Bellezza segreta

Sconosciuta ai più - tranne che per la capitale Saragozza e per il celebre parco dell'Ordesa, l'Aragona è il teatro ideale di un viaggio di scoperta in camper: tra torri mudéjar, picchi d'arenaria, borghi fortificati incastonati tra le sierras.

Indice dell'itinerario

L’ocra dei coltivi a perdita d’occhio lungo la strada – un rettilineo infinito – tra Teruel e Zaragoza. La frescura verde della gola rocciosa di Albarracin, uno dei più emozionanti paesi di Spagna. Il rosso delle pareti di arenaria dei Mallos dos Riglos, accesi dal tramonto. Il grigio argento dei graniti e delle acque dei Pirenei a Ordesa. L’Aragona è un puzzle di paesaggi forti, e comunque difficilmente banali. Decisamente lontani da quelli familiari della vicina Catalogna. E quanto la regione di Barcellona sembra pervasa da una corsa urgente alla modernità, tanto quella di Zaragoza (o Saragozza) appare più appartata. E ben poco conosciuta oltreconfine: su cinque milioni di pernottamenti registrati all’anno, appena il 16% sono di turisti stranieri.
In Aragona vivono appena 1,2 milioni di persone – e il calo demografico è costante – in un territorio grande circa il doppio della Lombardia, cioè 47.000 kmq. Ecco spiegati i grandi spazi, le campagne solitarie e sconfinate che si scorgono spesso dai finestrini del camper. Oltretutto un terzo del territorio regionale è posto oltre i 1.000 metri di quota, e le cime dei Pirenei raggiungono qui i 3.404 metri col monte Aneto. Tre le province: da sud a nord, hanno come capoluogo Teruel, Zaragoza e Huesca.

Tesori del Sud
Raccolta ed elegante, Teruel è adorna dei suoi monumenti in stile mudéjar che ne ricordano l’antica dominazione araba. La città vecchia se ne sta su un colle che sovrasta il rio Turia, e una buona idea – parcheggiato il camper presso la stazione ferroviaria – può essere di raggiungere el casco historico (il centro storico) risalendo i gradini della bizzarra Escalinata. Saltano subito agli occhi i veri gioielli locali: sono le eleganti torri campanarie, riccamente decorate con finestre, archetti e colorate ceramiche smaltate di cui la città, fin dal XII secolo, è stata un centro di produzione primario. La più bella probabilmente è quella di San Martin, costruita nel 1315 presso una delle porte fortificate del casco, il Portal de Daroca. Adiacente all’omonima chiesa è poi la torre del Salvador, pure trecentesca come altri monumenti tra cui la chiesa di San Pedro (altra torre), con annesso Mausoleo de los Amantes (corpi mummificati degli amanti di Teruel , assai celebri localmente). Quanto alla cattedrale, si visita soprattutto a testa in su: a stupire vi è infatti il notevole soffitto mudéjar. Per chi farà il viaggio a luglio è da tener presente la Fiesta del Angel, generalmente alla seconda domenica del mese: è un’occasione assolutamente unica per assistere alla vera follia collettiva che si impossessa di migliaia di aragonesi, ebbri di birra e di sidro, che tra bancarelle, spari di mortaretti e carri allegorici cantano ogni genere di musica (anche il nostro Zucchero!) e ballano per le vie del centro storico.
Di nuovo su strada, svoltando a sinistra ad un bivio lungo l’infinito rettilineo della statale per Zaragoza, tra paesaggi desolati s’imbocca la via per Albarracin. Presto ci s’infila nella gola del Guadalaviar, costeggiando le fresche e alberate sponde del fiume. Giusto all’ingresso del paese, un grande spiazzo erboso sottostante la strada è semplicemente perfetto per la sosta, incorniciato tra le pareti rocciose del vallone. Mentre i bambini ancora combattono sul prato interminabili battaglie alle ultime luci della sera, un’aquila minore sorvola in silenzio il nostro camper e la tenda di un solitario viandante giunto sin qui a cavallo. Il paese è semplicemente un incantesimo, uno dei più belli visti in Spagna. A parte gli inevitabili restauri, ha infatti conservato l’aspetto medioevale nelle case e nei vicoli, e inoltre possiede una scenografica cinta di mura che si inerpica sulle alture adiacenti. Salendovi sul tratto più alto, magari alla mattina presto, le vecchie case appaiono incastonate nella gola rocciosa della sierra in un quadro paesistico praticamente perfetto.Tornati indietro alla strada per Zaragoza, toccando Daroca con le sue mura color terra, si viaggia veloci attraverso un altopiano di campi infiniti di cereali e terra rossa. Un bivio a sinistra segnala la laguna de Gallocanta, il più vasto lago naturale della Spagna, dove nei mesi freddi svernano in concentrazioni spettacolari le gru (fino a 50.000 individui insieme). E alfine eccola, la capitale della regione. Attraversata dal fiume Ebro, già enorme e dal corso pigro, Zaragoza però appare una città abbastanza anonima e dall’aspetto moderno (dopo la guerra d’indipendenza fu ampiamente ricostruita nell’Ottocento). Tutto o quasi si trova nella centrale piazza del Pilar, sconfinata. Al centro vi sorge la Nuestra Señora del Pilar, singolare e monumentale basilica con una curiosa teoria di campanili e cupolette maiolicate. La cattedrale, quella vera, si chiama invece La Seo e sta in fondo alla piazza, dopo un bel monumento al pittore Francisco Goya (1746-1828), nato non lontano da qui a Fuendetodos. Dentro la chiesa, alzate gli occhi ad ammirare le raffinate volte delle navate gotiche. In città si possono visitare qua e là altri monumenti, tra cui la torre mudéjar della chiesa di Santa Maria Magdalena e l’Aljafería, antica dimora dei re moreschi, di età medioevale ma ampiamente rimaneggiata.

Rocce e castelli
Dal capoluogo un’incursione verso ovest conduce, spostandosi lungo l’autostrada A68 per Bilbao o la vicina statale, verso Tarazona. Oltre alla cattedrale della città e al campanile mudéjar, attrae da queste parti una meta d’altro genere e cioè la Sierra del Moncayo: una piccola dorsale montuosa ricca di fauna (soprattutto rapaci: aquile, nibbi e altri) e protetta da un parco regionale. Alle sue pendici sorge pure il monastero di Nuestra Señora de Veruela, eretto dai Cistercensi tra il XII e il XV secolo.
Puntando invece a nord verso i Pirenei, che ormai incombono all’orizzonte, Huesca è l’ultimo dei capoluoghi dove ugualmente visitare numerosi monumenti cittadini. Su un brullo colle alla periferia est s’alza il poderoso Monasterio de Monte Aragon, fondato dai Benedettini nel Mille. Verso il confine catalano c’è poi Alquezar, altro suggestivo paesino cinto da mura poderose e merlate. Il castello più imponente della regione è invece quello di Loarre (orario d’apertura estivo 10/13.30 e 16/19, lunedì chiuso). Colpisce soprattutto la cinta di mura con torri cilindriche, ma il corpo centrale (in restauro) appollaiato su un roccione offre giusto i bei capitelli della chiesa interna. Appena il tempo di riprendere il camper e scendere gli aerei tornanti fino alla pianura che s’incontra uno dei più singolari paesaggi aragonesi. Sono i Mallos dos Riglos, torrioni di arenaria che si alzano alle spalle del paesino di Riglos. Soprattutto al tramonto offrono un colpo d’occhio straordinario e, accanto alle ripide pareti, è quasi impossibile non avvistare i grifoni che vi nidificano a decine e sorvolano spesso anche le piazzole dei bei campeggi di Ayerbe e Loarre. A Riglos il centro informazioni Gipaetus fornisce notizie sugli avvistamenti possibili e sulla rete di sentieri esistenti.
Ancora i grandi uccelli rapaci sono tra i protagonisti della prossima tappa, cioè il monastero di San Juan de la Peña. La stradina per accedervi sale dal paese di Santa Creus de la Seros, dove sorge una bella chiesa romanica e le case hanno curiosi comignoli a forma di cappello. Si sfila col camper davanti alle pareti costellate di nidi di avvoltoi, poi la strada guadagna quota piegando sul versante opposto della valle. E qui conviene fermarsi nelle poche aree di sosta lungo la via, poiché si è vicinissimi ai nidi e si può godere del raro spettacolo dei grifoni – quasi tre metri di apertura alare – che scivolano sotto di noi tuffandosi verso valle. Meno frequenti ma pure presenti altri avvoltoi come il capovaccaio e il più raro gipeto.Proseguendo la salita s’incontra il monastero vecchio, incastonato alla base di una parete, ma col camper occorre obbligatoriamente proseguire ancora per un chilometro e mezzo (poi si scenderà col bus o a piedi). Qui sorge il monastero nuovo, in realtà piuttosto in rovina, che si visita giusto per assistere alla proiezione di un audiovisivo. Il posto è però ugualmente perfetto per sostare, visto che si trova in un’enorme radura a prato circondata dalla pineta, con tanto di tavolini e parcheggio all’ombra. Un piccolo gradevole museo naturalistico segnala che ci troviamo in un’area protetta (monumento natural).
Scendendo lungo una strada solitaria, di grande bellezza, si prosegue per Jaca andando a visitare in particolare la cattedrale. Al suo interno è situato l’interessantissimo museo diocesano, che raccoglie affreschi e statue lignee perlopiù medioevali provenienti dalle chiese della regione.

I Pirenei danno spettacolo
Non si può dire che il parco nazionale di Ordesa sia facilmente accessibile. A Torla, porta principale dell’area protetta sul versante occidentale, la strada è sbarrata poco oltre il paese. E al parcheggio della valle di Ordesa si accede da qualche tempo solo col bus, dove – da notare – non possono salire assolutamente cani e altri animali domestici (accesso consentito negli altri settori del parco, purché al guinzaglio). All’ingresso del paese c’è un parcheggio ampio e a pagamento, dove però è proibito il pernottamento. Nella valle poi vige il numero chiuso: raggiunte le 1.800 persone, l’accesso è vietato e i bus non partono più.
Spettacolare nella sua evidente morfologia glaciale a U, allungata tra verticali pareti rocciose, la valle di Ordesa è un vero e proprio santuario della natura. E lo è dal lontano 1918, allorché la Spagna – terza in Europa, dopo Svezia e Svizzera – istituì i suoi primi parchi nazionali qui e sulla montagna di Covadonga. Una legge successiva, del 1982, ampliò i confini includendo il monte Perdido e la superficie protetta balzò dagli originari 2.100 agli attuali 15.608 ettari. Paesaggi solenni, ghiacciai e torrenti, flora e fauna d’eccezionale rilievo (citiamo almeno camosci e marmotte, gipeti e pernici bianche, stelle alpine e aquilegie) ne fanno una delle aree protette più importanti d’Europa, vista anche la contiguità col parco nazionale francese dei Pirenei, subito oltreconfine.
Chi ha poco tempo da dedicare al parco può limitarsi al versante di Ordesa. All’imbocco della valle (fermata del bus) un vecchio parador rimesso a nuovo ospita un centro visite con museo naturalistico. Dal termine della strada, invece, partono i sentieri per la Cascada de Arripas (2 ore), la Cascada Cola de Caballo (6 ore), il Circo de Cotatuero (4 ore).
Chi ha più tempo potrà invece completare la visita anche alle altre due valli del parco, cioè quella di Anisclo e quella di Pineta. Sulle acrobazie al volante per risalire la prima, e più in generale sul parco, rimandiamo il lettore al servizio di Andrea Innocenti (vedi PleinAir n. 324/325). Quanto alla valle di Pineta, per chi viaggia in camper alla ricerca di tesori naturali è un vero paradiso. La strada la percorre tutta e termina presso il fiume, con un ampio spiazzo e un frugale campeggio (non esiste reception, passa un addetto a ritirare i soldi) all’ingresso del quale si trovano una fontanella per l’acqua e un bar. Presso il parcheggio c’è pure un piccolo centro informazioni del parco. Da qui partono sentieri che risalgono il bosco fino ad affacciarsi sui salti delle cascate, bellissimi e raggiungibili senza troppa fatica. Usciti dal parco, oltre il Tunel de Bielsa è già Francia: e l’Aragona s’allontana in fretta, scendendo un paese dopo l’altro verso l’autostrada.

PleinAir 368 – marzo 2003

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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