Aspettando il 2000

Come tutti i paesi del Medio Oriente coinvolti nella storia del cristianesimo, la Giordania si prepara in grande stile alle celebrazioni del Giubileo. PleinAir è andata a visitare in anteprima i luoghi che si stanno attrezzando per i pellegrini dell'Anno Santo. Ma anche a scoprire una Giordania diversa da quella dei grandi circuiti turistici.

Indice dell'itinerario

Arriviamo in aereo. Fatta base ad Amman, noleggiata un’auto e ingaggiata una guida, ci ripromettiamo di esplorare per conto dei lettori non soltanto i luoghi sacri per i quali siamo ufficialmente accreditati, ma anche alcune località poco note o del tutto sconosciute al grande turismo.
Date la buona viabilità e le distanze contenute ci bastano escursioni di una giornata, che possiamo organizzare in totale autonomia. Si apprezzano ovunque ordine ed efficienza: strade ben asfaltate, infrastrutture pulite, servizi di trasporto comodi e capillari. Tutte cose che costano, e che perciò rendono il soggiorno in Giordania più caro che nel resto del Medio Oriente.
In compenso, la tradizionale ospitalità araba qui si coniuga una insolita discrezione che mette l’occidentale a suo agio: non esiste neppure la contrattazione negli acquisti (i prezzi delle merci, anche dei souvenir, sono imposti e ben visibili).

Le oasi della Regina.
Tra le motivazioni inedite di un viaggio in Giordania ci incuriosisce l’esistenza di una fondazione voluta dalla regina Noor Hussein per rivitalizzare i costumi tradizionali nei più antichi villaggi beduini. Tre di questi, già completamente restaurati, sono il fiore all’occhiello del progetto, ma non sono ancora entrati nel circuito turistico: li andiamo a vedere, nell’ordine di lontananza dalla capitale.
Kan Zaman (a 20 km, nei pressi dell’aeroporto) è un villaggio ottomano, caratteristico per i manufatti in vetro e per la cucina tipica, da gustare con sottofondo di musica araba in un grande ristorante dai soffitti a volta.
Wadi Sir (25 km a ovest) è invece specializzato in tre diversi settori: la carta da dipingere, la terracotta e la tintura dei tessuti. In più vanta come attrattiva un palazzo ellenistico del IV secolo a.C., costruito con mura ciclopiche di pietra bianca scolpite a bassorilievo.
Dana (a 200 km) si segnala infine per la lavorazione dei monili d’argento ma anche per la magnifica posizione, la produzione ortofrutticola e la riserva naturale in cui è stata inclusa. All’interno di questa vengono protette le specie vegetali e animali autoctone in via di estinzione e si possono percorrere alcuni sentieri trekking segnalati. Servita anche da un campeggio bene attrezzato (è vietato campeggiare liberamente) l’area si può visitare unicamente con il permesso della Royal Society for the Conservation of Nature.

Le terme di Erode.
Un’altra meta “curiosa” ci porta a Zarqa Ma’in, la biblica Callirhoe, a sud-ovest di Ma-daba. In pieno Deserto di Montagna, due cascate e numerose sorgenti di acqua sulfurea squarciano l’arido panorama di rocce con incredibili colori. Qui sorge una beauty farm famosa in tutto il mondo. E’ un complesso termale e alberghiero modernissimo dove si curano malattie reumatiche e respiratorie, ipertensione, artrosi, ma anche stress e patologie estetiche.
Pare che lo stesso Erode il Grande venisse qui a passare le acque. Gli archeologi ritengono che i resti di un palazzo fortificato rinvenuti a Mukawir (circa 40 km a est ripassando per Ma-daba) appartengano proprio alla reggia di Macheronte. Alle rovine, molto suggestive sulla cima di un colle dirupato, si arriva solo a piedi (anche per questo di turisti se ne vedono raramente).
Parcheggiato l’automezzo alla base del rilievo, attrezzati di acqua e buone scarpe si percorre un sentiero segnalato abbastanza agevole. Al ritorno conviene prendere la “diretta” in discesa se si vogliono vedere, oltre ai resti di una strada e di un acquedotto romani, anche le grotte in cui San Giovanni sarebbe stato imprigionato e decapitato.

Il rifugio di Lot.
Ripresa la strada (ottima, malgrado i saliscendi), non lontano da Mukawir si raggiunge Umm Rasas, altra zona di scavi intorno ai resti di un antico borgo cinto da mura, dove si riconoscono una torre bizantina di 15 metri e una chiesa (Santo Stefano) con bei mosaici pavimentali raffiguranti mappe di città. Sono simili a quelli assai più noti di Ma-daba, tuttora insostituibile riferimento per la localizzazione degli insediamenti storici, compreso quello cui ora ci dirigiamo, al confine meridionale del Deserto di Montagna.
Superato il belvedere di Thiban e Hisban (con spettacolari scorci sulla Valle del Giordano) e oltrepassata Kerak, eccoci a Safi, in vista del Mar Morto. Qui gli studiosi ritengono di aver localizzato l’antichissima città di Zoar e la caverna in cui, secondo la Genesi, ripararono Lot e le figlie in fuga. In cima a un colle e raggiungibili per una lunga scalinata, si possono vedere sia la grotta che i ruderi di un monastero bizantino, nonché i resti di alcune abitazioni risalenti al 3000 a.C.

La piccola Petra.
Della grande Petra è stato detto e visto tutto (vedi anche PleinAir n. 304). E non c’è dubbio che si tratti di una meta fascinosa, irrinunciabile per chi visita la Giordania. Ma sul bailamme che il turismo “organizzato” ha saputo in pochi anni creargli intorno non si dirà mai abbastanza male.
C’è però modo di fuggire la calca e di rifarsi: dapprima con Al-Beidha, non più di 8 km verso nord, scavo di una città risalente, come Gerico, a ben 9000 anni fa; quindi con As-Siq al-Barid, un caravanserraglio nabateo tra le rocce meglio conosciuto come “piccola Petra”, ma del tutto ignorato dai turisti. Le analogie, seppure in miniatura, non mancano: ci sono un siq di soli 200 metri, un tempio rupestre, delle tombe e abitazioni ipogee servite da una ingegnosa canalizzazione per la raccolta dell’acqua.

Aronne e poi Lawrence.
Da Petra, un’escursione a piedi piuttosto impegnativa, necessariamente guidata da un accompagnatore abilitato (rivolgersi al Visitor’s Center), conduce in circa 6 ore sulla cima del Monte Hor e alla presunta tomba di Aronne. Proprio lì, ogni anno, per la Festa del Sacrificio che celebra la fine del pellegrinaggio alla Mecca, i beduini musulmani immolano un animale e si riallacciano idealmente alle storie del Vecchio Testamento.
Ma il Wadi Rum, il deserto rosso che dalle falde del monte si allontana a perdita d’occhio, serba anche storie moderne come quella del leggendario Lawrence d’Arabia. Se ne possono ripercorrere le tracce in fuoristrada, in cammello e a piedi, partendo dalla rest-house: un’autentica stazione di posta sulla strada per Al A-qabah, a circa 100 km da Petra, con campeggio, ristorante e bazar; guide beduine, veicoli e animali a noleggio sono pronti a soddisfare qualsiasi programma. Da vedere sono le sorgenti d’acqua tra cui quella dedicata al colonnello inglese, le iscrizioni nabatee e le incisioni rupestri dello Jebel Khazali, un raro esempio di arte thaumudica e cufica protetto da una vertiginosa gola.

PleinAir 320 – marzo 1999

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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