Bella e felice

Miniere abbandonate, sabbia dorata, antichi monasteri, mare cristallino, antiche torri elleniche e una deliziosa cucina: in poco più di 70 chilometri quadrati, Sifnos ha davvero tanto da offrire. Un viaggio – naturalmente in camper – alla scoperta dell'isola più genuina delle Cicladi.

Indice dell'itinerario

A dar retta agli storici l’isola di Sifnos, la quarta delle Cicladi Occidentali scendendo dall’Attica, deve il suo nome all’aggettivo greco sifnòs, che significa vuoto: un’etimologia che rimanda alla rete di caverne scavate da uomini di tutte le epoche alla ricerca di metalli preziosi. Ma Sifnos è tutt’altro che vuota: al contrario, offre opportunità straordinarie ai nostri giorni come 2.500 anni fa dava ai suoi abitanti il meglio di sé, tanto da farli considerare, ai tempi di Pausania, i greci più ricchi in assoluto. A Delfi il monumento più sfarzoso e imponente era proprio quello dei Sifni, e leggenda vuole che ogni anno inviassero in dono ad Apollo una sfera d’oro massiccio; ma il progressivo inaridimento della vena aurifera impose una più oculata gestione delle loro ricchezze, tanto che il prezioso omaggio venne sostituito da una semplice sfera di ferro placcata d’oro. Apollo però non la prese bene e per punizione rese sterile tutta l’isola, condannandola a una povertà fino ad allora sconosciuta. Al di là del mito, secondo Erodoto fu un gruppo di pirati provenienti da Samo ad imporre agli abitanti il pagamento di una tassa di guerra così elevata che non riuscirono più a risollevarsi; quando poi il mare inondò la miniera d’oro di Aghios Sostis, l’Eldorado scomparve e con esso le incursioni dall’Egeo, finché dei Sifni ci si ricordò solo per la loro miseria che, ironia della sorte, divenne proverbiale, come ricorda Aristofane.
L’esplorazione del sottosuolo alla ricerca di ferro e l’attività estrattiva continuarono nei secoli per cessare completamente nei primi decenni del ‘900, e il territorio ne porta ancora oggi il segno nelle miniere di Vorini, Aghios Sylvestros, Kapsalos, Faros, Tsigoura e specialmente Aghios Sostis, con la sua impressionante voragine a cielo aperto. Con una buona pila e un po’ di sangue freddo i più avventurosi possono percorrere i cunicoli per qualche decina di metri, finché i primi bivi non invitano a desistere. A dominare, nei pressi, montagne di scorie arrugginite, ormai parte integrante di un paesaggio a tratti quasi lunare.
Ma Sifnos è anche e soprattutto splendido mare: una fine sabbia dorata e fondali trasparenti che digradano lentamente verso il largo sono i tratti caratteristici della maggior parte delle spiagge dell’isola. Per trovare sassi e scogli bisogna percorrere impervie mulattiere o spostarsi via mare: angoli che vanno conquistati, com’è giusto che sia per tutte le cose più belle. Nemmeno l’interno sfugge a questa regola: le strade asfaltate si limitano a collegare i centri abitati più importanti, mentre per ammirare gran parte delle 365 chiese dell’isola non resta che incamminarsi lungo i numerosi sentieri che si intersecano da nord a sud, da est a ovest.
Fra i turisti ateniesi (aumentati da quando il più famoso architetto ellenico, Angelos Angelopoulos, ha dettato qui le nuove tendenze di stile) non è raro imbattersi in chi a Sifnos è giunto per l’eccellenza della sucucina, considerata una delle migliori di tutto il paese anche grazie a Nikos Tselementes (1878-1958), il Pellegrino Artusi dell’Egeo, nato da queste parti e autore di un manuale che quasi ogni massaia greca conserva gelosamente. E così, tra spiagge, sentieri e buona tavola, una vacanza a Sifnos si presenta sotto i migliori auspici.

Aspre rocce del nord
Tutti i traghetti provenienti dal Pireo e dall’arcipelago approdano sul piccolo molo di Kamares, che si slancia nel mare a qualche centinaio di metri dalla bella spiaggia che chiude la baia ad est. L’atmosfera non ha nulla a che vedere con quella tipica dei porti cicladici: niente degrado, niente caos, niente sviluppo disordinato. Kamares è una piacevole e tranquilla cittadina con il breve lungomare affollato di bar e ristoranti e con un piccolo nucleo abitato sulle pendici dei monti a sud, formato prevalentemente da hotel e affittacamere. Sul lato opposto, al termine dell’arenile, si trova il piccolo sobborgo di Aghia Marina, un tempo sede di numerose attività artigiane legate alla lavorazione della terracotta, oggi centro residenziale.
Una passeggiata di un chilometro conduce al promontorio di Kokalas, da cui si può abbracciare con lo sguardo l’intera baia. Le vedute più emozionanti di Kamares sono quelle dall’alto dei rilievi che la chiudono a nord e a sud, raggiungibili con ripidi sentieri: su uno di questi troviamo le miniere di Tsingouras, oggi completamente abbandonate e accessibili a proprio rischio. Siamo poco distanti dal Profitis Ilias, la più elevata cima dell’isola (682 metri), sulla quale venne edificato già nell’VIII secolo il monastero omonimo: non deve sorprendere la struttura, più simile ad un fortilizio che a un edificio religioso, poiché fin dalle origini venne utilizzato come punto di riferimento per le comunicazioni fra le torri di guardia e, all’occorrenza, come rifugio per le comunità attaccate dai pirati. Ciò che si può visitare oggi è comunque frutto dei rifacimenti del XVII secolo, come la chiesa di Aghios Elissaios, il refettorio, le quattordici celle per i monaci e le camere segrete sotto il piano di calpestio. Inutile precisare che da quassù si riesce ad ammirare un panorama a 360 gradi: per salirvi, magari seguendo il più agevole sentiero che parte da Katavati, si può approfittare della più importante festa religiosa dell’isola, il 19 luglio, e della processione che lentamente raggiunge il monastero.
A 5 chilometri da Kamares, distribuito ad anfiteatro lungo i pendii poco scoscesi di tre colli, ecco il capoluogo di Sifnos, Apollonia. Non si pensi alla classica chora di stampo cicladico; si tratta piuttosto dell’unione di insediamenti distinti venuti lentamente ad ampliarsi, tanto che ad un primo colpo d’occhio abbiamo stentato a comprendere la sua reale estensione. E’ qui che abbiamo fatto riferimento per i servizi essenziali, dai supermercati alle poste, dal trasporto pubblico al centro di primo soccorso: tutto si concentra ad Apollonia. Non a caso è considerata anche il fulcro della movida serale insieme al villaggio di Exambela, con numerosi locali che dalle prime ombre della sera accolgono turisti e visitatori fino a notte inoltrata lungo gli intricati vicoletti, quelli sì di tipica atmosfera cicladica. Da visitare, oltre ad alcuni interessanti esempi di architettura sacra, come la chiesa di Panaghia Ouranophora e l’intero quartiere di Varou, c’è il curioso museo del folklore e dell’arte popolare. Una splendida passeggiata porta poi ad Artemonas, dove si va a zonzo ammirando le splendide architetture delle abitazioni. Da non perdere alcuni quartieri: Patsana, Aghios Loukas e Ano Petali, in cui ha sede tra l’altro il più vecchio quotidiano di Grecia, il Sifnos. Il percorso non può dirsi concluso senza l’ultimo strappo sulla sommità della collina dove troneggiano due mulini a vento perfettamente conservati, ora destinati ad ospitare i turisti.
Tre chilometri di strada e si è subito a Kastro, fortezza-villaggio che si erge su uno sperone roccioso a strapiombo sull’Egeo: costruita sulle rovine dell’acropoli della Sifnos classica, si è sviluppata soprattutto all’epoca dei Veneziani (XIV secolo), a cui si devono le mura difensive e il forte sulla sommità della collina. Tra le piazzette e i vicoli ad uso esclusivo dei pedoni spuntano rimarchevoli esempi di architettura urbana medioevale, e anche in questo caso vagare senza meta col naso all’insù può essere il migliore criterio di visita. Due le passeggiate fuori porta: la prima, davvero breve, conduce alla chiesetta degli Eftamartyres, costruita su uno scoglio che si protende verso oriente; la seconda, mezz’ora di cammino in tutto, porta alla chiesa di Panaghia Poulati, dalla quale si gode una splendida vista di Kastro e nei cui pressi si trova la spiaggia rocciosa di Dhialiskari, dalle acque più che trasparenti.
Puntiamo verso nord, fermandoci però 3 chilometri dopo Artemonas per deviare il capo Aghios Sostis: un sentiero ben segnalato (mezz’ora di cammino con buon passo) conduce infatti alle ex miniere d’oro. Nei pressi delle voragini e dei cumuli di ruggine fa bella mostra di sé la chiesetta omonima, in posizione davvero scenografica. Ripresa la strada principale, in una decina di chilometri si giunge a Heronisos, sull’estremità settentrionale dell’isola: il paesino sorge in fondo a una lunga insenatura, ben protetto dal vento che, come il paesaggio circostante suggerisce chiaramente, da queste parti soffia con forza. Microscopica ma splendida la spiaggia, contesa dai tavolini dei ristoranti e dalle barche dei pescatori. Consigliabile, anche se piuttosto lunga, la scarpinata che conduce dal piccolo centro abitato fino a Capo Vroda, sulla sommità del quale sorge la chiesa di Aghios Nikolaos. Rientrando ad Apollonia, una strada sterrata sulla destra sbocca sulle isolate spiaggette di Artimoni e Vroulidia.

Dolci spiagge del sud
Assai più numerose e articolate le offerte balneari della costa meridionale dell’isola. Si comincia da Faros, storico porto dei pescatori locali, poche case e tanto mare per un bel bagno ristoratore. Una prima spiaggia si stende proprio sotto il parcheggio, davanti ad alcuni caratteristici localini, mentre una seconda, Vlichò, si nasconde sul retro dell’abitato, cui si accede attraverso vicoli e scalette. Gli alberi garantiscono ombra a volontà e il mare è tra i più belli dell’isola; da qui parte inoltre un agevole camminamento che in una ventina di minuti conduce direttamente al monastero di Panaghia Chrissopighi. Una terza spiaggia invece si trova più ad est, raggiungibile tramite una deviazione dalla strada che porta a Faros: si tratta di Fasolou, anch’essa caratterizzata da sabbia fine, fondale trasparente e alberi di soccorso; sull’estremità meridionale del promontorio si staglia la sagoma di un faro dal quale è possibile ammirare in tutta la sua bellezza la baia.
Per arrivare a Chrissopighi si può scegliere la passeggiata da Faros o tornare a imboccare la strada per Platys Ghialos: una deviazione sulla sinistra permette di scendere verso il promontorio sul quale svetta il monastero. La chiesa fu edificata nel 1650 sulle rovine di un edificio sacro preesistente e consacrata alla Madonna della Fonte Dorata, patrona dell’isola, festeggiata il giorno dell’Ascensione. A destra e a sinistra due belle spiagge, Apokoftò e Saoures, sulle quali si affacciano come di consueto un paio di ristorantini e svettano numerose piante ad alto fusto, indispensabili per l’ombra. Nei dintorni meritano una sosta il museo d’arte e tradizioni religiose ricavato all’interno del monastero di Kyria Vryssi, edificato nel XVII secolo, e i resti di Aspros Pirgos, una torre di guardia del V secolo a.C. da cui si gode un entusiasmante panorama.
Platys Ghialos, a un tiro di schioppo, è la spiaggia attrezzata più lunga di Sifnos. Gli stabilimenti balneari – definizione forse esagerata – si alternano ad ampi tratti di spiaggia libera sui quali si affacciano con discrezione piccoli luoghi di ristoro. All’estremità orientale la chiesa di Aghia Sofia, vicino alla fonte Vryssiana, presso la quale venne edificato il primo mulino ad acqua dell’isola (oggi sono intuibili solo le rovine). Di fronte è invece la disabitata isola di Kitriani caratterizzata dalla presenza di una sola chiesa, la Panaghia Kipriani: una straordinaria visione d’insieme di questo tratto di costa (e delle Cicladi) si può avere dalla terrazza del monastero di Panaghias Vounou, dove si arriva deviando a destra sulla strada un paio di chilometri prima del bivio per Chrissopighi.
Tornando ad Apollonia e dirigendoci verso Vathì è il caso di fermarsi a visitare l’unico vero sito archeologico dell’isola, l’acropoli di Aghios Andreas. Per raggiungerla ci si deve inerpicare lungo un sentiero ben segnato, al termine del quale ci si troverà di fronte a una poderosa cinta muraria risalente al periodo cicladico; al suo interno gli archeologi hanno portato alla luce le vestigia di un antico villaggio miceneo in cui si riconoscono le fondamenta di otto torri e due porte. La visita è a pagamento, ma anche da lassù abbiamo potuto apprezzare un panorama straordinario.
Si scende quindi fino a Vathì: il centro abitato è chiuso al traffico e bisogna lasciare il mezzo in una sorta di parcheggio poco distante. La lunga spiaggia sabbiosa è dominata dalla chiesa di Taxiarchis, che si spinge sul molo di fronte al piccolo centro abitato a protezione delle barche ormeggiate nei pressi. Anche qui spiaggia libera e ristoranti, per una rilassante giornata al mare. Per un bagno di prima classe, però, non si può perdere l’occasione di immergersi nelle acque cristalline della Baia di Fikiadas, raggiungibile con due sentieri che partono rispettivamente da Vathì (tre quarti d’ora di buon passo) e da Platis Ghialos (un’ora e mezzo circa). La fatica sarà ricompensata da una nuotata indimenticabile in vista di una spiaggia isolata e silenziosa.
Gli appassionati del trekking non mancheranno infine di percorrere in lungo e in largo quell’ampia parte di territorio inserito dalle autorità locali nel progetto di conservazione naturalistica Natura 2000, che si estende dalla spiaggia di Vathì fino alle pendici del Profitis Ilias: ettari di pecore, capre e chiesette.E’ l’ultima conferma della magia di un’isola che, ancora oggi, riesce a resistere alle lusinghe di un facile turismo.

Testo e foto di Gianluca Ricci

PleinAir 443 – Giugno 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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