Capodanno a nord-est

Con il suo carico di storia e di memorie, unito al potente richiamo di un cosmopolitismo che supera i confini del Vecchio Continente, Berlino è oggi una delle mete più ambite dai turisti urbani del nuovo millennio: approfittiamo delle vacanze di dicembre per conoscerla nei suoi affascinanti contrasti.

Indice dell'itinerario

Il viaggio nella città simbolo dell’Europa unita inizia a poche centinaia di metri da una delle sue testimonianze più scintillanti e famose. Dirimpetto agli alberi imbiancati di neve del Tiergarten, a poche centinaia di metri dalla cupola di vetro e acciaio del nuovo Reichstag (il Parlamento tedesco) e dalla quadriga e dalle colonne neoclassiche della Porta di Brandeburgo, una distesa di blocchi di pietra scura si allunga davanti agli edifici moderni della Berlino che fu capitale della Germania Est. Di fronte a quello che sembra un labirinto senza forma, diciassette anni fa – e sono come pochi minuti sull’orologio della storia – passava il Muro. Là dove oggi i cittadini e i turisti passeggiano tranquilli e nello scorso luglio hanno sfilato i tifosi dei cinque continenti giunti per i Mondiali di calcio (e alla fine hanno festeggiato gli italiani), fino al 1989 c’era spazio solo per i reticolati, per i riflettori e per i Vopos, i temutissimi poliziotti della Repubblica Democratica Tedesca, accompagnati dai loro mordaci cani lupo.
Ma se il Muro è una pagina triste della nostra memoria, i blocchi scuri spolverati di neve fresca in questa giornata d’inverno ricordano qualcosa mille volte peggiore: sono in realtà delle stele, che rappresentano la più grande tragedia del XX secolo. Attraversata questa distesa di pietra, una breve scalinata porta al cuore del Denkmal für die ermordeten Juden Europas, il Memoriale degli Ebrei Assassinati in Europa. Discusso dal 1996 dai politici e da buona parte del paese, approvato dal Reichstag tre anni più tardi, è stato aperto al pubblico nel 2005; progettato dall’architetto Peter Eisenmann e dai suoi collaboratori, il monumento ricorda i sei milioni di ebrei spazzati via dall’Olocausto. A molti di loro cerca di dare un volto e un nome, ed è questo che fa commuovere chi si ferma nelle sue sale: sei milioni è una cifra talmente gigantesca da diventare anonima, e invece le facce di Claire, Robert, David, Leon e di migliaia di altri come loro ricordano che ogni numero è una vita e una storia troncata. Anche il luogo in cui sorge il monumento non è stato scelto a caso. Intorno alla spianata dove sono state erette le stele, oltre alla Porta di Brandeburgo e allo storico hotel Adlon si alzano dagli anni del dopoguerra quegli informi palazzi di cemento che fino al 1945 erano il cuore del potere nazista: la Cancelleria, il bunker dove Adolf Hitler si sarebbe suicidato e quelli che ospitavano i ministeri degli Esteri, dell’Agricoltura, dell’Aviazione del Terzo Reich, la residenza ufficiale di Goebbels. Ha scritto Wolfgang Thierse, presidente del Reichstag, nell’introduzione del volume ufficiale dedicato al monumento: L’integrazione del sito del Memoriale nel nuovo quartiere del Parlamento e del Governo è il riconoscimento della nostra responsabilità politica. L’esito fortunato del dopoguerra non ci fa desiderare di chiudere il peggiore capitolo della nostra storia. Al contrario, il Memoriale contribuisce alla coscienza di sé della nostra società .
Nessun altro paese nella storia lontana e recente del mondo ha avuto altrettanto coraggio della Germania dopo la catastrofe del nazismo, della guerra e della divisione in due stati. Certamente non lo hanno fatto l’Italia, il Giappone, la Spagna uscita dal franchismo e la Russia che ha nell’album di famiglia i massacri di Stalin. Passato e presente, brutture e splendori si affiancano l’uno all’altro in tutte le capitali dell’Europa, e in molte città del resto del mondo le contraddizioni sono ancora maggiori: ma in nessun altro luogo l’alternarsi di gioia e dolore è immediato e senza sfumature come a Berlino, la storica capitale della Germania che ha ritrovato il suo ruolo dopo l’abbattimento del Muro e la riunificazione del paese nel 1990.

Würst e kebab
Il clima del nord, con il vento teso che porta la neve dal Baltico, fa sì che la celebrazione del Natale e del Capodanno sia all’insegna del gelo, con il termometro che può scendere anche a -10°C e una temperatura media che raramente supera lo zero. Ma non tutto il freddo viene per nuocere: in molte piazze cittadine vengono attrezzati circuiti per il pattinaggio su ghiaccio, mentre a Potsdamer Platz e in altri spazi si innalzano pendii da cui lanciarsi a bordo degli slittini. Intorno alle piste si aprono stand che vendono birra e salsicciotti di ogni tipo, primo fra tutti il Currywürst – pilastro della gastronomia popolare berlinese – tagliato a pezzi e immerso in una salsa piccante.
D’inverno, tranne i giorni in cui il tempo si mette davvero al brutto, le capitali dell’Europa meridionale non sono poi così diverse da come apparirebbero in estate; Berlino, invece, cambia completamente. I due fiumi Spree e Havel, i canali percorsi dai battelli turistici, le lunghissime piste ciclabili, i ristoranti all’aperto e i grandi spazi verdi del Tiergarten, così amati dai residenti e dai forestieri nella stagione calda, lasciano il posto a una città molto differente, con richiami, luci e perfino odori diversi. Una folla giovane, animata e vivace si affolla lungo le strade dello shopping di quello che era l’Ovest, tra la stazione dello Zoologischer Garten, la Kurfürstendamm e la Tauentzienstrasse, dove il gigantesco KaDeWe (abbreviazione di Kaufhaus des Westens, Grande Magazzino dell’Ovest) permette di evitare il freddo pungente dell’esterno e di dedicarsi per interi pomeriggi agli acquisti nei suoi sette piani. Lo stesso accade sulla Friedrichstrasse, cuore della vecchia Berlino Est, dove a poche centinaia di metri dal Checkpoint Charlie, la frontiera resa celebre da centinaia di romanzi di spionaggio e di film, negli ultimi anni si sono installate tutte le grandi firme dello shopping europeo, dalle francesi Galeries Lafayette alle raffinate boutique degli stilisti italiani, americani e giapponesi.
Suggestioni ancora più multietniche offre la Berlino della gastronomia. Lungo le strade del centro si affacciano birrerie bavaresi, pizzerie e trattorie italiane per chi non resiste alla tentazione di provare la versione locale degli Spagetti, ristoranti greci dall’aspetto ingenuamente popolare, locali giapponesi o francesi dal menù che fa sfoggio di una raffinatezza non proprio genuina. Insieme al Currywürst, il cibo più facile da trovare in città è il Döner kebab, il gigantesco rotolo di carne speziata che viene fatta cuocere lentamente attorno a uno spiedo verticale, tagliata a filetti con un coltello e servita in un panino o in un piatto. Non c’è da stupirsi, d’altronde, se si pensa che fra i tre milioni e mezzo di abitanti di Berlino – dove vivono immigrati praticamente da tutti i paesi del mondo – i turchi sono di gran lunga la minoranza più numerosa: e anche se in Turchia la carne viene preparata in questo modo da secoli, l’idea di servirla in un panino ha un padre con nome e cognome, il sedicenne Mehmet Aydin che aprì nel 1971 il primo chiosco di Döner in città. Oggi Mehmet possiede una catena di ristoranti, e nella capitale tedesca i chioschi di panini alla turca sono ben millecinquecento.

Arte e dintorni
Ma non tutto ciò che dall’Oriente arriva fin qui può essere racchiuso in un panino. Nelle gigantesche raccolte della Museuminsel, l’Isola dei Musei nata per celebrare l’impero di Federico Guglielmo e che è stata per quarant’anni il fiore all’occhiello di Berlino Est, si ammira una collezione d’arte e d’archeologia orientale con pochissimi paragoni in tutto il mondo. Nelle sale dell’Altes Museum sorride enigmatico al visitatore il busto della regina egiziana Nefertiti, scolpito in un blocco di calcare e poi dipinto intorno al 1340 a.C. e in attesa di tornare nel museo originario, nei pressi del castello di Charlottenburg. Nel Pergamon Museum sono stati invece trasportati e ricostruiti l’altare e la porta – larga 120 metri – del mercato di Pergamo, città ellenistica dell’Asia Minore. In una sala successiva spiccano la Porta di Ishtar e i 30 metri sui 200 originari della Strada delle Processioni di Babilonia; completano il quadro reperti arrivati dalla Grecia, da Roma, dalla Siria.
D’inverno è meno spettacolare che d’estate lo Zoologischer Garten, lo straordinario giardino zoologico dove i rinoceronti e i leoni passano le loro giornate in ambienti chiusi per proteggerli dal rigore della stagione. Conservano però un grande fascino le sezioni dedicate alle scimmie e ai lemuri e l’acquario con le raccolte di pesci e insetti, mentre all’esterno se la spassano gli orsi bianchi e non se la passano male gli aironi, che sostano sui grandi tigli senza foglie prima di infilzare i pesci dei laghetti. Se il castello di Charlottenburg, residenza della dinastia degli Hohenzollern, non fa una straordinaria figura per chi conosce Versailles o la Reggia di Caserta, i giovani e i molti meno giovani restano invece a bocca aperta nel Deutsches Technikmuseum Berlin, il museo della tecnica sistemato in una vecchia fabbrica in mattoni dove si scoprono imbarcazioni a vela e a vapore (bellissime quelle dei canali di Berlino) e aerei di ogni tipo tra cui spiccano i modelli più celebri dell’aviazione nazista, dal bombardiere in picchiata Stuka al leggerissimo ricognitore Fieseler Storch, la cicogna . In un salone al pianterreno sono esposte centinaia di carrozze ferroviarie di tutti i tempi: con tipica (e un po’ eccessiva) pignoleria teutonica, sono sistemati uno accanto all’altro il treno superlusso di Hitler e uno dei carri bestiame con i quali gli ebrei venivano deportati verso Auschwitz.
Oltre che da questi dettagli e dal Memoriale dedicato all’Olocausto, la terribile storia recente di Berlino rivive nelle raccolte un po’ kitsch della Haus am Checkpoint Charlie, dedicata al Muro e a tutti i modi per attraversarlo di nascosto. E poi nella vecchia e nella nuova Gedächtniskirche in qualche modo sopravvissuta alle bombe, nel gigantesco Sowjetisches Ehrenmal, il monumento ai caduti sovietici costruito nel cuore del Tiergarten, e ancora nel museo della comunità ebraica e nella villa-museo di Karlshorst, dove nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1945 venne firmata la capitolazione della Germania nazista. Intorno, come sessantuno anni fa, montano la guardia alcuni carri armati sovietici e una katiuscia.
Poi ci sono i villini con i giardini innevati e le finestre illuminate nelle quali non si può fare a meno di sbirciare dai convogli della S-Bahn, la ferrovia regionale, che attraversano sferragliando la grande periferia. Dietro i vetri, luminarie e decorazioni natalizie spiccano nel buio del tardo pomeriggio a dirci ancora una volta che nell’arte, nella cultura ma soprattutto nei contrasti sta il fascino della Berlino di oggi.

PleinAir 413 – dicembre 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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