Canyon all'italiana

Grandiosi panorami, ambienti protetti, escursioni alla portata di tutti: la Val di Fiemme è uno scrigno di tesori naturalistici e memorie storiche di facile approccio.

Indice dell'itinerario

La vetta del Corno Bianco è un magnifico belvedere sul mondo. Arrotondata e bonaria se vista dal Passo degli Oclini, questa montagna sovrastata da una grande croce metallica consente allo sguardo di spaziare a volontà: verso ovest, oltre la valle dell’Adige, sono le Dolomiti di Brenta e i ghiacciai del Cevedale e dell’Ortles, dal lato opposto, oltre i boschi e le vette di granito del Lagorai, si alzano le Pale di San Martino, mentre a nord, dal Catinaccio al Sassolungo e dalla Marmolada ai Monzoni, compaiono le Dolomiti di Fassa.
Ma il vero spettacolo è più vicino. Davanti ai piedi di chi guarda, oltre alle rocce calcaree che hanno dato il nome a questa vetta, il ciclopico vallone del Bletterbach, il rio delle foglie, s’inabissa verso l’Alto Adige; sbarrato in alto da pareti di roccia chiara, è circondato più in basso da calanchi dove il rosso si affianca al bianco e all’ocra. Sembra di osservare il Grand Canyon, e invece siamo in Val di Fiemme.

Sulla catena dei Lagorai, a mezzogiorno dell’Avisio, altri sentieri offrono emozioni e ambienti completamente diversi. Dalla strada per Malga Valmaggiore un viottolo raggiunge lo scuro Lago di Cece, circondato da un fitto bosco di abeti. Un percorso più ripido e faticoso porta al Lago Lagorai, a valle del quale una cascata precipita da una parete di granito. Nei dintorni (ma la catena dei Lagorai si allunga per una trentina di chilometri) molti altri bacini offrono atmosfere da grande Nord. Più in alto, le creste e le torri granitiche del Cauriol, della Cima di Cece e del Colbricon ricordano le Alpi occidentali. Ai piedi di queste montagne, la Foresta di Paneveggio ospita alcune centinaia di cervi mentre nei boschi dei Lagorai, da qualche anno, si aggirano anche uno o due orsi arrivati dalle Dolomiti friulane o dal Brenta.

Ma la varietà della Val di Fiemme non è solo questa. Il Monte Mulat, che domina Bellamonte e Predazzo, raggiunge i 2.150 metri di quota ed è rivestito da fitti boschi: si tratta però di un vulcano ormai spento che fu lungamente attivo nel Triassico e conserva anche oggi rocce di origine lavica e minerali di grande interesse. Tra i suoi boschi, in direzione di Predazzo, si aprono le miniere di rame della Bedovina, sfruttate fino a pochi decenni or sono (e che possono essere visitate con guida). Oltre al panorama sul vulcano, dolomie e calcari rendono affascinante il Sentiero Geologico che si snoda tra il Passo Feodo (lo si raggiunge dall’Alpe di Pampeago o da Predazzo), i prati e le rocce del Doss Capel e le creste scistose del Monte Agnello.
Se dall’arrivo degli impianti ci si dirige invece a nord si entra nei classici paesaggi delle Dolomiti. Una ripida salita di un’ora porta al rifugio Torre di Pisa, all’arco naturale del Latemar e poi al solenne altopiano carsico dei Lastèi di Valsorda, dominato dalle vette più elevate del massiccio. Dalla Forcella dei Campanili, dal bivacco Rigatti, dalla sommità dello Schenon si scoprono la Roda di Vael, il lago di Carezza e il Catinaccio.

 

Una magnifica comunità

Tra gli undici comuni della Val di Fiemme, tesero conserva nelle sue chiese notevoli affreschi del Cinquecento
Tra gli undici comuni della Val di Fiemme, tesero conserva nelle sue chiese notevoli affreschi del Cinquecento

Porta delle Dolomiti per chi arriva dalla valle dell’Adige e dall’autostrada del Brennero, la Val di Fiemme comprende undici comuni – i più importanti sono Cavalese, Tesero, Predazzo, Ziano e Castello – ed è un’ottima base per partire alla scoperta delle Dolomiti di Primiero e di Fassa; tra le montagne che la chiudono, invece, solo il massiccio del Latemar appartiene ai Monti Pallidi. Più bassa e più accogliente delle valli vicine, questa è anche un’ottima meta per chi ama una vacanza tranquilla all’insegna della raccolta dei funghi, delle passeggiate nei boschi e verso i laghi, delle pedalate sulla pista ciclabile che collega Molina con Predazzo sulla sinistra orografica dell’Avisio o, ancora, sul tracciato della vecchia ferrovia che collegava Cavalese con Bolzano. Chi preferisce l’avventura può arrampicare in varie falesie attrezzate, provare il rafting, volare in parapendio o in deltaplano.
Ma anche chi ama i sentieri è al suo posto. La foresta di Paneveggio, tra Bellamonte e Passo Rolle, è una straordinaria palestra per osservare da vicino fauna e flora. La catena dei Lagorai, tra le più selvagge dell’arco alpino, consente di camminare per giorni interi senza incontrare impianti di risalita o rifugi. Il Corno Bianco, il Corno Nero, il Monte Agnello e i Cornacci sono comode e straordinarie terrazze panoramiche. E poi, qualunque meta si scelga, la scorrevole statale di fondovalle fa sì che non si creino gli ingorghi che affliggono altre rinomate destinazioni del circondario.

Occore un'ora per salire dal passo oclini alla vetta del Corno Bianco e un po' di piu' per le cime del Latemar
Occore un’ora per salire dal passo oclini alla vetta del Corno Bianco e un po’ di piu’ per le cime del Latemar

Grazie al suo clima mite e ai suoi boschi, la Val di Fiemme è stata abbondantemente popolata dall’uomo per millenni: fino a cinquant’anni fa, quando il turismo non aveva l’importanza di oggi, gli abitanti erano dieci volte di più della vicina – e allora molto più povera – Val di Fassa. Anche oggi, accanto agli alberghi e agli skilift, i 12.000 ettari di foreste gestite dalla Magnifica Comunità di Fiemme restano un pilastro dell’economia della zona: e proprio il palazzo della Comunità, a Cavalese, è uno dei più preziosi monumenti della zona (fu iniziato nel Trecento e completato in forme rinascimentali nel 1585). Oggi è ancora il centro culturale e amministrativo della valle, e al suo interno si possono ammirare le camere dei principi-vescovi Bernardo Clesio e Cristoforo Madruzzo, soffitti lignei e varie sale affrescate. Al secondo piano il museo-pinacoteca ospita reperti preistorici e romani, attrezzi agricoli, statuti e altri documenti. Una passeggiata conduce al Banco de la Reson, sorta di piccolo parlamento formato da due cerchi concentrici di pietre dove si riuniva in passato l’assemblea dei valligiani.
Al palazzo si affiancano molte altre testimonianze artistiche e architettoniche, a documentare vicende lunghe e varie: come sul cocuzzolo del Doss Zelor, tra Cavalese e Castello di Fiemme, che ospita i resti di alcuni edifici romani e un graffito preistorico che rappresenta un cervide.

Si passeggia a volonta' tra i boschi del Parco di Monte Corno
Si passeggia a volonta’ tra i boschi del Parco di Monte Corno

I laghi del Colbricon, tra la foresta di Paneveggio e il Passo Rolle, furono base di una comunità di cacciatori del Mesolitico, e possono essere visitati con gli archeologi del Parco di Paneveggio-Pale di San Martino. A Castello di Fiemme, la vecchia parrocchiale romanica di San Giorgio conserva all’esterno un affresco quattrocentesco che raffigura San Cristoforo. A Tesero, affreschi dipinti nel Cinquecento da artisti trentini, altoatesini e veneti decorano le chiese di Sant’Eliseo, dei Santi Leonardo e Gottardo e di San Rocco.

Il forte austrongarico di Dossaccio
Il forte austrongarico di Dossaccio

La furia della Grande Guerra, invece, ha risparmiato i centri della Val di Fiemme. Scontri e battaglie hanno avuto per teatro i dintorni di Passo Rolle (e in particolare il Colbricon), le Pale di San Martino e la catena dei Lagorai, dove il rifugio Cauriol ospita un piccolo museo dedicato al conflitto e la vicina malga Sadole è affiancata da una fontana affrescata dagli Schützen del Primiero. Le vette dello stesso Colbricon, della Cavallazza, del Cardinal e del Cauriol conservano trincee, reticolati, camminamenti e postazioni dei due eserciti.
Altrettanto impressionante è salire a piedi o in mountain bike al forte austro-ungarico del Dossaccio, che sorveglia la foresta di Paneveggio da un’altura a 1.838 metri di quota. Costruito alla fine dell’Ottocento, il forte non è mai stato colpito dalle artiglierie italiane: a ridurlo in rovina, nel dopoguerra, sono stati i lavori per recuperare travi e corazze di ferro. E oggi anche i suoi muri di granito vengono lentamente inghiottiti dal bosco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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