Belvedere sulla storia

Intorno a Urbino, le morbide alture di un sereno paesaggio rurale mostrano i grandi e piccoli tesori di una terra che sa come rinnovare le proprie tradizioni. E sorprendono il visitatore con improvvisi, mutevoli paesaggi fluviali che da duemila anni sfidano l'ingegno dell'uomo.

Indice dell'itinerario

I dati parlano chiaro: sono le Marche la nuova frontiera del turismo non di massa, quello – per intenderci – che ama i casali e gli agriturismi, la tranquillità, il verde dei campi e il silenzio dei piccoli borghi. Fino ad oggi erano il Chiantishire e l’agreste Umbria a essere sfruttati come icona stessa del buon vivere italiano (ottimi vini, cibi genuini, paesaggi intatti e così via): ora l’attenzione si sta spostando un poco più a nord, appunto verso le terre marchigiane che ancora possono vantare quella pace e quella bellezza che il viaggiatore accorto tanto ricerca. Ne sono esempio Urbino e alcune località della valle del Metauro che disegna paesaggi capaci di regalare, oltre alle ricchezze artistiche e naturali, qualcosa di speciale: il senso del tempo che non è trascorso invano, una storia diversa da quella sedimentata e irrigidita delle classiche città d’arte, che sopravvive al di sotto della vita moderna la quale scorre veloce ignorandola e spesso negandola.

Urbino, per cominciare, non è una città dichiaratamente turistica – a dispetto del suo patrimonio artistico, tra i più cospicui d’Italia e non solo – ma prima di tutto di studenti, che superano in numero gli stessi abitanti; e per questo cambia pelle continuamente, pur restando sé stessa. Carlo Bo, per molti anni rettore dell’università che ora porta il suo nome, affidò a Giancarlo De Carlo – tra i più rappresentativi architetti italiani di oggi – la realizzazione delle strutture di cui l’ateneo necessitava: ed egli ha saputo dar vita a opere di luminosa modernità senza alterare il prezioso tessuto urbano. Carla De Angelis, che ci ha guidato alla scoperta dei segreti urbinati, ci racconta che Urbino ha conosciuto tre momenti di autentico splendore: «Il primo con Federico da Montefeltro che ha impostato la struttura urbana, il secondo nel Settecento con Clemente XI che ha ristrutturato e riorganizzato il centro storico e l’ultimo con De Carlo, i cui progetti, oltretutto, sono stati realizzati solo in parte». Non la storia morta e sepolta, ma la vita di oggi che guarda al passato in cerca di ispirazione.

 

Duchi e contadini

Il complesso del Palazzo Ducale
Il complesso del Palazzo Ducale

Non si può visitare Urbania – che abbiamo scelto come punto di partenza del nostro itinerario – senza dare prima un’occhiata al Barco Ducale, a circa un chilometro dal centro, sulla provinciale 73 bis in direzione di Sant’Angelo in Vado (alle spalle del complesso si trova un ampio parcheggio sterrato, ideale per la sosta). Lo splendido monumento, residenza di caccia dei duchi di Urbino, è inserito nel percorso 2 della rete di itinerari a piedi che dal valico di Bocca Trabaria porta al Furlo e a Piobbico. La chiesa del Barco, settecentesca e di pure forme vanvitelliane, è visitabile la domenica mattina, mentre il resto della struttura è aperto solo d’estate.
Raggiunta Urbania, si può lasciare il mezzo nel parcheggio attrezzato del Piazzale delle Poste (occorre seguire Viale Michelangelo verso destra, superare il campo sportivo e in breve troveremo le indicazioni). Da qui si entra in centro imboccando Corso Vittorio Emanuele, l’arteria principale, al cui inizio è situato il complesso del Palazzo Ducale dove sono ospitati l’ufficio turistico, alcuni musei e la biblioteca comunale.

Gianni Lucera, nostra guida in camper in questo itinerario e curatore del Museo di storia dell'Agricoltura
Gianni Lucera, nostra guida in camper in questo itinerario e curatore del Museo di storia dell’Agricoltura

A quest’ultima dovremo rivolgerci per visitare il Museo di Storia dell’Agricoltura e dell’Artigianato, inaugurato nel 2000, da cui si accede alla rampa elicoidale che collegava i piani alti del palazzo al fiume Metauro: un tempo era la via che i duchi utilizzavano per prendere l’imbarcazione che li avrebbe condotti al Barco. Quando il curatore del museo, Gianni Lucerna, apre il pesante portone che immette nelle cantine dell’edificio, pare di entrare in un mondo dimenticato. La prima sorpresa è l’allestimento: «Per evitare il senso di confusione tipico di altre strutture similari – ci spiega – si è scelto di selezionare attentamente i reperti da esporre, musealizzandoli in modo chiaro, con brevi testi e antiche illustrazioni che ne spiegassero uso e funzione». Appassionato camperista, Lucerna ha battuto le sue terre palmo a palmo con il v.r. in cerca di attrezzi e altre testimonianze della tradizione contadina, che conosce come pochi. Il palazzo è sede anche dell’interessante Museo Civico, in cui sono raccolte numerose opere grafiche più o meno recenti (diverse stampe ritraggono la zona dell’Urbinate in epoca rinascimentale), antichi dipinti, ritratti, ceramiche e vetuste mappe.Proseguendo sul corso si raggiunge a sinistra il duomo, che affaccia sull’omonima piazza; nell’annesso Palazzo Vescovile è ospitato il Museo Diocesano, ricco di dipinti, ceramiche – vanto cittadino di remota tradizione – e varie testimonianze della vita artistica e religiosa di Urbania. Non lontano, riconoscibile per la possente torre companaria ricostruita nel XVI secolo, si trova il Palazzo Comunale.

Ma il giro non sarebbe completo senza una visita alla macabra chiesa dei Morti (resa famosa dai reportage apparsi su importanti riviste nazionali, oltre a un interessantissimo intervento della National Geographic Society americana), che si raggiunge seguendo Via Filippo Ugolini. In un piccolo ambiente alle spalle dell’altare sono ospitate diciotto mummie risalenti al XVI e al XVII secolo, riesumate dopo l’editto con cui Napoleone Bonaparte imponeva il trasferimento dei cimiteri fuori dai centri abitati. In quell’occasione si scoprì che questi corpi si erano perfettamente conservati: alcuni avevano intatti, oltre ai capelli e alla pelle, perfino gli organi interni. Nel 1833 vennero esposti dove li possiamo osservare ancora oggi, all’interno di teche di legno in una sala angusta e curva come certi piccoli teatri settecenteschi che si trovavano nelle case dei nobili. Ognuna delle mummie racconta una storia: c’è il priore con la moglie, il fornaio, l’impiccato, un giovane accoltellato…

 

Una città che cambia

Il Palazzo Ducale ospita il Museo Civico
Il Palazzo Ducale ospita il Museo Civico

Tornati alla luce del sole, ci dirigiamo verso Urbino percorrendo la strada assai panoramica che passa per San Giovanni in Pozzuolo e San Cipriano. Si attraversano così le splendide colline che circondano questa perla del Rinascimento italiano, sino ad arrivare ai piedi delle possenti mura. Si può lasciare il veicolo al Mercatale, il principale parcheggio a pagamento di Urbino, oppure salire verso il Colle di Raffaello per Viale Buozzi, dove si trova un’area di sosta per camper (non accessibile il sabato per il mercato): da qui, tra l’altro, si gode un grandioso panorama che comprende pure il Sasso Simone e Simoncello.

Dalla rocca degli Albornoz il Gabbiano di Umberto Mastroianni vola sui tetti di Urbino
Dalla rocca degli Albornoz il Gabbiano di Umberto Mastroianni vola sui tetti di Urbino

Il nostro itinerario parte da Piazza Rinascimento, alle spalle del Palazzo Ducale, dove affacciano la chiesa di San Domenico e il palazzo dell’Università. Si sale per Via San Domenico passando accanto all’ex oratorio di San Gaetano, di cui resta un affresco di Ottaviano Melli (protetto da una cancellata con vetro), e si supera Piazza Gherardi, proseguendo poi in salita su Via Santa Chiara. Si sfiora così la cappellina che ospita il Mausoleo dei Della Rovere (visitabile su prenotazione rivolgendosi al Comune, vi si trovano opere di Pietro da Cortona) per imboccare Via del Poggio, che conduce alla sede centrale dell’università. Si inizia a scendere lungo Via Saffi, raggiungendo la Facoltà di Economia dove un tempo c’era uno dei principali accessi alla città. Sulla destra si può osservare la Facoltà di Magistero, una delle opere di De Carlo. Si svolta quindi per Via di Sant’Agostino, si scende a un torrione con splendido panorama e si prosegue a destra verso Corso Garibaldi. Da Piazza della Repubblica (ogni terza domenica del mese qui e nei vicoli del centro storico ha luogo un bel mercatino) si prende Via Raffaello, in netta salita sino al monumento dedicato al grande artista urbinate. Svoltando su Via Bramante, che s’incrocia salendo, è possibile visitare l’orto botanico che presenta all’ingresso una fontana voluta nel Settecento dagli Albani cui appartenne Clemente XI, uno dei fautori del rinnovamento urbanistico di Urbino.
Giunti in cima al colle, oltre a godere di un panorama davvero suggestivo potremo dare un’occhiata alla fortezza Albornoz, ai cui piedi si trova un ampio parcheggio destinato anche ai camper. Dal parco annesso alla fortezza, detto della Resistenza, si ammira il mausoleo di Federico da Montefeltro. Si raggiungono poi Via Santa Margherita e i vicoli medioevali sino all’incrocio con Via San Giovanni che ci condurrà alla più bella sorpresa del nostro itinerario (lungostrada potremo ammirare diverse lapidi collocate sui muri a memoria dei numerosi scienziati che un tempo vivevano in città dedicandosi alla realizzazione di strumenti scientifici).

Alcuni affreschi dell'oratorio di San Giovanni
Alcuni affreschi dell’oratorio di San Giovanni

Ed eccoci alla nostra meta: l’oratorio di San Giovanni, soprannominato ‘la Cappella Sistina di Urbino’. La facciata è novecentesca, ma l’interno è un’autentica meraviglia del gotico cortese: tutte le pareti della chiesa sono decorate da straordinari affreschi, in ottimo stato di conservazione, realizzati da Lorenzo e Jacopo Salimbeni ai primi del Quattrocento. Autentico capolavoro è la Crocifissione nell’abside, corredata da una ricca iconografia. Non lontano si trova l’interessante oratorio di San Giuseppe, con un grandioso Presepe in stucco opera di Federico Brandani (metà del XVI secolo). Da qui si scende sino a Via Mazzini e quindi si ritorna al Mercatale.

 

La porta del Furlo

Le mure sbrecciate del castello malatestiano e la diga del Metauro
Le mure sbrecciate del castello malatestiano e la diga del Metauro

I ruderi del Castello Malatestiano guardano i resti in corso di scavo di Forum Sempronii, la città romana da cui Fossombrone prese nome e importanza: consigliamo di visitare l’area archeologica prima di effettuare una passeggiata nel centro storico (difficile parcheggiare il mezzo, ma un’area attrezzata si trova in Via Oberdan a circa mezzo chilometro). Arrivati davanti alla cattedrale, si sale verso la chiesa della Madonna del Popolo che offre una magnifica vista sulla cittadina; qui prosegue il sentiero intitolato ad Augusto Radi che con una serie di tornanti arriva al castello, di cui si ammirano notevoli resti e al cui interno si trova la preziosa chiesa di Sant’Ildebrando, con pitture del XIII secolo. Alla sommità si può arrivare anche in camper, purché di piccole o medie dimensioni, prendendo la strada a sinistra appena fuori dal centro in direzione di Forum Sempronii e seguendo le indicazioni per Cittadella Cesane; il tracciato sale nettamente e a un certo punto si stringe, rendendo difficile il transito ai veicoli più grandi.
La sorpresa naturalistica più affascinante del nostro itinerario ci aspetta a pochi chilometri: Fossombrone è infatti l’accesso settentrionale alle gole del Furlo, scavate dal torrente Candigliano che proprio qui confluisce nel Metauro. Adesso che la via moderna ha declassato la vecchia Flaminia a strada d’interesse turistico, l’abitar viaggiando trova in questa zona rinnovati motivi d’interesse, anche grazie alla possibilità di sostare praticamente sulle rive del fiume.

Le gole del Furlo
Le gole del Furlo

La maggior parte dei visitatori concentra la propria attenzione, oltre che sulla bellezza della natura (ora finalmente protetta da un parco), sul forulus, galleria voluta da Vespasiano nel 76. Ma le gole che vediamo oggi sono ben diverse da quelle di un tempo: agli inizi del XX secolo è stata infatti realizzata una diga che ha di fatto trasformato il Metauro in una sorta di lago dalla forma allungata. Tornati dunque sulla statale 3 verso Acqualagna, in breve si gira a sinistra per San Lazzaro (indicazioni per Marmitte dei Giganti) fino al ponte sul torrente, notando le rocce scavate dal Candigliano in forme sinuose. Si prosegue a sinistra in direzione di Sant’Anna; la strada costeggia la Flaminia, diventa un piacevole sterrato, oltrepassa l’agriturismo Il Barco e continua tra colline e boschetti sino a un bivio. Andiamo a destra sempre in direzione di Sant’Anna, passando Bellaguardia, e al bivio successivo proseguiamo dritto tralasciando a sinistra l’indicazione per San Gervasio. Il tracciato ora si fa stretto e tortuoso (ma ancora transitabile per camper di normali dimensioni) sbucando in corrispondenza di una curva dove si prende a destra entrando nella riserva naturale del Furlo; si continua sempre dritti sorpassando un bivio a sinistra, si passa sotto Sant’Anna e si prosegue finché il percorso si perde nei pressi di un’abitazione, poco prima della quale converrà parcheggiare il veicolo. La stradina sterrata aggira la recinzione della casa, curva nel bosco e scende a una costruzione dell’Enel, dove si trova il tabellone esplicativo del sentiero Natura ed Energia – predisposto dallo stesso ente – che prosegue sino alla diga (tenere la sinistra): per seguirlo integralmente sino alla Flaminia, godendosi in pieno la spettacolarità dell’opera, occorre rivolgersi all’Enel o al Centro di Educazione Ambientale perché nei pressi dello sbarramento idroelettrico il sentiero è chiuso da un cancello.

Per concludere il nostro itinerario non ci resta che riprendere la statale attraversando integralmente le gole – si passa così anche la famosa galleria romana – sino ad Acqualagna, dove l’autunno ci riserverà subito un’occasione d’incontro: l’edizione autunnale della Fiera del Tartufo Bianco (quest’anno il 31 ottobre, il 1° novembre e nei due weekend successivi). Un’ultima tappa all’insegna dell’enogastronomia di qualità prima di proseguire verso gli altri borghi di queste vallate o riprendere la strada di casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

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