Catalogna con i baffi

Nella Spagna più vicina, un omaggio itinerante al genio del surrealismo, Salvador Dalí: dal castello della sua musa e compagna alla casa in riva al mare della Costa Brava, fino al teatro-museo della città che lo ha visto nascere e morire.

Indice dell'itinerario

Le uova di polistirolo sul tetto, il volto che si scompone in una serie di cassetti, l’elefante con le zampe da fenicottero, la giraffa in fiamme e naturalmente l’orologio piegato come una sfoglia di pasta: composizioni dal titolo chilometrico come Il naso di Napoleone trasformato in una donna incinta che passeggia la sua ombra malinconica tra le rovine originali. Gratuite stramberie, audaci accostamenti, feroci provocazioni o autentico genio?
E’ impossibile raccontare in poche righe la figura di Salvador Dalí. Per chi già lo conosce non c’è altro da aggiungere, per chi ha in mente solo lo scontato cliché dei baffi a manubrio non si saprebbe da che parte cominciare. Meglio dunque salire alla guida del camper e dirigersi in Spagna, per la precisione in Catalogna, appena oltre il confine francese. Tra Cadaqués, Figueres e il villaggio di Púbol si troverà un concentrato delle opere di questo straordinario personaggio nonché della sua vita, dato che qui nacque nel 1904 (lo scorso anno è stato festeggiato il centenario) e dimorò per lungo tempo.
Il territorio in questione si chiama Empordá, diviso fra Alt e Baix, ovvero alto e basso. Più facile avere come riferimento la Costa Brava: Figueres si raggiunge in breve dall’omonima uscita dell’autostrada per Barcellona e Cadaqués si trova sul Cabo de Creus, facilmente individuabile sull’atlante stradale; quanto al terzo vertice del triangolo, bisogna cercarlo sulla strada regionale 255 che da Gerona scende verso La Bisbal e la costa, deviando a destra per La Pera e, all’interno di questa, ancora a sinistra per Púbol.
Salvador Dalí non nascondeva l’ammirazione per sé stesso: varrebbe la pena leggere il suo Diario di un genio (pubblicato in italiano nel 1996 per i tipi dell’editrice SE) per i continui paradossi del tipo «Se vedesse il sole sorgere ad occidente penserebbe di essere diventato matto?». «No, penserei che il sole è diventato matto». E anche per l’anagramma che André Breton, guida del movimento surrealista, fece del suo nome e che lui amava sottolineare, tanto per chiarire una volta per tutte le sue intenzioni di artista: Avida Dollars.
Púbol, il castello Per una volta cominciamo dalla fine: che altro può volere una donna da un uomo, oltre che farsi sposare? Ma è ovvio, un castello! La comparsa di Gala, alias Helena Ivànovna Dakonova, una nobildonna russa in villeggiatura a Cadaqués col marito e la figlia, fu per Dalí una folgorazione. Benché avesse più anni di lui, lo irretì con le sue indubbie doti fisiche e intellettuali e ne divenne amante, moglie, manager, modella e musa ispiratrice (ai limiti del plagio secondo Luis Buñuel, un altro grande con cui Dalí realizzò il suo unico film, Le chien andaluse, un curioso esperimento surreale; nella sua autobiografia Dei miei sospiri estremi la racconta in modo piuttosto pesante). Ed ecco che quest’altra eccezionale figura la ritroviamo dappertutto: una chiave per capire questo straordinario artista è anche lei, la donna che gli è stata accanto praticamente per tutta la vita.
Tornando al castello di Púbol, originario del XIV secolo, che Dalí trovò assai malandato e dovette restaurare, costituì l’eremo di Gala che col trascorrere degli anni divenne sempre più esigente nella scelta dei rari ospiti (pare che il suo stesso consorte dovesse avvisare prima di arrivarvi), finché vi si ammalò, vi morì e vi fu seppellita. Era talmente gelosa dei suoi spazi che impedì al marito di realizzare le trasformazioni che aveva in mente, e così ci ritroviamo oggi a visitare una residenza dall’aria severa dove la mano dell’artista si ammira solo nei dipinti – senza pari il vestibolo detto Sala degli Scudi – o in certi dettagli, quali ad esempio un caminetto dall’imboccatura aerodinamica, una finta porta che inganna anche chi ne conosce l’esistenza, un cavallo imbalsamato e infine el trono del marqués (Dalí si fregiava appunto del titolo di marchese di Púbol, conferitogli dal re Juan Carlos) su cui il nostro riceveva i giornalisti. La visita del maniero si completa con le soffitte dove sono in mostra gli splendidi abiti di grandi firme indossati da Gala e quindi, ridiscendendo in basso, con il garage in cui si trova l’ultima Cadillac targata Principato di Monaco e infine con la cripta ricavata nelle antiche cantine in cui, sotto una semplice lastra di marmo, riposa il corpo imbalsamato della donna.Se Dalí ebbe le mani legate nelle stanze della moglie, poté in compenso sfogarsi all’esterno dell’edificio, nel giardinetto trasformato in un labirinto di alberi e arbusti e popolato di stravaganti sculture (gli elefanti dalle zampe lunghe e sottili, il pesce cavalcato da un fauno, la rana pescatrice dalla bocca dentata da cui esce lo zampillo di una fontana decorata da busti di Wagner) su ispirazione del parco viterbese di Bomarzo, che l’artista aveva avuto occasione di visitare rimanendone tanto colpito da scegliere Púbol proprio per il giardino. Dopo la morte di Gala nel 1982, si trasferì qui già con l’idea di esservi seppellito accanto alla compagna della sua vita, ma qualche tempo dopo un corto circuito provocò un incendio nella camera da letto: salvatosi miracolosamente ma sentendosi come tradito dal suo castello, l’artista non volle più tornarci eleggendo a residenza definitiva il teatro-museo di Figueres (dove oggi giace, a sua volta imbalsamato, in una semplice cappella).
Púbol è in pratica un piccolo villaggio, quattro case attorno alla grande residenza e alla vicina chiesa coeva di San Pietro. Due grandi parcheggi attendono i pullman dei turisti: pernottarvi è un’ottima idea per essere fra i primi al mattino a visitare l’eremo di Gala, anticipando le solite allegre comitive per nulla rispettose dell’austerità del sito. Cadaqués, la casa La colata di cemento che come una lebbra si è espansa su quasi tutto il Mediterraneo non ha risparmiato la Costa Brava, almeno fin dove è stato possibile (la natura per fortuna si è difesa con le scogliere e i dirupi), ma a sorpresa il centro storico di Cadaqués ne è rimasto quasi esente. I bianchissimi palazzi fronte mare e la candida chiesa che svetta poco più in alto sono gli stessi che Dalí ammirò da bambino in villeggiatura con i genitori e dipinse da adulto, al punto che sugli spalti del paese è stata collocata la riproduzione in plexiglas di un suo famoso quadro, proprio di fronte alle case che vi sono raffigurate.
L’impatto con il centro urbano per chi giunge alla guida di un v.r. è scoraggiante: un divieto specifico (non di sosta, ma addirittura di accesso) e le tariffe del parcheggio farebbero venir voglia di andarsene. Per fortuna, guardandosi attorno, ci si accorge che sulla strada per Portlligat che si diparte proprio da lì si può rimediare un posto gratuito, anche se in pendenza; non sarà adatto per il pernottamento (a qualche chilometro c’è comunque un campeggio aperto tutto l’anno), ma sufficiente per visitare il paese. E poi, come ci ha confermato un vigile, si può forzare il divieto almeno per servirsi dell’unica stazione di rifornimento dei dintorni, sulla strada d’accesso.
Scavalcando un’altura, da Cadaqués si raggiunge la baietta su cui giace Portlligat, l’incantevole villaggio di pescatori dove Dalí visse e operò per lungo tempo. A vederlo oggi, malgrado le immancabili trasformazioni (la casa dell’artista divenuta museo, un albergo bianco e basso che si inserisce nel contesto senza disturbare più di tanto) si può ben capire perché egli ne fu stregato al punto da eleggerlo a sua dimora; inoltre, quando lo scoprì c’erano solo delle capanne e ci si arrivava unicamente via mare o per un’impervia mulattiera. Si può parcheggiare in uno spiazzo sterrato, con tanto di catenella, nel quale vige un divieto di sosta per la notte: ma, almeno fuori stagione, ci si ritrova in parecchi equipaggi e nessuno viene a disturbare. Il pernottamento in zona è peraltro necessario se non indispensabile, perché la casa-museo si visita a piccoli gruppi guidati solo su prenotazione con orario programmato e chi arriva tardi all’appuntamento deve ricominciare daccapo la procedura, magari aspettando l’indomani o il primo giorno libero per trovare posto in un gruppo, e ciò in qualunque periodo dell’anno. La dimora infatti – come può prevedere chiunque conosca appena Dalí – straripa di oggetti e oggettini, opere d’arte ma anche ciarpame genialmente accorpato spesso al limite del kitsch (nell’atrio ci accoglie un gigantesco orso imbalsamato) e il percorso si snoda in un labirinto di stanze, corridoi, scalette e passaggi persino nella roccia. Un’architettura tanto composita si deve al fatto che Dalí acquistò una serie di case di pescatori vicine fra loro e le ristrutturò unendole in un solo complesso. Ciò che più colpisce è l’uso delle finestre: vista la bellezza e la varietà del paesaggio che circonda la struttura, ogni apertura nel muro diventa un quadro naturale, come in quella che dà sul porticciolo da cui ancora oggi salpano le barche dei pescatori (per godersi lo spettacolo senza muoversi dal letto Dalí sistemò uno specchio apposito). Si sbocca quindi in un cortiletto ricavato in parte dalla roccia, tutto dipinto di bianco e circondato da ulivi a creare un recinto fuori dal mondo dove non si vede altro che il cielo. Ben diversa, poco più avanti, la piscina di forma fallica dove di nuovo esplodono il delirio barocco dell’artista e il suo gusto di assemblare materiali eterogenei: l’uso di pannelli pubblicitari di una nota marca di pneumatici come sfondo lascia decisamente perplessi anche se, a pensarci bene, non si tratta altro che di pop art di cui Dalí fu inconsapevole precursore. La visita si conclude con l’inevitabile bookshop dove ciascuno potrà sbizzarrirsi a scegliere il souvenir, dal libro d’arte all’agendina, dal taccuino alla T-shirt fino alla gomma da cancellare a forma di orologio molle.
Ripartiti alla volta di Cadaqués, non si può mancare una puntata a Cabo de Creus, il punto più orientale della Spagna mediterranea: il bivio lo si incontra quasi subito, la strada è un po’ stretta ma ci sono continuamente slarghi per facilitare gli incroci. Lungo la via si possono ammirare conformazioni rocciose piuttosto singolari che Dalí veniva a studiare riconoscendovi forme umane o di animali, e furono d’ispirazione per alcune sue opere. Già in vista del faro, si incontra uno spiazzo all’interno di una curva dove conviene parcheggiare e proseguire a piedi per una scala di pietra molto suggestiva, godendo di viste sempre più ampie sulle insenature sottostanti. In cima, il vecchio faro è stato ristrutturato come punto di ristoro: se la giornata lo consente ci sarà tanta gente seduta fuori in lunghe tavolate a mangiare, bere e godersi il panorama.
Per concludere, un’informazione indispensabile soprattutto se si è alla guida di un v.r. di una certa stazza. A Roses, località costiera che può interessare solo come esempio estremo di cementificazione selvaggia, più di una tabella stradale indica una litoranea che la collegherebbe a Cadaqués. Due tentativi fatti sul mare e a mezza costa portano allo stesso risultato: l’asfalto finisce improvvisamente contro una casa o un villaggio turistico (segue un viottolo sterrato, forse neppure valido per un fuoristrada) e per fare inversione tocca violare la proprietà privata.

Figueres, il museo
Se si ha fretta e si vuol conoscere Salvador Dalí passando da uno solo dei siti descritti, la visita a Figueres è un ottimo compendio. Qui l’artista nacque, trascorse l’infanzia e portò avanti i suoi studi cominciando a dipingere, folgorato dall’incontro con le opere degli impressionisti francesi. Nella città esisteva un teatro municipale, che fu dato alle fiamme durante la Guerra Civile: il rudere attrasse Dalí anche perché gli ricordava la sua prima esposizione (fatta, ancora adolescente, proprio nelle sue sale) e divenne un’autentica ossessione finché, nel 1970, riuscì a metterci le mani e lo trasformò in teatro-museo. La visita comincia dall’esterno, con uova di polistirolo sul tetto e forme di pane a costellare le pareti dipinte di rosso mattone. In proposito va ricordato che Dalí apprezzava il buon pane contadino e ne faceva volentieri soggetto e oggetto delle sue creazioni: celebre una sua foto-performance con una pagnotta sulla testa a mo’ di feluca da torero (Pane sulla testa del figliol prodigo) riprodotta da due statue sulla facciata dell’edificio e da altre sulla piazza.
Non è facile descrivere l’impatto visivo per chi entra in quella che era la platea del teatro e si trova davanti una Cadillac d’epoca sul cui cofano si alza una grande scultura con alle spalle la barca gialla di Gala issata su una pila di copertoni d’auto, mentre altre statue vigilano da tutta una serie di nicchie ricavate nelle pareti attorno su cui si arrampica l’edera. Il fondale è costituito, oltre che da una parete trasparente, da un immenso dipinto surrealista; non vi è copertura su tutto ciò, ad esclusione di quello che era il palcoscenico dove è stata realizzata una straordinaria cupola reticolare, in polemica con Le Corbusier ( il trionfo della sfera perfetta sul dominio dell’angolo retto ). Pare che quando soffia la tramontana, la struttura brilli come un diamante. Impossibile poi dar conto dell’infinito dispiegarsi di sculture, dipinti e assemblaggi creati con i materiali più disparati nei vari locali: una per tutti la Sala Mae West, un interno realizzato riproducendo il volto della famosa attrice, dove le labbra sono costituite da un divano rosso sangue. La visita si conclude con l’attigua esposizione di gioielli, veri capolavori che ancora una volta esprimono la sfrenata fantasia del maestro completando la collezione che egli stesso volle per riassumere, proprio nella città natale, il suo contributo all’arte del ventesimo secolo. .

PleinAir 401 – dicembre 2005

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio