Alla scoperta di Altomonte, belvedere tra due mari

Alla scoperta di Altomonte, meta eccellente dell'entroterra cosentino

Indice dell'itinerario

Altomonte città d’arte: così recita il cartello posto all’ingresso del borgo calabrese, che da solo merita una visita. La stretta strada che conduce al centro cittadino prosegue fino all’ampio parcheggio di Piazzale Matteotti, punto di riferimento anche per chi giunge in camper. Da qui si prosegue necessariamente a piedi, lungo le strade che si inerpicano in forte pendenza, in un’atmosfera che ricorderebbe certi paesi dell’Italia centrale se non fosse per i rossi peperoncini appesi ai balconi.

Già ricordata da Plinio il Vecchio per la bontà dei vini pregiati che vi si producevano, Altomonte fu costruita a circa 500 metri di quota dalle popolazioni costiere per sfuggire alle invasioni saracene; sotto il dominio degli Angioini assunse importanza quale centro di arte, fede, cultura e tradizione per tutta la Calabria ad opera di Filippo Sangineto, cavaliere di Roberto d’Angiò.

Il centro storico di Altomonte

La visita prende il via dalla chiesa di San Francesco di Paola che conserva un celebre ciclo di affreschi sulla vita del santo, opera di Genesio Galtieri da Mormanno. Il complesso monastico attiguo è oggi divenuto Palazzo Municipale, nei cui corridoi è allestita una pinacoteca permanente; tra le opere, un importante affresco di Domenico Purificato sul tema dell’immigrazione, particolarmente sentito dalla popolazione locale.

Oggi, fortunatamente, questo fenomeno è quasi del tutto scomparso grazie a numerose iniziative economiche, turistiche e culturali che richiamano oltre 150.000 visitatori, in particolare il Festival della Danza che si tiene in giugno e il Festival Mediterraneo dei Due Mari in luglio e agosto.

Si prosegue verso la chiesa di San Giacomo, una delle più importanti del paese, risalente forse al periodo bizantino: di grande interesse l’iscrizione in greco che menziona l’antica Balbia, toponimo di origine fenicia, e l’altare in marmo policromo.

Poco più avanti è la Torre Normanna, detta anche dei Pallotta, restaurata nei primi anni ’90 e adibita a sede espositiva d’arte contemporanea (per le visite occorre rivolgersi al Comune). Una scala in legno porta alla sommità della costruzione quadrangolare, da cui si apprezza la vista della città, mentre dal terrazzo sovrastante lo sguardo spazia verso il Pollino e, dalla parte opposta, lo Jonio e la Piana di Sibari.

Poco lontano è il Castello del Principe, di origine normanna, abitato dai feudatari che si succedettero al governo della città e ora trasformato in hotel: più volte rimaneggiato, ha comunque conservato l’impianto originario con il caratteristico loggiato panoramico e una piccola corte interna, quest’ultima visitabile anche da chi non è ospite della struttura.

Dalla piazza antistante, imboccando Via Paladino si scende in direzione del teatro per arrivare in Piazza Campanella, dinanzi alla splendida chiesa di Santa Maria della Consolazione. Il portale e il rosone sono gli elementi più caratterizzanti della possente facciata in stile gotico-angioino, annunciata da un’ampia scalinata; accanto, la massiccia torre campanaria sulla cui sommità si apre un’elegante bifora.

All’interno troviamo il monumento funerario di un ignoto cavaliere e, nell’abside, il sepolcro dei Sangineto circondato da figure di santi e angeli. Altre importanti opere sono il portone della basilica, la porta della Cappella del Rosario (conservata nel museo) e il coro ligneo, tutti con decorazioni cariche di simbolismi religiosi.

Attiguo alla chiesa il convento voluto nel 1440 da Cobella Ruffo Sanseverino, contessa di Altomonte, e successivamente donato all’ordine dei Domenicani che lo trasformarono in un centro di studi teologici, munendolo di una vasta biblioteca; tra il 1588 e il 1589 accolse il filosofo Tommaso Campanella, che vi scrisse una delle sue opere.

Il chiostro e le arti

Dal chiostro ottocentesco, con colonne quadrate e volte a crociera, si accede al Museo Civico che raccoglie opere selezionate provenienti dalle chiese cittadine: tra queste un’intera parete dedicata a una piccola ma preziosissima tavola di Simone Martini raffigurante San Ladislao, alcuni quadri di Bernardo Daddi, seguace di Giotto, e un trecentesco atelier francese, preziose lastre di alabastro con la rappresentazione scultorea della Storia della Vergine e della Passione. Su un’altra parete, una luce soffusa illumina il volto della Madonna con le Pere, famoso dipinto di Paolo di Cianco da Mileto che fu allievo di Antonello da Messina.

Prima di ripartire non potrà mancare un doveroso tributo alla genuina gastronomia locale che, traendo ispirazione dalla cultura contadina, propone soprattutto salumi, formaggi e pietanze a base di verdure e legumi: la mischiglia, nove erbe spontanee cotte insieme, le cicerchie e le zafarane crusche, peperoni secchi saltati in olio bollente. Vini moscati e passiti di antica tradizione concluderanno degnamente il pasto e faranno bella mostra nella cambusa di bordo.

Testo e foto di Emilio Dati

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