Benedette soste

Pievi di campagna, solitarie chiesette, remoti santuari sono tra gli approdi preferiti da chi ama le soste in libertà: come in questo itinerario che esplora i colli del Mugello cercando (e trovando) tranquille occasioni di pernottamento en plein air immerse in un paesaggio che ad ogni angolo rivela sorprese d'arte e di natura.

Indice dell'itinerario

Scoprimmo Cèrcina la sera in cui, lasciata Firenze dove era risultato impossibile pernottare, ci avventuravamo verso l’Appennino in cerca di una soluzione. Imboccata la statale della Futa, ci imbattemmo quasi subito nell’indicazione turistica per la pieve di Sant’Andrea e, forti della nostra esperienza secondo cui in simili situazioni è facile trovare un piazzaletto tranquillo, ci infilammo nel buio di una stradina che non si sapeva quanto lunga e quanto stretta. Fummo premiati: dopo 5 tortuosi chilometri apparve la pieve con lo slargo previsto, in una macchia di cipressi. Dopo una notte di sogni d’oro, ci svegliò la gente che di buon’ora andava a far rifornimento con bottiglie e taniche alla vicina storica presa d’acqua (non a caso la strada si chiama tuttora Via della Fontaccia).
La pieve di Sant’Andrea è rimasta il nostro riferimento in molte altre occasioni; ma intanto ci siamo resi conto di quante altre pievi, monasteri e chiesette solitarie si incontrano su queste colline, e ci è venuto in mente che si poteva ripetere l’esperienza allargando il raggio delle nostre esplorazioni. Ne è nato un itinerario fra natura e arte che vogliamo aprire con ciò che si legge su una targa all’Oratorio della Misericordia di San Piero a Sieve, “ospizio dei viandanti sulla strada Firenze-Mugello, segno del rapporto tra la civiltà plebana e la viabilità . Sono passati secoli ma noi ci sentiamo coinvolti in prima persona, viandanti motorizzati e autosufficienti in cerca solo di una notte in pace. Anzi, in santa pace.

Tre giorni a zonzo
Tutto quel che c’è da vedere, in particolare chiese, pievi, conventi e anche un castello che, sperabilmente, ci ospiteranno nei loro spazi è raccolto in un’area ristretta, perlopiù ai lati della statale della Futa che da Firenze sale verso l’Appennino. Studiando la carta si possono programmare percorsi differenti, ma per una breve e piacevole vacanza possono bastare anche tre giorni, come noi stessi abbiamo sperimentato.
A Cèrcina cominceremo ovviamente con la visita della pieve dell’XI secolo con campanile originale coevo, portico rinascimentale affrescato, portoni in legno del ‘500 e un pregevole gruppo ligneo policromo di influsso bizantino che raffigura una Madonna con Bambino e rondine. In pochi chilometri si giunge a Pratolino in cui vedere, se ci capitate di domenica mattina, la pieve di San Cresci a Macioli dal tozzo campanile romanico, restaurata nel ‘400 da quel Pievano Arlotto famoso per le sue burle. Rimandando la visita di Villa Demidoff al ritorno, subito si lascia la statale della Futa per la strada che sulla destra si interna verso Bivigliano, dove la chiesa romanica di San Romolo conserva una pala d’altare in terracotta invetriata di Andrea della Robbia. Il vicino convento di Monte Senario, di antichissima fondazione, venne ristrutturato in forme barocche nel ‘700 e ancora nell’800. Più avanti un’altra deviazione, indicata anche come Via della Tassaia, scende per un castagneto a Badia del Buonsollazzo dove, in suggestivo abbandono, appare dall’alto il monastero di San Bartolomeo. Ripresa la marcia, si ritrova a Vaglia la statale della Futa e la si prende verso destra, per incontrare più avanti il bivio a sinistra che conduce a Spugnole e alla pieve dei Santissimi Maria e Niccolò. Tornati sulla nazionale, si incontra a destra un primo accesso a San Piero a Sieve che del suo passato di importante crocevia conserva più di una testimonianza, come la pieve di San Pietro (con fonte battesimale in terracotta policroma invetriata della bottega dei Della Robbia) e il citato Oratorio della Misericordia, che fu antico ospizio per i viandanti; poco fuori dell’abitato la pieve di Santa Maria a Fagna, rimaneggiata nel 1770. Continuando sulla statale per un paio di chilometri in direzione di Barberino di Mugello si arriva allo scenografico castello di Cafaggiolo, la residenza nobile più importante del comprensorio, che fu anche la prima realizzata nel ‘500 da Michelozzo per i Medici; nel parco svetta una sequoia secolare che, secondo la leggenda, l’esploratore Giovanni da Verrazzano riportò da un viaggio oltreoceano. Da qui si riprende per San Piero a Sieve, facendo un minimo di attenzione all’incrocio dal quale si dipartono due strade: quella indicata come Via Massorondinaio segue il lato destro del fiume e ritorna in paese passando davanti a un campeggio, mentre noi prenderemo quella che si porta sulla riva sinistra della Sieve in direzione di Scalfaia, Le Mozzete e Scarperia, svoltando poco dopo a sinistra per Bosco ai Frati, dove il convento risale probabilmente al VI secolo e venne rifatto più volte (il portico della chiesa è ancora del Michelozzo, mentre nella cosiddetta Stanza de’ Medici è un crocifisso in legno attribuito a Donatello). Una stradina davvero stretta, da aggirare se avete un mezzo di grosse dimensioni, arriva a Ponte Ghiereto e di nuovo alla statale della Futa. Più avanti diversi cartelli segnalano il Lago del Bilancino, un piccolo invaso artificiale lungo la Sieve che solo in anni molto recenti ha cambiato la fisionomia della zona (l’inaugurazione ufficiale della diga si è tenuta nel 1999). Sulla sponda nord-orientale si trova l’Oasi Naturalistica di Gabbianello, gestita da un’apposita società in collaborazione con il WWF; noi intanto svolteremo a sinistra sulla riva meridionale per Cavallina, con la chiesa dei Santissimi Jacopo e Maria, cercando lungo il percorso la salita per San Giovanni in Petroio, in panoramica posizione su un colle presso il bacino. Ridiscesi sulla statale, subito dopo Cavallina si arriva alle porte di Barberino di Mugello, in cui si osservano il castello dei Cattani del XII secolo, il Palazzo Pretorio rimaneggiato nell’800, la Torre dell’Orologio e il loggiato. Seguendo ora le indicazioni per l’autostrada, la si scavalca fino a trovare la prima notte di tranquillità davanti alla pieve di Sant’Andrea a Camoggiano.
Il secondo giorno, tornati a Ponte Ghiereto, si procede per Galliano, dove la chiesa di San Bartolomeo è in una bella piazzetta, e Sant’Agata, con al centro la bella pieve romanica considerata il più insigne edificio sacro del Mugello (all’interno varie tavole di scuola senese e un tabernacolo di Giovanni della Robbia). Il paese si trovava sull’antica strada di pellegrinaggio che univa Firenze e Bologna per il passo dell’Osteria Bruciata, oggi raggiungibile per un sentiero da Galliano, e ciò giustifica la presenza di diverse altre pievi come quelle di San Michele a Lumena e San Lorenzo a Montepoli: ad entrambe però si accede per una strada strettissima che fa consigliare, avendo tempo, una più distensiva escursione a piedi. Da vedere ancora nel borgo un museo di vita artigiana e contadina, alcuni rinvenimenti archeologici e una raccolta di opere d’arte sacra recuperate dalle chiese abbandonate della zona; alle porte dell’abitato, i ruderi di quella che fu forse una cappella. Non lontana è Scarperia, famosa per i suoi coltellinai (vedi approfondimento “Coltellacci e coltellini”) e per il vicino Autodromo del Mugello: voluta da Firenze nel ‘300 a difesa del Passo del Giogo, presenta nella bella piazza centrale il coevo Palazzo dei Vicari tempestato di stemmi e affiancato da un’alta torre campanaria, l’oratorio della Madonna di Piazza con interessanti affreschi e la Propositura dei Santissimi Jacopo e Filippo, anch’essa affrescata e con chiostro quattrocentesco. Da qui si prende verso Borgo San Lorenzo piegando a sinistra, al primo incrocio, in direzione di Luco del Mugello, con la chiesa di San Pietro e la cappella esagonale della Beata Maria, e Grezzano, con la chiesa di Santo Stefano e un museo della civiltà contadina a Casa d’Erci. Da Luco si continua ora per Borgo San Lorenzo, particolarmente ricco di motivi d’interesse tra cui la porta turrita dell’Orologio, la pieve di San Lorenzo dal caratteristico campanile esagonale (all’interno una Madonna attribuita a Giotto), l’oratorio del Santissimo Crocifisso dei Miracoli (scultura lignea dipinta attribuita a Giovanni Pisano che si vuole lasciata qui nel ‘400 da pellegrini tedeschi sfuggiti alla peste) e, ancora, la bella Villa Pecori Giraldi con il suo parco e il museo di ceramiche della Manifattura Chini, che da poco ha festeggiato il secolo di attività. Usciti dall’abitato, la statale 207 Faentina sale verso l’Appennino e la Colla di Casaglia in direzione di Marradi e Faenza, incontrando prima di tutto l’indicazione per la pieve di San Giovanni Maggiore: il campanile ottagonale dell’XI secolo è ciò che resta della costruzione originaria, mentre il resto dell’edificio è stato rimaneggiato nei secoli e presenta fra l’altro pregevoli vetrate novecentesche della Chini. Poco più avanti troviamo Panicaglia (curiosa la grande meridiana orizzontale a Campobello), un bivio sulla destra per la pieve di Santa Maria a Pulicciano e, subito oltre Ronta, le quattro case e la chiesetta di Madonna dei Tre Fiumi, al cui singolare toponimo non poteva non corrispondere un mulino ad acqua che si presenta con la sua bella pescaia (vedi approfondimento “Il mulino dell’Ensa”). Il portico del santuario, risalente al ‘700, fu tagliato per il passaggio della Via Faentina, mentre l’annesso albergo ha preso il posto dell’antico ospizio per pellegrini. A questo punto si retrocede fino a Borgo San Lorenzo imboccando stavolta, a sinistra, la 551 verso Pontassieve. Poco prima di Vicchio, dove c’è un altro museo di arte sacra con arredi e paramenti, nel borgo di Vespignano si individuano tra cerri, sambuchi e salici la presunta casa di Giotto e la pieve di San Martino. Infine, al centro di Dicomano, un viale bordeggiato da altissimi pini ci porta alla pieve di Santa Maria: costruita fra il XII e il XIII secolo, contiene dipinti cinquecenteschi di scuola fiorentina e un bassorilievo dei della Robbia, ma è anche un altro ottimo posto per pernottare in pace. Se avete ancora un giorno di tempo, da Dicomano potete imboccare la statale 67 del Muraglione incontrando subito l’oratorio di Sant’Antonio, uno dei più importanti esempi neoclassici in Toscana, che conserva un dipinto attribuito ad Andrea del Castagno. In una decina di chilometri si giunge a San Godenzo, con la sua abbazia benedettina in stile romanico, e qui si svolta per Castagno d’Andrea, sperduta frazione montana prossima alle pendici del Falterona, che porta evidentemente il nome del suo illustre figlio. Sulla via del ritorno un’ulteriore deviazione permette di raggiungere un altro borgo nascosto, Corella, con la pieve di San Martino (aperta solo la domenica). Proseguendo invece in direzione di Pontassieve si incontra dopo pochi chilometri il bivio a sinistra per Londa e poi, all’altezza di un ponte con cascatelle e resti di un mulino, una seconda deviazione per Rincine. La strada, stretta ma deserta, porta infine alla millenaria pieve di Sant’Elena, in splendida solitudine, dove ritroviamo la mano dei della Robbia in un bassorilievo policromo.
Siamo giunti all’estremità orientale del nostro itinerario: non resta che tornare a Borgo San Lorenzo e qui riprendere la 302, ma stavolta in direzione di Firenze. Ad Olmi è la solitaria chiesa di Santa Maria, a Faltona la pieve di Santa Felicita. Superato il valico di Vetta Le Croci, si va a destra per ricollegarsi con la strada già percorsa da Pratolino a Monte Senario, e qui si chiude il nostro anello. La cinquecentesca Villa Demidoff, voluta in origine da Francesco I de’ Medici, ospita una cappella del Buontalenti ma soprattutto la famosa gigantesca rappresentazione dell’Appennino del Giambologna, ed è circondata da un magnifico parco. Davvero un gran finale prima di tornare a dormire – manco a dirlo – davanti alla pieve di Cèrcina.

PleinAir 435 – ottobre 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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