaggio e di confine, come testimoniano anche le numerose costruzioni erette durante la Prima Guerra Mondiale. Dei cinque forti presenti il più imponente è quello denominato Larino, poderoso edificio di cemento armato visibile anche dalla statale del Caffaro prima di raggiungere l’abitato di Lardaro. Nel comune di Praso si trova Forte Corno mentre nel territorio di Pieve di Bono, oltre a Castel Romano, vi sono i resti di Forte Carriola. A testimonianza dei tragici eventi bellici resta il cimitero monumentale di Bondo, che ospita le spoglie di circa settecento caduti austriaci; dedicato alla Grande Guerra è poi il museo di Bersone, che in tre sale raccoglie sciabole, baionette, elmetti, mitragliatrici e la fedele ricostruzione di una trincea.
Da qui si può continuare verso ovest fino a raggiungere la splendida Val di Daone. Una strada asfaltata s’insinua lungo la diga di Boazzo, alimentata anche da una grandiosa cascata, e poi costeggia quella di Bissina, adagiata ai piedi del versante meridionale del gruppo dell’Adamello. Alta 80 metri e lunga più di 300, quest’ultima è conosciuta anche dagli appassionati di free climbing che ogni estate si danno appuntamento per la Speed Rock, una singolare competizione internazionale di velocità in parallelo; la parete del bacino artificiale è opportunamente attrezzata con appigli in materiale sintetico, che vengono periodicamente sostituiti, e offre vari percorsi anche di modesta difficoltà, adatti ai principianti e ai bambini. D’inverno la Val di Daone è invece frequentata dagli appassionati di arrampicata su ghiaccio che, con piccozza e ramponi, possono affrontare una cinquantina di cascate gelate nella valle principale e altrettante in quelle laterali. Alte anche più di 300 metri, si formano nel cuore dell’inverno ma già in autunno, quando il freddo comincia a diventare pungente, iniziano a delinearsi sui versanti meno battuti dal sole. Ogni colata ha vita breve, pochi mesi e poi sparisce: restano però i nomi, “Gran sogno scozzese”, “Regina del lago”, “L’ira di Beppe”…
Escursioni in valle
A chi ama restare con i piedi per terra consigliamo di addentrarsi lungo i sentieri che dalla diga di Bissina costeggiano il lago e poi risalgono in Val di Fumo, con l’omonimo rifugio già compreso nel territorio del parco del Brenta. All’interno dell’area protetta vivono stambecchi, marmotte, l’aquila reale e l’orso bruno, quest’ultimo reintrodotto di recente. Notevoli anche le varietà floreali, tra cui la primula della Val di Daone a fiori rossi.
Anche la Valle del Chiese ospita alcuni gioielli naturalistici, come il biotopo del lago d’Idro, la cima Tombea (celebre per le splendide fioriture) e il lago di Roncone, che a nord si trasforma in una palude frequentata da folaghe e germani reali. I mesi che precedono l’inverno sono i migliori per avvistare i caprioli e i camosci, o anche solo per scoprire in libertà – come nelle escursioni che vi proponiamo – le piccole meraviglie della valle, un angolo di Trentino a torto ancora poco conosciuto.
Doss dei Morti
Da Roncone salire verso la Val di Bondone (tabelle rifugio Miramonti-La Pozza) lungo una ripida strada su asfalto, aperta anche d’inverno ma in alcuni tratti piuttosto stretta. Oltrepassato il bivio con la forestale della Val di Bondone, continuare sulla rotabile asfaltata che in breve porta al rifugio Miramonti in località La Pozza (1.018 m), con possibilità di sosta camper. Parcheggiato il veicolo, camminare ancora lungo la rotabile fino al vicino lago artificiale di Dampone, da cui si continua per un’ampia strada sterrata. Arrivati a Malga Le Pozze (1.649 m) si prosegue sempre sulla carrareccia fino all’Avalina (1.970 m), avendo impiegato in tutto poco più di tre ore. Quest’ultima malga, aperta solo d’estate, dispone di alcuni posti letto (per le chiavi rivolgersi al Comune di Roncone).
Alle spalle dell’Avalina parte il sentiero che risale il tondeggiante Doss dei Morti; dopo un primo tratto piuttosto ripido, si risale lungo la cresta che in circa 40 minuti porta in vetta (2.183 m) mediante un tracciato molto panoramico che può essere effettuato anche d’inverno con gli sci o con le racchette da neve dotate di ramponcino. E’ inoltre preferibile risalire il lato destro della montagna perché quello sinistro è più esposto al rischio di valanghe.
Una volta ridiscesi continuare verso ovest lungo la carrareccia diretta a Malga Stabol Fresco. Dopo circa mezzo chilometro si giunge a un bivio: se si prosegue dritti si raggiunge la malga sopracitata, mentre se si continua sulla carrareccia di destra si scende in Val di Bondone. Oltrepassate prima le baite di Bondone di Sopra (1.324 m) e poi quelle di Bondone di Sotto, continuare per la via parallela al torrente Adanà fino alla strada asfaltata proveniente da Roncone. Proseguendo sulla destra si raggiunge il rifugio Miramonti (un’ora e mezza dalla Malga Avalina).
Il percorso non presenta particolari difficoltà tecniche, ma richiede allenamento dato che si superano circa 1.200 metri di dislivello.
Lago del Lares
Da Pieve di Bono scendere verso il lago d’Idro: dopo meno di 2 chilometri girare sulla destra per la strada asfaltata che porta prima all’abitato di Prezzo e poi all’altopiano di Boniprati (1.172 m). Lasciato il veicolo al termine dell’asfalto, si sale lungo la carrareccia che in poco più di un’ora e mezza conduce prima a Malga Campello (1.451 m) e poi a Malga Table (1.641 m; lungo il tragitto ci sono diverse scorciatoie evidenti). Da qui, proseguendo in direzione nord-ovest lungo la strada forestale sempre interdetta ai veicoli non autorizzati, un’altra ora e mezzo è necessaria per arrivare a Malga Clevet e poi alla Clef (1.727 m). Lungo il percorso si gode una bella vista sulla Val Daone e sul Carè Alto. Poco prima della Clef, sulla sinistra diparte un sentiero che in breve collega al laghetto del Lares, che prende il nome da un grande albero sommerso. Per il ritorno si compie lo stesso itinerario effettuato in salita.
Questo percorso, privo di difficoltà, si può effettuare anche in bicicletta; il tragitto compreso tra Boniprati e Malga Clef (quasi 11 chilometri) supera un dislivello di circa 550 metri. D’autunno e d’inverno le malghe sono tutte chiuse, mentre è aperto il rifugio Brigata Lupi di Toscana a Boniprati.
Sentiero Etnografico Rio Caino
Da Pieve di Bono percorrere la S.S. 237 in direzione del lago d’Idro; dopo circa 4 chilometri prendere sulla sinistra la strada sterrata che in breve conduce a un ampio parcheggio, dove si può sostare gratuitamente. Attraversato il caratteristico ponte sul fiume Chiese, risalire il sentiero che porta alla fucina del signor Gelsomino (privata e funzionante) e al museo del fabbro (aperto su prenotazione). Continuando lungo un ampio sentiero si raggiungono il mulino e un piccolo orto, con alcune tra le piante più caratteristiche della zona. Superato il greto del torrente, si continua in salita per circa 45 minuti fino all’Angolo del Boscaiolo e all’Orto della Strega Brigida; poi si prosegue lungo sentiero segnato fino alla poiat (carbonaia) e ad alcune trincee di guerra.
Arrivati alla rotabile, proseguire sulla destra fino alla vicina Malga Caino (occorre circa un’ora e mezza dal parcheggio) con possibilità di ristoro in estate. Ripercorrere in senso inverso la rotabile finché non si incontra prima una fabbrica di calce e, dopo mezzo chilometro, un ripetitore: in prossimità di questo, sulla sinistra s’individua il tracciato che scende nel bosco e raggiunge il ponte sul Chiese e il punto di partenza. L’itinerario, privo di difficoltà (è siglato T, turistico) si può percorrere tutto l’anno, ma durante la stagione fredda gli opifici non funzionano. In circa tre ore di cammino si superano 370 metri di dislivello.
Val di Daone e Rifugio Val di Fumo
Da Roncone seguire la statale del Caffaro verso valle; un chilometro dopo Lardaro deviare sulla destra per la rotabile diretta a Daone e, oltrepassato l’abitato, continuare lungo una strada asfaltata piuttosto stretta che risale al lago di Boazzo (1.225 m) e poi a quello di Bissina (1.780 m), in prossimità del quale è possibile parcheggiare a pagamento. A lato della diga inizia la carrareccia che costeggia il fianco sinistro del lago (segnavia 240): ignorare la deviazione per Malga Val di Fumo e continuare per il sentiero principale fino al rifugio omonimo (1.997 m). Tutto il percorso richiede circa un’ora e mezza dal lago di Bissina. D’inverno, il tratto compreso tra il lago di Boazzo e la diga di Bissina è esposto al rischio di valanghe. La strada, chiusa al traffico, si può attraversare a piedi solo se i pendii sovrastanti la rotabile non sono carichi; è indispensabile chiedere informazioni sulla percorribilità del tracciato direttamente in loco. Il percorso supera un dislivello di circa 220 metri, e tra salita e discesa richiede quasi tre ore.
PleinAir 387 – ottobre 2004