Cartoline dalla Francia

Conoscete Parigi? Ecco quattro idee per vivere in pleinair (con la complicità della metropolitana) una città che non finisce mai di stupire

Indice dell'itinerario

Chi, fin da bambino, si è lasciato coinvolgere dalle atmosfere di un racconto, di una fotografia, di un quadro spesso desidera ritrovare nei suoi viaggi proprio quel luogo, reale o immaginario non importa. Così capita a noi, che in tanti anni di esperienze itineranti abbiamo incrociato più volte situazioni e immagini colte in un libro, un quotidiano, un film, una mostra, persino in qualche pieghevole o su una cartolina: ne nascono incontri quasi sempre piacevoli, senz’altro curiosi, comunque capaci di farci guardare con altri occhi una meta che già conoscevamo oppure di scoprirne altre più o meno insospettabili (ma pensa, giusto qui, chi l’avrebbe mai detto…). Un romanzo, una pellicola, una chiacchierata con amici viaggiatori: basta poco a farci continuare la ricerca, sperando – ancora una volta – di essere più rapidi del mondo che cambia.

Il sogno degli architetti
Si dice che a Parigi si può sempre tornare perché ogni volta c’è qualcosa di nuovo da vedere. L’avveniristica cittadella della Défense ci sembrava più o meno l’ultima scoperta, poi dagli opuscoli trovati in loco si viene a sapere che il progetto risale addirittura al 1958 e che le prime torri erano lì già nel 1985 (e qualcuno ricorderà certamente di averla vista in costruzione, avventurandosi verso le periferie).
Cominciamo dal nome: una foto d’epoca rivela che La Défense era qui, un tempo, una piazza alberata al centro della quale una statua dello scultore Barrias inneggiava alla difesa di Parigi. E così, per concludere degnamente un asse storico unico al mondo iniziato nel 1640 con il Louvre e via via proseguito con le Tuileries, Place de La Concorde, gli Champs-Elisées e l’Arco di Trionfo, ecco un’ulteriore manifestazione della proverbiale grandeur dei francesi. E poi la storia: piuttosto travagliata a causa delle polemiche con ambientalisti e conservatori, della crisi petrolifera del ’72 che bloccò i lavori per lungo tempo, delle varie modifiche del progetto (che riguardavano, per dirne una, l’altezza massima degli edifici).
Ciò che oggi ci si para davanti è gradevole, ma l’insieme dà l’impressione di una cattedrale nel deserto: lungo strade e piazze normalmente semivuote si aggirano perlopiù i turisti, curiosi di concludere il giro trionfale approdando al suo modernissimo capolinea, eppure qui vivono 20.000 residenti e lavorano 110.000 impiegati in 1.200 aziende. L’80% dei pendolari usa il trasporto pubblico, e anche al visitatore è sconsigliato di azzardarsi a venire fin qui col proprio mezzo: parcheggiare è praticamente impossibile, a meno di non voler rischiare pesanti sanzioni. Prendere quindi la metropolitana linea numero 1 e scendere a Esplanade de La Défense o a Grande Arche de La Défense.

Il métro
Nelle grandi città che ci capita di visitare e in cui rimaniamo più di qualche giorno, è la metropolitana il mezzo pubblico che usiamo di preferenza: veloce, meno insalubre del traffico di superficie, utilissima una volta che si è imparato a usarla azzeccando direzioni e stazioni di coincidenza.
Nel 2000 il métro parigino ha festeggiato i suoi cento anni di vita ricordando, con mostre a tema ed esposizioni, il primo treno che il 19 luglio 1900 partì da Porte Maillot e in 30 minuti raggiunse Porte de Vincennes. Oggi sono quasi 300 le stazioni di questo percorso di 200 chilometri, per buona parte sotterraneo, che permette di raggiungere ogni angolo della città e della periferia: ad avere tempo, ci si può inventare un itinerario che porti ad ammirare le fermate più belle oltre agli incredibili panorami urbani che si scoprono appena usciti dal sottosuolo (dalla stazione del Louvre ci si trova esattamente nel grande piazzale del museo, da quella di Saint-Michel si ammira Notre-Dame che si specchia nella Senna, dall’Alma ecco la Tour Eiffel giusto di fronte).
L’Art Nouveau non poteva non interessarsi a questo nuovo modo di vivere la città: tanto che la metropolitana – costruita pure per agevolare l’accesso alla sede dell’esposizione universale del 1900, che segnò per il movimento artistico un’occasione di visibilità internazionale – divenne un esperimento di arredo urbano abbellendo insegne, pensiline d’ingresso e gradinate con elaborate creazioni in ghisa e ferro. Se amate il genere, non perdete le stazioni di Porte Dauphine e di Abbesses.

I giardini pensili
Si chiama Promenade Plantée ed è non solo uno dei più godibili itinerari cittadini, ma anche un innovativo piano di riuso della dismessa ferrovia che dalla Bastiglia portava a Vincennes e alla Marna. Il primo tratto è detto Viaducts des Arts, dai depositi delle scenografie dell’Opéra Bastille fino all’incrocio di Rue de Daumesnil con Rue de Charenton; il secondo, la Promenade Verte, ricollegando ogni area verde disponibile con passaggi sotto il piano stradale, porta a superare il Boulevard de la Guyane e gli impianti sportivi fino ad arrivare al Bois de Vincennes.
Saliamo da una delle tante gradinate che da Avenue Daumesnil portano al livello sopraelevato del Viaduct, quello una volta occupato dalla sede delle rotaie, e subito abbiamo l’impressione di trovarci in un altro mondo: una stradina bordata da cespugli di rose e alberi di tiglio ci invita alla passeggiata, mentre al nostro fianco scorrono i balconi, i terrazzini, le decorazioni delle facciate – siamo più o meno a livello del secondo piano – e qualche tetto degli edifici più bassi. All’altezza di Boulevard Diderot ci affacciamo dal parapetto osservando le colonne di traffico che scorrono sotto i nostri piedi, mentre attorno a noi si leva il profumo del rosmarino e del lauro ceraso. Una lunga vasca orizzontale attraversata da vialetti e archi di rose rampicanti corre fino ad insinuarsi in uno stretto passaggio tra due alti edifici. Poi il panorama si allarga: un piazzale con una grande meridiana orizzontale e una passerella a scavalcare il giardino circolare di Reuilly, che nelle belle giornate è affollato di parigini e di turisti che si godono il sole.
Si scende ora dal Viaduct per iniziare la Promenade Verte (non senza essere tornati un po’ indietro sul livello stradale per ammirare le vetrine dei laboratori di artigiani e artisti che hanno occupato gli ampi e luminosi spazi dei 60 archi dell’ex viadotto ferroviario. Superando un tunnel ci troviamo sulla ex sede ferroviaria, divisa in sentiero pedonale e pista asfaltata per bici e pattini: la massicciata è ora coperta di siepi di ligustro e ombreggiata da frassini e pavlonia. Torniamo a livello della strada all’altezza di Rue Sibuet e poi, sottopassando Boulevard de la Guyane, abbiamo praticamente raggiunto il Bois de Vincennes: meno di 5 chilometri per scoprire una Parigi delle più sorprendenti.

Nel ventre della città
Tenendo a mente il celebre romanzo di Emile Zola, Nel ventre di Parigi, ci troviamo a visitare quella rete di cunicoli che scorrono nel sottosuolo della Ville Lumière: una lezione di storia ( Dalle fogne a cielo aperto alle fognature a sfogo diretto proclama il dépliant) senza temere cattivi odori, grazie alla perfetta depurazione delle acque.
Furono i Romani a costruire le prime fogne, ma la situazione regredì nel Medioevo con l’aumentare della popolazione: pantani putridi, epidemie, addirittura la peste portata dai ratti. Filippo Augusto fece lastricare le strade, al cui centro era previsto un canaletto di scolo (ne sopravvive un esempio sulla strada principale di Briançon). Nel 1370 venne costruita la prima fogna coperta a Montmartre, ma per il resto tutto finiva – a cielo aperto, e immaginiamo a che prezzo per l’olfatto – nella Senna, le cui acque venivano peraltro usate dai parigini senza troppe esitazioni. Fu nel Rinascimento, con lo sviluppo della rete di scarico, che il fiume non fu più in grado di assorbire e depurare biologicamente gli scoli. Si arriva così alla Rivoluzione Francese, a Napoleone, ai Miserabili di Victor Hugo (l’avventura del protagonista nella rete fognaria pare sia stata costruita in base alle informazioni di un ispettore idraulico, che si calò nel dedalo per tracciarne una mappa). Infine, furono progettati depuratori e paratie: nel 1911 venne coperta l’ultima fogna a cielo aperto e già nel 1920 si apriva la stagione del turismo sotterraneo su una barca che scendeva per il collettore di Asnierès, e questo fino al 1975. Oggi la rete fognaria è divenuta una vera e propria galleria tecnica: vengono evacuati ogni giorno 1,2 milioni di metri cubi di acque di scolo, mentre i residui solidi raccolti ogni anno potrebbero formare un edificio di 6 piani.
Tutto quanto sopra si trova meglio spiegato sui pannelli del museo, per poi seguire un tratto del collettore e osservare gli impianti in funzione. Agli angoli delle gallerie una serie di targhe stradali ricorda cosa c’è sopra, e di nuovo si è presi dal fascino della città sotterranea, parallela e simmetrica a quella sovrastante. E chi ha praticato sia pur marginalmente la speleologia è attratto dal folle progetto: distaccarsi dal gruppo e andare a esplorare, da solo e con una buona torcia, dove finiscono le gallerie laterali.

PleinAir 391 – febbraio 2005

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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