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La superstrada Basentana raccorda alcune delle principali attrattive paesaggistiche e storiche della Basilicata interna. A cominciare dalle Dolomiti Lucane, ma senza ignorare Potenza (ora dotata di un'area di sosta per i camper) e altre mete minori, intatte e pittoresche come avviene solo in Lucania.

Indice dell'itinerario

Quasi non si avverte il passaggio fra il raccordo Sicignano-Potenza e la superstrada Basentana, che di fatto prolunga il tracciato della A3 sino a Metaponto attraversando tutta la Basilicata. Ma poiché questo tragitto coincide con l’uscita per il capoluogo di regione, segna a buon diritto l’inizio del nostro itinerario. La prima meta non può infatti essere che Potenza, nonostante la città manchi di un vero appeal turistico e debba scontare luoghi comuni negativi come “fredda d’inverno, calda d’estate” o, peggio, “non c’è niente da vedere”. In realtà da vedere ce n’è più di quanto consenta una giornata piena, ed è di buon auspicio alla visita la notizia della recentissima apertura di un’area attrezzata comunale per i veicoli ricreazionali. Il nuovo approdo, poco distante dalle scale mobili del Rione Mancusi (pure queste da poco inaugurate) che conducono in direzione del centro, risulta ancora più gradito in una città non facile dal punto di vista logistico, tormentata com’è nell’orografia e nella viabilità. Si potranno così apprezzare senza assilli i monumenti e i tesori archeologici concentrati in due importanti musei.
Nei pressi della Villa Santa Maria, a un quarto d’ora di passeggiata dall’area, si trovano a distanza di pochi metri l’uno dall’altro il Museo Archeologico Provinciale e la Pinacoteca, dove sono esposte alcune collezioni di reperti anche di nuova acquisizione e si svolgono mostre e iniziative estemporanee. Da qui è facile recarsi in centro e tornarne con i mezzi pubblici (i biglietti si acquistano dal giornalaio) utilizzando le varie linee di bus che conducono in Piazza 18 Agosto, punto di partenza delle scale e degli ascensori che portano in cima alla rupe del nucleo antico, cinque piani più sopra. La piazza è il punto di ritrovo anche per chi arriva a Potenza da sud, di solito dalla Basentana, e deve necessariamente sistemare il veicolo per una sosta breve negli spazi più generosi della zona bassa, disposti intorno agli impianti sportivi e all’ormai celebre Palazzo di Giustizia.
Saliti in centro, finalmente si può passeggiare con relativa tranquillità in un’ampia isola pedonale, coincidente con tutta la centrale Via Pretoria e le piazze principali collegate. A parte l’ambiente urbano, gli edifici monumentali di maggior rilievo sono le chiese di San Michele, di San Francesco e della Trinità, il duomo di origine romanica rifatto nel ‘700, il Palazzo del Governo sede della Provincia, l’adiacente teatro neoclassico. Ma la meta più interessante, nei pressi del duomo, è il Palazzo Loffredi sede del Museo Archeologico Nazionale che, insieme a quello già visitato, fornisce un appparato documentario di assoluto rilievo: da valere il viaggio, come si dice.

Scendendo da Potenza, il primo approdo organizzato nella valle del Basento è la Foresteria di San Leo che si trova a Trivigno, circa 30 chilometri più a sud, in posizione tutto sommato utile per le nostre principali destinazioni. E poi è difficile immaginare un incipit migliore dopo aver conosciuto la cucina tipica e le referenze professionali di quest’azienda agrituristica. Addirittura emozionante è la sua collocazione: dalle piazzole panoramiche, per dirne una, quasi si tocca la prossima meta, il profilo tormentato delle Dolomiti Lucane che sembrano pian piano annegare nella luce calante del sole.
Al mattino, prima di dedicarsi all’aspro e affascinante paesaggio della catena montuosa, si torna di poco indietro lungo la Basentana per fare colazione a Brindisi di Montagna. Lo skyline dell’antico borgo è un perfetto fondale alle rievocazioni storiche della lotta al brigantaggio che da qualche anno, nei mesi estivi, richiamano un folto pubblico nel sottostante Parco della Grancia. Qui negli altri mesi, i visitatori trovano soltanto installazioni di scena disperse nel verde, ma anche un grande e alberato parcheggio a terrazze che potrebbe piacere agli amanti delle notti solitarie. Per suo conto il paese è una vera oasi di pace: lo stesso simbolo del potere armato, il castello del XIII secolo che sovrasta le case da una rupe, è ridotto a scenografici brandelli. Si parcheggia lungo la strada, si passeggia piacevolmente, poi si torna sulla Basentana per uscirne in breve al bivio del Lago di Camastra e di Castelmezzano. La strada – ignorata da molte carte automobilistiche – ricalca una vecchia sterrata e richiede molta prudenza, ma ha il pregio di raggiungere il paese dall’alto regalando un colpo d’occhio eccezionale su un vastissimo comprensorio, meglio indicato dai frequenti tabelloni come Parco Regionale di Gallipoli Cognato e delle Piccole Dolomiti Lucane. Al momento di fermare il camper si ripresenta il dilemma: dove parcheggiarlo? Nel centro abitato è da escludere, e non resta che arrangiarsi anche qui lungo la strada. Poi è tutta una passeggiata, prima attraverso il centro storico assai ben messo e non privo di rilievi artistici (stupenda la statua lignea della Madonna dell’Olmo nella Chiesa Madre), poi fin sotto i pinnacoli di roccia che proteggono l’abitato come una mano aperta. Le pareti conservano tracce di fortificazioni e ora forniscono anche un’ambita palestra di arrampicata libera, da cui lo sguardo precipita sulla valle del Basento e sulle circonvoluzioni della strada che ci aspetta, non a caso spesso chiusa al traffico per manutenzione. Sopra la nostra testa, dalla scorsa estate, due cavi d’acciaio tesi fra le alture più elevate da e verso Pietrapertosa consentono ai più coraggiosi di sorvolare tutta la scena in pochi minuti. Con il camper, invece, per coprire i 12 chilometri di curve che portano a quest’altro paese risalendo il vallone Caperrino, occorre più di mezz’ora, di nuovo senza contare la ricerca di un posteggio. Poi anche qui si riprende a camminare tra scorci urbani pittoreschi, antiche mura e resti di un castello (in restauro al momento della nostra visita). Costantemente sotto gli occhi rimangono il verde panorama e la corona delle Piccole Dolomiti, omonime delle grandi solo per la forma, non già per i caratteri geologici. Tra i vicoli e le gradonate di Pietrapertosa è da segnalare la presenza di un grande albergo diffuso, certamente uno dei principali moventi dell’evidente recupero ambientale.
Ripreso il camper, non si torna a valle ma si superano le ultime case e in lieve salita si prosegue tra i boschi dell’Impiso per circa 10 chilometri. In corrispondenza di un grande fontanile, un segnale sbiadito indica la deviazione per Accettura: in breve la strada si restringe e sfiora l’immancabile, tristissima lottizzazione di villette, ma serve anche alcune belle radure e aree attrezzate del parco. Non appena si sbuca dal folto della vegetazione (è da lì che provengono i grandi alberi per la celebre festa del Maggio di Accettura) appare più in basso il paese, come sempre un agglomerato gradevolmente compatto, privo di informi periferie. Vi si trova anche qualche parcheggio dove fare tappa, ma continuando per circa 8 chilometri si può visitare il bel centro visite dell’area protetta che include un vivaio, un orto botanico, un museo naturalistico e un locale di ristoro.
A questo punto manca poco alla Basentana. La si riprende al bivio di Pietrapertosa, proprio di fronte a quello di Campomaggiore, altra meta prefissata. Se il sole è ancora alto e la curiosità non langue, altri 15 chilometri di strada (molto angusta nell’ultimo tratto dal paese nuovo) portano a scoprire il romantico relitto di Campomaggiore Vecchio. Fondato dai baroni Rendina intorno alla metà del ‘700, il primitivo abitato fu travolto da una terribile frana il 10 febbraio del 1885. Gli abitanti superstiti ricostruirono l’attuale borgo più in alto, a circa 4 chilometri, ma nel silenzio e alla luce del tramonto i ruderi dell’antico abitato con il grande palazzo padronale, la chiesa del Carmelo, i monconi delle case paiono rianimarsi per poi cercare l’abbraccio dei rovi, delle radici, dell’erba che pian piano li sottraggono alla vista. Chi non teme i fantasmi può pernottare in libertà nello spiazzo d’ingresso; chi preferisce fare ritorno al confortevole approdo di Trivigno metta in conto altri 35 chilometri, più o meno un’ora.

Un po’ di antichità
Lucani, Greci, Romani, per non dire di Pirro e dei Cartaginesi. E poi Bizantini, Longobardi, Normanni. E ancora Svevi, Angioini e Borboni, per non dire dei Saraceni e dei briganti… Insomma, la Basilicata ha fatto gola a tanti dei nostri antenati da averne veramente molte da raccontare. Per farsene quanto meno un’idea occorre visitare, oltre ai musei più rappresentativi della regione, qualcuna delle grandi aree di scavo (essendo state le minori per sicurezza reinterrate). La più vicina alla Basentana, più precisamente al bivio di Calvello, è l’opulenta Grumentum e la deviazione promette alcune soste intermedie interessanti a cominciare proprio da Calvello. Non era ancora segnato sulle carte stradali degli anni ’80 il bel nastro d’asfalto che oggi arriva in paese superando lo sbarramento artificiale di Camastra e scorrendo nel fondovalle per una quindicina di chilometri. L’abitato, rimasto fuori anche dalla statale Potenza-Corleto e isolato in una verde conca alle pendici del Monte Volturino, viveva essenzialmente di agricoltura e pastorizia, come rivela l’etimologia del nome caro et vellus, carne e lana. Ma vent’anni fa nel territorio comunale è stato trovato il petrolio e l’economia locale ha subito uno scossone: migliorate le condizioni di vita, la comunità ha mostrato le sue credenziali diffondendo i prodotti tipici, valorizzando i beni ambientali e recuperando la tradizione della ceramica (vedi approfondimento “L’uccellino di Calvello”). Il turismo ha registrato il mutamento e in breve tempo il paese si è affermato come un tranquillo centro di villeggiatura, con tanto di nucleo medioevale arroccato.
Dopo la visita, 12 chilometri di media salita conducono al santuario di Monte Saraceno, meta ogni anno di un doppio pellegrinaggio dal paese e punto sosta per brevi escursioni nel bosco o alla cosidetta Grotta dell’Eremita (circa un’ora per andata e ritorno). Lasciato il santuario si sfiora il bivio di una sterrata per il Monte Volturino e si scavalla in Val d’Agri, con una discesa a cavatappi su Marsico Vetere. Pittoresco come sempre in Lucania, il borgo domina impassibile un fondovalle agitato da opere e traffici. Dopo una breve sosta di compensazione, in meno di mezz’ora si è al bivio per gli scavi della romana Grumentum immersi in una campagna rigogliosa. Proprio lì accanto, nell’agricampeggio Parco Verde, ci aspettano una cena in ristorante e una notte beata sotto una quercia plurisecolare.
L’indomani per prima cosa si visita il museo, una moderna struttura propedeutica, dove tra l’altro occorre acquistare il biglietto cumulativo, poi ci si sposta di 200 metri nel parco archeologico. Già dalla strada si capisce che i problemi non mancano, ma il fascino dell’antica città vince su tutto e si passeggia a lungo dimentichi del tempo. Solo le case di Grumento Nuova sullo sfondo e, luccicante tra gli alberi, la pipe-line che trasporta a Taranto il greggio del Centro Oli, ci riportano al presente.

PleinAir 430 – maggio 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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