Balconi di neve

Dalla Sacra di San Michele alle memorie valdesi in Angrogna, dal Colle del Lis alle borgate della Val Sangone, le montagne a pochi chilometri da Torino offrono panorami eccezionali sulla piana, itinerari di natura e di cultura, percorsi escursionistici e impianti a misura di famiglia.

Indice dell'itinerario

Bisogna percorrere 90 chilometri, su strade ingombre di auto la domenica sera e di Tir nei giorni feriali, per raggiungere da Torino le grandi stazioni di sci che ospiteranno i giochi olimpici del 2006. Ma per chi non cerca impianti di risalita o grandi cime e ama muoversi a piedi, la città offre mete invernali assai piacevoli a due passi dall’area urbana: ad appena 25 chilometri in linea d’aria dal centro storico si innalzano vette di 1.600 metri come il Monte Arpone, e vicinissimi sono anche i rami della Val Sangone che nel 1897 videro le evoluzioni dei primi “skiatori” e oggi ospitano le sciovie più prossime al capoluogo piemontese. Con 55 chilometri di strada si arriva invece nella Val d’Angrogna, che ai musei valdesi affianca piccoli rifugi e il panoramico poggio del Colle Vaccera. Tutte queste località sono veri balconi sulla pianura, capaci di offrire vastissimi panorami nelle giornate serene: e così, se la neve dovesse mancare, basterà lasciare le racchette o gli sci da fondo… e calzare le scarpe da trekking.

Il Lis e l’Arpone, passeggiate per tutti
Il rilievo che si apre a quota 1.311 tra la Valle di Viù e la Bassa Valle di Susa, a 40 chilometri da Torino, si raggiunge rapidamente con la strada che sale da Almese sul solatio versante valsusino. Attualmente è chiusa la stazione sciistica per l’inderogabile rifacimento di uno degli skilift e l’installazione di cannoni sparaneve (opere ingenti per le quali si attende l’intervento degli enti locali, i cui contributi hanno però privilegiato le zone olimpiche), ma ciò non toglie che il Colle del Lis resti una meta ideale per i giochi dei bimbi sugli slittini e per brevi escursioni sulla neve, tra luoghi che ricordano molti momenti della guerra partigiana.
Con racchette o sci da fondo si può percorrere lo stradello pianeggiante che si snoda sul versante di Viù. Dal margine del parcheggio sul colle si individua una traccia che va a nord-ovest, tagliando in leggera discesa il pendio, ed entra nel bosco di larici; qui il percorso si fa evidente e si snoda a mezza costa tra gli alberi, con lievi saliscendi, contornando le pendici settentrionali del Monte Arpone. Si trascura un ramo in discesa per continuare fino al bivio presso la fontana Barlot (in genere coperta di neve) dove si abbandona il tracciato pianeggiante per salire con alcuni tornanti alla chiesetta del Colle Portia (1.328 m, 7 km a/r).
Più impegnativa la salita con le racchette (300 m di dislivello) sul Monte Arpone, che richiede neve assestata ma è piacevole anche quando non è innevato grazie al vasto panorama sulla pianura e sulle Valli di Lanzo. Dal parcheggio del Colle del Lis si punta a est, tra le piste degli slittini, continuando sul largo e inclinato costone; in vista di uno sperone si taglia in diagonale sul versante sud tra i larici, per poi svoltare a sinistra (segni bianco-rossi) uscendo su una sella. Si continua sul crinale aggirandone alcune asperità, poi si torna sul versante sud tra rocce rossastre e faggi, da cui si riguadagna con due ripide svolte il crinale, ora meno inclinato, che porta verso un ammasso pietroso. Si passa in una strettoia tra due roccioni, che segna la fine delle difficoltà: il crinale poco inclinato si allarga, tra larici isolati, con un bel panorama sulla pianura, e conduce al punto trigonometrico (1.600 m). Puntando verso nord, alti sulla conca di Val della Torre, si pianeggia alla cima del Monte Arpone (1.603 m, un’ora e mezzo; ritorno sul percorso di salita).

La Sacra di San Michele, simbolo del Piemonte
Proprio di fronte al Colle del Lis, sul versante opposto della Bassa Valle di Susa, si innalza lo sperone del Monte Pirchiriano dalla cui vetta l’abbazia romanica più famosa del Piemonte domina il largo fondovalle. Un punto panoramico eccezionale, raggiungibile con il veicolo percorrendo la strada che da Avigliana va verso Giaveno: appena passato l’istmo fra i due laghi si gira a destra, salendo (attenzione al ghiaccio) a San Pietro e al parcheggio del Colle della Croce Nera. Si prosegue a piedi, sulla stradina che porta ai ruderi detti Sepolcro dei Monaci, e con una rampa si raggiunge l’ingresso della Sacra di San Michele. Lo scenografico Scalone dei Morti scavato nella roccia sale al Portale dello Zodiaco (XII secolo), da cui un’ultima gradinata conduce alla chiesa. Ammirato l’interno, dove si fondono gli stili romanico e gotico, non dimenticate di cercare il Portale dei Monaci che dà accesso a un fantastico terrazzo sulla Val Susa e la pianura, 600 metri più in basso. Alla Sacra si può salire anche a piedi, con la via selciata che parte dal castello di Sant’Ambrogio o con la mulattiera che inizia dalla parrocchiale di Chiusa di San Michele: sono itinerari freddi, data la quota, ma di rado coperti dalla neve e ideali per gli inverni più miti o per l’inizio della primavera.
Dal piazzale della Croce Nera un breve tratto motorizzato porta al Colle Braida (1.007 m), punto di partenza della lunga escursione che si snoda sul crinale fra Val Susa e Val Sangone. A piedi si prende lo stradello che punta a sud, in genere sgombro da neve, e si gira subito a destra per salire a tornanti verso sud-ovest, trascurando le molte diramazioni fino a una cava; qui inizia il tratto più piacevole, che si snoda a saliscendi in prossimità del crinale, fino al Col Bione.

La Val Sangone, dove nacque lo sci italiano
La stessa meta appena descritta si può raggiungere anche con una gita più breve tra le borgate dell’Indiritto (ossia il versante esposto al sole) della Val Sangonetto. Dal Colle Braida si scende con il veicolo a Giaveno e qui si prosegue verso Coazze; tralasciato il ramo più stretto che sale in paese, si continua nel fondovalle fino al bivio di Sangonetto e si prende a destra, salendo a tornanti fino a Marone (956 m, trattoria). Qui giunti, con i camper bisogna andare a destra parcheggiando nel piazzale della chiesa; con le auto si può continuare a sinistra, sulla stradina – piacevole anche a piedi – che sale ripida a Tonda (1.150 m, slargo). A piedi si percorre ora la strada, talvolta innevata, fin quasi a Merlo (1.189 m): prima della borgata si prende lo stradello che fa un tornante a destra e prosegue a mezza costa verso est; dopo mezzo chilometro, prima di aggirare uno sperone panoramico, bisogna individuare a monte della strada una gradinata in pietra (da salire senza racchette). Il sentiero si innalza ripido a tornanti su un costone tra i faggi, poi in diagonale esce alle case inferiori di Girodera, dalle interessanti architetture. Sulla destra delle baite si trova una mulattiera che a mezza costa porta al nucleo principale della borgata (1.400 m), fa due tornanti, prosegue in diagonale e con un ultimo tratto pianeggiante raggiunge la bella chiesetta del Col Bione (1.430 m, un’ora). Dal colle si può continuare sul crinale fino alla Roccia Corba, oppure ci si alza verso ovest, finché si apre il panorama sulla pianura.
Guardando a sud si nota la conformazione della Val Sangone, suddivisa in quattro valloni: quello omonimo, il Sangonetto, il Rocciavrè e la Balma. Un vero ambiente alpino, protetto dal Parco Naturale Orsiera-Rocciavrè, che si innalza fino a 2.700 metri di quota ad appena 40 chilometri dal capoluogo sabaudo. Non a caso queste montagne videro le prime discese di Adolfo Kind, il pioniere dello sci italiano; e nel 1902 il neonato Ski Club Torino stabilì la sua “stazione sociale” a Pra Fieul, un alpeggio della Val Sangone, presso cui la tradizione vuole che si sia svolta la prima informale gara di discesa.
Poco più in alto c’è l’Alpe Colombino, che ha visto nascere quarant’anni fa una vera stazione di sci con impianti che risalivano le pendici dell’Aquila (quota 2.119 a 28 chilometri da Porta Nuova!). Pur chiusi negli anni ’80 gli impianti dello stesso Aquila, la Val Sangone ospita tuttora gli skilift più vicini alla città. Per raggiungerli, dal bivio di Sangonetto si segue la strada principale che costeggiando il Sangone tocca Forno, il santuario della Madonna di Lourdes e termina a Pian Neiretto (1.238 m): una stazione essenziale, ideale per i principianti, con 4 chilometri di piste, uno skilift, un baby e un bar. E per chi si muove con racchette o sci da escursionismo c’è la pista forestale che si stacca dal penultimo tornante prima di Pian Neiretto e risale la Val Sangone: senza pericoli finché sta nel bosco, richiede neve assestata nel tratto finale dove si alza tra i pascoli fino agli alpeggi Sellery inferiore (1.553 m) e superiore (1.726 m, 12 km a/r).

La Val d’Angrogna, in terra valdese
Tra la Val Sangone e Pinerolo si innalzano i panoramici rilievi del Freidour e dei Tre Denti: appena classificati come parco naturale, offrono ambienti ideali per escursioni di mezza stagione e per gli inverni senza neve, ma più impegnativi quando sono innevati.
Meglio allora spingersi più a sud, in Val d’Angrogna, che prossimamente offrirà più facile accesso a Pinerolo e alla Val Pellice grazie alla nuova autostrada, la A55. Superata Luserna San Giovanni si trova adesso una rotonda da cui inizia la strada per la Val d’Angrogna, che si biforca dopo 2 chilometri: diritto si va al capoluogo San Lorenzo, mentre a destra si sale tra boschi e pascoli al Colle Vaccera (1.464 m), bel terreno di gioco per slittini e passeggiate nella neve. A due passi c’è la panoramica sommità del Monte Castelletto, vero balcone sulla pianura e sulle Alpi, mentre i pendii che abbassano a nord permettono discese in neve fresca con racchette o sci da fondo; e dopo la risalita ci si potrà rinfrancare con un pasto al rifugio Vaccera o alla trattoria Mount Servin.
Proprio sul fronte della ricettività la valle offre interessanti sviluppi: a San Lorenzo è stata aperta una locanda, tra le borgate sono nati alcuni bed&breakfast e due piccoli rifugi (aperti nel finesettimana o su prenotazione) sono la meta di piacevoli passeggiate. Per raggiungerli bisogna seguire la strada che da San Lorenzo continua verso Serre e raggiunge il fondovalle al ponte di Chiot d’l’Aiga, unendosi a quella che arriva da Torre Pellice. Dopo un chilometro e mezzo, al primo tornante, si trovano un piccolo parcheggio e l’insegna del rifugio Barfé: a piedi si attraversa il ponte sul torrente (823 m) e si segue lo stradello, spesso percorribile senza racchette, che sale a svolte fino alla struttura (1.200 m, un’ora e 15 minuti).
Per il rifugio Al Sap si continua invece con il veicolo sulla strada di fondovalle che tocca Pradeltorno e termina poco più avanti in un parcheggio (1.015 m). Calzate le racchette, si passa il ponte e si segue la pista che costeggia il torrente fino al secondo tornante: qui, se ci sono già tracce di escursionisti, si segue il sentiero che sale nel bosco toccando Eyssartet e Riaglio, piega a destra e raggiunge la borgata e il sovrastante rifugio (1.480 m, 1.30 ore). Se il sentiero non è battuto conviene seguire la strada che sale lungo la valle con brevi zigzag, a Ceresarea gira a sinistra e arriva a un bivio, dove si continua diritto fino al Sap e al rifugio: bello lo scorcio sulla pianura e fantastiche le stellate per chi sceglie di passarvi la notte.
Prima di tornare in pianura, se non conoscete le borgate di Angrogna ripassate da Serre: il Tempio Valdese, il Museo della Donna, la “passeggiata storica” tra la stele di Chanforan, la scuola-museo degli Odin e la Ghiesa d’la Tana vi ispireranno senz’altro una sosta culturale, perfetto corredo della vacanza nella natura.

PleinAir 390 – gennaio 2005

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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