Calore glaciale

Torniamo a Crans-Montana, sulle Alpi svizzere, dove la settimana bianca trova ogni genere di spunti, attività, servizi e divertimenti per giovani, coppie e famiglie. Ma questo accogliente centro turistico di fama internazionale offre anche l'occasione di riflettere sulla tutela dei ghiacciai alpini, preziosa risorsa ambientale, paesaggistica ed economica per il futuro dell'intero pianeta. Il tutto in un meraviglioso camping attrezzato per la sosta camper invernale.

Indice dell'itinerario

Centoquaranta chilometri di piste servite da ventotto impianti di risalita tra funivie e skilift, tracciati battuti per tutti i gradi di difficoltà, suggestivi fuoripista tra pareti rocciose e boschi di conifere. Lunghi percorsi da fondo che solcano i campi da golf innevati, si dipanano tra fitte foreste di pini e abeti o salgono verso le cime fino a raggiungere altitudini riservate ai più allenati. Scuole di parapendio e deltaplano, snowpark per le evoluzioni dei freerider, escursioni con le slitte trainate da cani e passeggiate con le ciaspole fino a panoramiche baite dove si può gustare la raclette, il celebre piatto tipico a base di formaggio fuso con patate o polenta accompagnato da vini locali e grolle fumanti. Uno scenario a misura degli amanti della neve, che infatti arrivano da mezzo mondo per sciare sulle piste di Crans-Montana. Siamo al centro del Vallese svizzero, sotto un’imponente corona di cime che sfiorano i 3.000 metri: il Gletscherhorn, il Weisshorn, la Plaine Morte e il Wildstrubel. L’ampia valle del Rodano, l’animata cittadina di Sierre e le grandi vie di comunicazione sono a un tiro di schioppo, ma quassù si arriva solo attraverso una sinuosa strada di montagna che corre sulla dorsale rocciosa fino a raggiungere i 1.500 metri del paese. Anzi, dei due paesi, anche se Crans e Montana – un tempo formati da poche baite con il tetto di ardesia – sono ormai saldati dall’espansione edilizia che ha accompagnato la crescente notorietà turistica del comprensorio, inglobando varie piccole frazioni del circondario. Nonostante l’atmosfera cosmopolita il centro ha tuttavia conservato una genuina tradizione di ospitalità, come confermano strade e locali gremiti di turisti che fin dal pomeriggio sciamano tra i negozi dalle vetrine scintillanti, mentre nelle enoteche si degustano i vini bianchi, rossi e rosé prodotti nei vigneti del fondovalle e i ristoranti iniziano ad affollarsi. A poco a poco si scopre questa cittadina insolita e modaiola, estranea ai rigidi canoni svizzeri come ammettono, senza nascondere il loro compiacimento, i simpatici residenti.

Dalle bighe agli Intercity
Tra gallerie d’arte, centri benessere, cinema, casinò, discoteche e perfino un itinerario a misura di chi spinge un passeggino, non mancano tre interessanti musei. All’evoluzione del territorio è dedicato Le Grand Lens e alla civiltà rurale quello dell’alpeggio, ma la vera passione da queste parti sono i treni: anzi i trenini, che sono diventati una delle esposizioni più visitate di tutta la regione.
Era l’autunno del 2002 quando Gerard Ney, collezionista di materiale rotabile in miniatura con una raccolta che copriva un secolo e mezzo di storia delle ferrovie svizzere, incontrò Jean-Pierre Rouvinez, presidente della commissione scolastica della cittadina di Lens. Il docente, accompagnando una scolaresca in visita alla collezione di Ney, ne fu tanto colpito da proporre la realizzazione di un museo che raccogliesse quel patrimonio culturale. Insieme a Georges Bonvin, all’epoca consigliere comunale di Crans-Montana e anche lui appassionato di modellismo ferroviario, Rouvinez decise di utilizzare i locali dismessi di un parcheggio coperto realizzando la prima sede stabile del museo. L’interesse suscitato dall’iniziativa fu tale che gli abitanti della vallata convinsero gli organizzatori a creare un’associazione in grado di accogliere donazioni di privati e maquette di plastici ferroviari, diventando così una mostra permanente in continua evoluzione: inaugurato nel 2007, oggi il museo conta migliaia di modelli fra locomotive, locomotori, vagoni e carri merci, esposti in ampie e luminose bacheche. Subito dopo l’entrata, però, la prima cosa che notiamo è la riproduzione di alcune bighe, e veniamo così a sapere che furono proprio i Romani a definire lo scartamento delle linee ferroviarie, ovvero la distanza delle rotaie tra loro. Per agevolare l’intenso traffico commerciale e il continuo flusso di carriaggi tra l’Urbe e i lontani territori dell’impero vennero costruiti carri da trasporto aventi tutti la medesima distanza tra le ruote, potendo quindi realizzare strade di identica larghezza ottimizzandone la progettazione e i lavori. Con il tempo, il continuo passaggio dei carri generò profondi solchi che, soprattutto sulle strade di montagna, servivano ad evitare che i carri finissero fuori strada a causa del fango o della neve. La distanza tra le ruote venne mantenuta pressoché invariata nei secoli, fino alla creazione delle prime diligenze trainate da cavalli; in seguito i convogli, a rimorchio delle prime sbuffanti locomotrici a vapore, iniziarono a viaggiare su rotaie di ferro che in molti casi erano state collocate proprio sui solchi scavati dai carri nell’antichità.
Il catalogo che abbiamo ritirato all’ingresso ci svela l’importanza che ha avuto il treno nella storia della vallata e nelle comunicazioni da e verso l’Italia. Fra i tanti modelli, che strappano gridolini deliziati ai più piccoli e non solo, ecco i Crocodile, locomotori elettrici che per la loro particolare forma appiattita da ambo i lati ricordano il muso di un coccodrillo ed erano un tempo utilizzati sulla linea del San Gottardo, o il convoglio navetta per il trasporto delle auto sulla linea del Sempione. Sala dopo sala, è davvero divertente osservare in che modo la tecnologia e il design industriale dei treni sono cambiati nel corso degli anni e dei decenni, dalle classiche locomotive alle prime motrici diesel, fino agli aerodinamici convogli dell’alta velocità. Da non perdere la bacheca dei carri merci, con le pubblicità dipinte sui vagoni che hanno fatto la storia di molti prodotti commerciali della Svizzera, o quella dove sono esposti i treni dei nostri tempi con le fiancate ricoperte dai graffiti realizzati dai writer, ormai parte integrante dell’odierna arte urbana. Si possono inoltre ammirare numerosi plastici, alcuni delle dimensioni varie decine di metri quadrati, come un tratto in scala della linea ferroviaria Furka-Oberalp (l’odierna Matterhorn-Gotthard-Bahn) con tipici scenari alpini, gallerie, ponti, villaggi e stazioni. La visita dei Trains Miniatures si conclude con la sala America che ospita l’incredibile lavoro di George Genayne, un altro dei collezionisti che hanno partecipato alla raccolta: ci sono voluti quasi trent’anni e una pazienza infinita per riprodurre, con ambientazioni, architetture e scene di vita dal 1890 al 1950, un tratto della linea ferroviaria statunitense Timber Valley Old Lumber che dalle foreste delle Montagne Rocciose raggiungeva la costa californiana passando per il deserto del Colorado.

Le Alpi di domani<F”GARAMOND”>
E torniamo alla neve, anzi al ghiaccio, visto che a questo elemento è oggi dovuta la prosperità di Crans-Montana. Ma che fare quando il ghiacciaio dietro casa si scioglie? Era questo il titolo di un recente convegno internazionale per discutere del lento ma inesorabile ritiro dei ghiacciai alpini: un fenomeno che non evidenzia solo la portata del cambiamento climatico, ma anche la graduale estinzione di una fondamentale riserva idrica e la perdita di importanti risorse turistiche per quei paesi che vi basano la propria economia. E’ stato calcolato che, all’attuale ritmo di scioglimento, tra un secolo al massimo le distese glaciali saranno scomparse, e questo dato fa riflettere soprattutto chi con un ghiacciaio ci vive e ci lavora, come appunto avviene a Crans-Montana.
Con un’estensione di 10 chilometri quadrati che ricoprono un altipiano situato a 3.000 metri di altitudine nel massiccio del Wildstrubel, la Plaine Morte è una delle più grandi piane glaciali dell’arco alpino. Secondo una leggenda in passato era un ricco alpeggio, ma i pastori erano così superbi da non voler mai scendere a valle per socializzare con gli altri abitanti; un giorno un viandante domandò loro un pezzo di pane, ma venne cacciato in malo modo e da quell’anno i rigogliosi prati scomparvero sotto una dura e gelida coltre che rese il luogo pericoloso e inospitale per uomini e animali. Nonostante la leggenda, sin dai primi del ‘900, ovvero da quando ha avuto inizio il turismo alpino a Crans-Montana, la Plaine Morte è meta ambita dagli escursionisti. Oggi sono tre gli skilift che raggiungono il ghiacciaio dove, oltre alla pista di fondo, durante la stagione invernale si svolgono varie manifestazioni, com’è avvenuto per il raduno internazionale dei boyscout impegnati nella costruzione di igloo perfettamente funzionanti, tanto da essere utilizzati dai ragazzi per trascorrervi una notte al loro interno. Dall’alto del bordo roccioso che si affaccia sulla Plaine Morte si gode uno straordinario panorama a tutto tondo che inquadra il Zinalrothorn, il Monte Rosa, il Cervino e il Monte Bianco spaziando dalla Lombardia alla Valle d’Aosta sino alle lontane Alpi francesi, mentre nella valle del Rodano, quasi 3.000 metri più in basso, scorrono le acque del fiume, alimentate – si spera ancora per molto tempo – proprio dallo scioglimento dei ghiacciai. Per preservare questo patrimonio ambientale e paesaggistico le escursioni e le attività sportive sull’altipiano sono state regolamentate, si effettuano nuovi studi sull’approvvigionamento idrico e sulla conservazione di queste preziosissime scorte e, non da ultimo, sono state avviate opere di tutela strutturale, cominciando dal ripristino delle antiche canalizzazioni per l’irrigazione dei campi a valle. Perché difendere il ghiacciaio significa proteggere non solo l’ambiente alpino ma anche la storia, la cultura, le tradizioni che ad esso sono legate, e che senza di esso finiranno con lo scomparire.

Testo e foto di Carlo Piccinelli

PleinAir 450 – Gennaio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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