Bianco su Bianco

All'ombra della montagna più alta d'Europa, la Valdigne offre alla vacanza invernale ogni genere di spunti, dalla classica discesa ai panoramici percorsi di fondo, dalle gite con i cani da slitta all'heliski. Ma anche l'atmosfera internazionale di Courmayeur, le terme di Pré-Saint-Didier, i vini pregiati e le architetture alpine di Morgex e La Salle.

Indice dell'itinerario

Grandioso, affascinante, ammantato di nevi eterne, il Monte Bianco – fin dall’agosto del lontano 1786, quando la sua inviolabile cima fu raggiunta da Michel Gabriel Paccard e Jacques Balamt – richiama da tutto il mondo una folla di scalatori e patiti della montagna. Dall’alto dei suoi 4.810 metri la sagoma della vetta più alta d’Europa, frontiera naturale tra Italia e Francia laggiù in fondo alla Valle d’Aosta, attira lo sguardo anche dei turisti più distratti, che a sera affollano le vie di Courmayeur dopo aver trascorso la giornata a zigzagare sulle piste dello Chécrouit.
Il capoluogo della Valdigne, insieme ai comuni di Pré-Saint-Didier, Morgex, La Thuile e La Salle, è il cuore italiano del massiccio là dove il solco centrale della Vallée, percorso dalla Dora Baltea, si conclude di fronte alle pareti del gigante di pietra. Già nel XVII secolo Courmayeur era nota per le sue purissime acque sorgive oltre che come base per l’ascesa delle vette circostanti, e nell’ultimo trentennio dell’800 divenne luogo di cura per l’aria tersa e frizzante della stagione estiva; frequentato dalla famiglia reale dei Savoia, richiamava frotte di personaggi della nobiltà e dell’alta borghesia, accolti dai sempre più numerosi alberghi di lusso e locali alla moda. Infine, a partire dagli scorsi anni ’60, grazie all’apertura del lunghissimo tunnel transalpino per la Francia e al moltiplicarsi degli impianti di risalita, Courmayeur si è affermata come una delle più celebri stazioni invernali del continente e non solo.
Una possente funivia a una sola campata collega il centro cittadino al comprensorio di Chécrouit-Val Vény, 100 chilometri di piste tutte perfettamente battute e innevate alla portata dei principianti come dei campioni, mentre i più piccoli possono divertirsi con il bob e lo slittino o approfittare del parco giochi di Dolonne, dotato di tappeti mobili. Durante l’inverno la Val Vény è chiusa al traffico per rischio valanghe, ad eccezione di alcune aree sciistiche in quota e svariati itinerari di fuoripista, sci alpinismo e fondo; il paesaggio, che d’autunno sembra quasi ricordare il Canada per lo splendore dorato dei boschi, è segnato dal corso della Dora di Vény e soprattutto da due ghiacciai, quello della Brenva all’ingresso della valle e quello del Miage più a monte.
Un’altra funivia (che prossimamente verrà sostituita da un impianto più moderno e tecnologicamente avanzato) collega La Palud di Entrèves con i 3.462 metri di Punta Helbronner, per continuare poi sul versante francese raggiungendo Chamonix: la cabina passa sopra rocce, crepacci, nevi eterne e ghiacciai sbucando come per incanto dal mare di nuvole che a volte nasconde il fondovalle. Gli intrepidi scalatori ripercorreranno le tracce di Paccard e Balamt, mentre gli amanti della neve fresca si lanceranno lungo i 20 chilometri di discesa della Vallée Blanche, una classica del fuoripista.
La Palud è anche la porta della Val Ferret, paradiso degli appassionati dello sci di fondo che, insieme alla dirimpettaia Val Vény, corre parallela alla catena del Bianco. A Planpincieux, dove si agganciano i lunghi e stretti sci nordici, si arriva con una navetta: la valle è infatti bandita al traffico motoristico privato, che ne danneggerebbe irrimediabilmente il fragile ecosistema. Qui sorge il Foyer de Fond, una struttura sportiva a disposizione dei fondisti provvista di deposito, toilette e docce, oltre a bar, ristoranti, servizio di assistenza per sciatori con noleggio e scuola di sci. Da Planpincieux partono diversi itinerari che si snodano su 3, 5, 10, 15 o 20 chilometri, attraversando straordinari paesaggi innevati con una vista incredibile sul versante della Brenva e sulla parete orientale delle Grandes Jorasses; il fondovalle, chiuso dalla lingua terminale del ghiacciaio di Pré de Bard, è percorso dalla placida Dora di Ferret, costeggiata dalla strada che d’inverno sparisce sotto una spessa coltre candida, mentre le pendici della montagna sono ricoperte di alneti e radi boschi di larici che, con i primi freddi, ingialliscono e perdono le foglie.

Lungo la valle
In fondo a una vertiginosa spaccatura nella roccia dove si getta l’imponente cascata della Dora di Verney, Pré-Saint-Didier può vantare uno dei villaggi alpini meglio conservati della regione, quello del Verrand. Girovagare fra le case in pietra e gli chalet di questo gioiello architettonico medioevale sotto un’abbondante nevicata è un’esperienza indimenticabile: sembra di trovarsi in un presepe, un luogo rimasto sospeso in un tempo di fiaba.
Negli ultimi anni Pré-Saint-Didier ha rispolverato la sua antica fama di stazione termale, con impianti alimentati da acque calde e ferruginose che erano già conosciute in epoca romana; il loro sfruttamento iniziò verso la metà del ‘600, quando rari turisti ante litteram si arrampicavano fin qui, ma il vero exploit si ebbe dall’800 ai primi del ‘900, complice la presenza del casinò. Dopo un lungo declino e la chiusura, oggi la rinascita si deve all’intraprendenza e alla lungimiranza dei proprietari delle terme di Bormio, che hanno acquistato e ripristinato la struttura rendendola un centro all’avanguardia, immerso in un panorama senza eguali. Accarezzati dall’idromassaggio, si può sguazzare nella piscina esterna a 37°C mentre i fiocchi di neve si sciolgono fra i capelli, farsi bombardare dal potente getto d’acqua della cascata o, ancora, lasciarsi massaggiare da mani esperte dopo aver sperimentato saune secche e umide, cromoterapia, aromaterapia e innumerevoli trattamenti per il benessere del corpo e dello spirito. Alla fine si può sprofondare nel silenzio di una sala relax, dimentichi delle asprezze della montagna e dei suoi ghiacci, o ristorarsi con succhi, frutta fresca e tisane bollenti del light buffet.
A Morgex, invece, è protagonista il vino. Qui infatti ci si prende cura delle vigne più alte d’Europa dai cui filari, abbarbicati alla montagna tra i 1.000 e i 1.200 metri di quota, proviene il famoso Blanc de Morgex, nobile e antico nettare dai riflessi paglierini e dal profumo di erba appena tagliata che ben si accompagna con i sapori della tradizione alpina valdostana: fontina, fonduta, lardo di Arnad, pane nero. I numeri della produzione sono per pochi eletti, rasentando le 9.000 bottiglie quasi tutte consumate in Valle d’Aosta.
Nel vecchio borgo spiccano il torrione di un castello del XII secolo e la seicentesca chiesa di Santa Maria Assunta, con un altare barocco e un affresco di un pittore franco-fiammingo, ma sono i dintorni a riservare il meglio al pleinair con il Colle San Carlo, che si raggiunge arrampicandosi curva dopo curva lungo la stradina secondaria che serpeggia verso La Thuile. D’estate si percorre il sentiero panoramico che conduce al meraviglioso lago d’Arpy, d’inverno ci si ritrova su un bellissimo e poco affollato anello di sci di fondo. Gli amanti delle racchette da neve potranno invece avventurarsi fino alla Tête d’Arpy da cui si gode un indimenticabile panorama sul Monte Bianco: il dislivello è di appena 150 metri, ma nei mesi più freddi l’impresa è decisamente ardua per lo spessore della coltre nevosa e conviene perciò attendere marzo, quando la neve inizia a trasformarsi in uno strato più solido. Dal Colle San Carlo si scende con il camper lungo la strada asfaltata che arriva a La Thuile, tra boschi fittissimi e viste strepitose sul massiccio: insieme a Courmayeur, questo è il principale comprensorio sciistico valdostano che offre impegnative discese e una vasta rete di piste integrate con quelle di La Rosière sul lato francese.
A 1.000 metri di quota e a metà strada fra Aosta e Chamonix, La Salle condivide con Morgex la tradizione enologica, ma ancor più si segnala per il patrimonio storico che ha il suo monumento principale nei resti del piccolo castello duecentesco di Châtelard: costruito a scopo strettamente difensivo, è caratterizzato dalla snella torre cilindrica centrale chiamata donjon (è alta quasi 18 metri ma con un diametro di appena 5,60) sopravvissuta a un attacco francese del 1793, che distrusse quasi per intero l’edificio. E’ stato invece trasformato in una casa colonica il maniero di Les Cours, pure questo del XIII secolo, mentre altri due piccoli castelli sorgono nella frazione di Derby, sul versante meridionale della valle, dove si apprezzano anche le facciate affrescate di alcune chiesette di campagna.
Ed è qui, dal centro della Valdigne, che si può finalmente abbracciare con lo sguardo la mole del Bianco in tutta la sua maestosa bellezza: magari dalle finestre del camper o della caravan, mentre ci si rilassa nella dinette dopo una giornata di sci o una tonificante passeggiata, correndo con la fantasia a quel giorno in cui Paccard e Balamt piantarono per primi la bandiera sulla vetta del gigante delle Alpi.

Testo e foto di Andrea Alborno

PleinAir 425 – Dicembre 2007

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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