Atolli di Ferrara

L'oceano ferrarese è una fertile campagna "salvata dalle acque"; ma isole se ne staccano ancora, come un tempo. E sono rifugi di natura, di pace e di... pleinair. Ne abbiamo visitati cinque.

Indice dell'itinerario

Poderose bonifiche hanno restituito buona terra in vaste zone della provincia di Ferrara. Ma il regime controllato delle acque e le tradizioni di caccia non sono bastati ad allontanare l’avifauna. Né soprattutto è mutata la geografia degli insediamenti umani (se si esclude lo scempio della zona di Riviera). L’agglomerato suburbano di case, fabbriche e capannoni, senza soluzione di continuità fra un centro e l’altro, è raro nel Ferrarese. I confini comunali sono resi nitidi da chilometri di campagna, piatta ma non meno suggestiva delle antiche valli di pesca. Luoghi, secondo Cesare Zavattini ”la cui bellezza va letta in orizzontale: una linea di terra, una linea d’acqua, una striscia di bosco, le righe degli argini”. Un territorio da percorrere e da vivere con gli strumenti dell’abitar viaggiando, v.r. più bici in primis. Perciò abbiamo scelto per voi cinque “atolli”, da incrociare lungo le innumerevoli rotte dell’oceano ferrarese.

Le Valli di Ostellato
Sulle antiche sponde prosciugate delle Grandi Valli di Comacchio, da tempo risanate e indirizzate ad uno sviluppo turistico ecosostenibile sono tornate a sostare e nidificare 150 specie di uccelli. Grazie al regime di oasi di protezione faunistica, che comprende le anse vallive tra il grande canale navigabile e quello circondariale, vivono indisturbati l’airone rosso, il germano, la folaga, il martin pescatore; nelle vallette è avviata la reintroduzione e riproduzione della cicogna bianca. E’ permessa la pesca sportiva.
Punto sosta in zona è il complesso “Sorgeva”, con piazzale illuminato, possibilità di noleggio tende e di agricampeggio, servizi igienici; presso il centro si affittano mountain bike, attrezzature per la pesca e strumenti per la nautica leggera. Se la piscina (in funzione d’estate) invita a fermarsi nel complesso, i punti di ascolto e di osservazione invogliano a mettersi alla silenziosa ricerca dell’avifauna protetta e di mandrie di bufali, daini e cervi. Non mancano ristoro agrituristico (pranzi o spuntini con proposte di cucina tipica) e vendita di prodotti di fattoria e pesce fresco. Con l’aiuto di una bicicletta o una canoa, si affrontano i lunghi percorsi ad anello (20 km con la bici, 40 per la nautica: è consentito l’uso di bici e canoa personali). Sul canale navigabile si trova l’attracco delle house-boat, veri e propri camper d’acqua con tutti i servizi per meravigliosi itinerari lungo la campagna in direzione Ferrara (attracco in darsena a due passi dal centro storico), dopo aver attraversato Migliarino, Sabbioncello, Albarea. Suggestivo anche il percorso verso il mare, caratterizzato dal passaggio tra chiuse e ponti mobili, con possibilità di approdo a Comacchio (darsena dei Cappuccini) e Porto Garibaldi (pontili Assonautica). E quando vien la sera… tutti a naso in su: l’osservatorio astronomico (gestito dal Gruppo Astrofili Columbia) è talmente isolato che, nelle notti senza luna, il buio è assoluto.

I casoni di Comacchio
E’ piacevole prendersi un paio d’ore per immergersi nell’atmosfera di questo borgo lagunare, collegato alla terraferma solo nel 1821. Fra i Trepponti (punto di guardia est), la Loggia dei Mercanti e il “canal grande”, si passeggia tra caffè all’aperto dalla genuina impronta paesana, botteghe e pescherie di anguille, cefali, branzini, acquadelle: il tipico pescato delle valli. Ma per conoscere Comacchio non si deve rinunciare all’escursione sulle valli d’acqua, fulcro e volano della potenza storica e commerciale. La città fu importante sede vescovile e centro di floridi commerci, in perenne conflitto con Venezia; la sconfitta e il successivo oblio hanno generato una sorta di isola etnica, testimoniata dalle peculiarità linguistiche del cantilenante dialetto comacchiese. La visita inizia dal Casone Foce, sede del Museo delle Valli, centro di documentazione, osservatorio e mostra permanente storico-ambientale. Da qui una motobarca conduce in laguna attraverso l’unica valle d’acqua praticabile in seguito alle bonifiche, il cui specchio navigabile è delimitato dalle arginature palificate: destinazione i casoni di valle, unico insediamento umano, che emergono sopra minuscole isolette. Queste abitazioni erano anticamente in legno, consolidato con argilla e canna palustre (l’uso della pietra fu introdotto solo nel 1600). In quest’ambiente umido e malsano i pescatori soggiornavano anche per molte settimane, isolati dalle famiglie, mentre il più giovane del gruppo provvedeva a rifornire i compagni di vivande e acqua potabile. Nei pressi dell’imbarcadero Foce la trattoria “Bettolino di Foce”, in un suggestivo casone restaurato, offre la tradizionale anguilla ai ferri o marinata, in brodetto nonché a “becco d’asino”, oppure salata e tagliata a bracciolette.

Argenta e Marmorta, museo di valli e paludi
Il Museo delle Valli di Argenta, allestito nel Casino di Campotto (cascina risalente al ‘700), è il punto ideale per documentarsi sulla natura e sulla storia delle valli prima di procedere all’escursione. Le sale, allestite secondo i più moderni criteri museografici, illustrano le fasi della storia della bonifica, con il definitivo convogliamento nel fiume Reno delle acque morte e di scolo (funzione svolta in tempi antichissimi dal Po di Primaro, in seguito interrato). E ancora una mostra dei prodotti delle valli, una dedicata alla fauna locale e persino una saletta multimediale con immagini e suoni (versi di uccelli, fruscii di canne, sciabordii di acque…) dell’ambiente vallivo.
E’ singolare che un ambiente umido non del tutto naturale (la zona fu parzialmente arginata per adempiere alla funzione di cassa di colmamento per le piene del Reno) abbia oggi un valore naturalistico-ambientale tanto rilevante, come sito obbligato di transito e sosta per gran parte dell’avifauna europea, nonché giardino naturale della flora spontanea igrofila. In escursione guidata, si attraverserà il bosco igrofilo del Traversante (rifugio di lepri e fagiani), tra Vallesanta e Cassa Campotto. Si costeggia quindi l’arginello che separa quest’ultima dalla palude del Bassarone, popolato da centinaia di cormorani che stazionano sugli scheletri dei tronchi semisommersi dalle acque; per finire sulle lunghe passerelle proiettate sopra i tappeti di ninfee della Val Campotto.

PleinAir 414 – settembre 1998

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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