Arcobaleno alpino

Nelle valli a nord di Aosta la stagione della neve è anche quella in cui si svolge un coloratissimo Carnevale itinerante, con sfilate che coinvolgono numerose località mescolando il folklore contadino con le memorie di una campagna militare napoleonica.

Indice dell'itinerario

Per migliaia di anni la Valle del Gran San Bernardo costrinse pellegrini, mercanti ed eserciti ad affrontare il “terrifico passo” per raggiungere la nostra penisola o per spostarsi al di là delle Alpi. All’inizio del XIX secolo le truppe napoleoniche valicarono la grande catena montuosa per andare a sconfiggere gli Austriaci due volte in pochi giorni, prima a Montebello e poi a Marengo, e nelle valli valdostane il passaggio dell’armata francese non rimase indimenticato: 60.000 uomini, 3.500 cavalli e una cinquantina di pezzi d’artiglieria costituivano una carovana per la quale salire al Colle del Gran San Bernardo non era certo un’impresa facile. Ma quando i suoi generali gli consigliarono di desistere, Napoleone rispose di voler osare l’impossibile: il Primo Console aveva ragione, e se qualcuno lo accolse come pericoloso nemico della Chiesa, tanti altri lo acclamarono come l’uomo che avrebbe tradotto oltralpe la Rivoluzione Francese. La zona che comprende la conca del noto traforo e la Valpelline è battuta da venti così gelidi da averle fatto guadagnare il soprannome di Coumba Freida, appellativo che certamente contrasta con il calore della passione che i valligiani mettono nell’organizzare le coloratissime manifestazioni del mese di febbraio. Dei Carnevali della zona si ha traccia fin dal 1467, grazie a un messaggio scritto dal parroco di Saint-Rhémy-en-Bosses al vescovo di Aosta: il buon pastore d’anime era assai preoccupato dalla presenza di uomini in maschera, con tanto di corna demoniache, i quali si aggiravano nelle borgate agitando campanacci e terrorizzando donne e bambini. Oggi come allora quei costumi, simbolo di credenze più antiche alle quali si è sommata la memoria dell’impresa napoleonica, vengono indossati per far festa, e la maschera più importante è certamente la Landzetta, una specie di uniforme militare munita di un campanellone, il gorgoillon, e ricamata a motivi floreali illuminati da lustrini e perline, a indicare il risveglio della bella stagione. Invece di brandire la spada, però, queste figure sventolano una lunga coda di cavallo per produrre l’aria nuova scacciando quella vecchia o, più semplicemente, per scherzare con le persone che incontrano. Anche cappelli e giacche sono spesso ricoperti di specchietti, come per catturare e riflettere i raggi del nuovo sole dopo i freddi mesi invernali. Le sfilate si tengono, oltre che a Saint-Rhémy-en-Bosses, nei vicini paesi di Allein, Bionaz, Doues, Etroubles, Gignod, Ollomont, Roisan, Saint-Oyen e Valpelline: tutti concorrono a tenere viva la tradizione del Carnevale storico della Coumba Freida, che proprio nella partecipazione popolare dei singoli centri abitati trova uno degli aspetti più interessanti per il turista che vi partecipa. Ogni località si differenzia leggermente dalle altre per le maschere che prendono parte alle manifestazioni e per le date stesse in cui si svolgono, cosa che permette al visitatore (giunto magari in Valle d’Aosta per un weekend o una settimana sugli sci) di assistere a più d’una sfilata. Uno degli ultimi paesi a festeggiare il Carnevale  è proprio Saint-Rhémy-en-Bosses, che deve la sua notorietà anche al saporito prosciutto DOP: un’autentica rarità gastronomica di cui i bossoleins vanno molto fieri. La storia di questo pregiato salume è molto antica e pare risalga addirittura ai Romani, che amavano la carne di maiale e che trovarono in queste zone un interesse in più oltre alla necessità di controllare l’importante valico. In realtà la prima testimonianza certa della produzione del prosciutto è della fine del XIV secolo, ma Saint-Rhémy ha davvero un’origine romana: con il nome di Eudracinum, fu fondata come mansio di controllo della strada che scavalcava le Alpi, e cambiò nome in onore del santo che fu vescovo di Reims fra il V e il VI secolo. La seconda parte del toponimo deriva invece da un abitato sorto in corrispondenza della domus di tale Baucius, da cui il medioevale Bocza e l’attuale Bosses. Dopo la funzione religiosa della domenica le maschere partono per un corteo che a più riprese, fino al pomeriggio del Martedì Grasso, le condurrà tra il borgo antico e le varie frazioni; tempo permettendo, si sale addirittura al Crévacol, l’assolato comprensorio sciistico che sovrasta l’abitato principale. Il Carnevale della Coumba Freida è aperto da Napoleone a cavallo, con tanto di cappellone, seguito dalla cosiddetta Guida, un baffuto signore con gli occhiali che porta lo stendardo della manifestazione: è lui che fa da capogruppo, e in effetti dà subito l’impressione di sentirsi investito di una grande considerazione. Subito dopo sfilano i Joueurs, i suonatori, che al ritmo delle fisarmoniche accompagnano festosamente il corteo, scompigliato dalla presenza di un Diavolo rigorosamente avvolto in un mantello scarlatto e impegnato a dare la caccia a chiunque capiti a tiro del suo minaccioso forcone. La mefistofelica figura non è però l’unica a terrorizzare i protagonisti e gli spettatori della festa: uno strampalato Orso dall’andatura dondolante viene tenuto a bada da un provetto Domatore, che all’occorrenza riesce a placarne la bellicosità. Maschere che evidentemente rappresentano una natura sfavorevole con cui l’uomo deve fare i conti; ma le condizioni climatiche migliorano con l’arrivo della primavera, e con essa la vita è più facile. Per questo la coreografia prevede l’arrivo di mascre nere, seguite da altre di colore bianco e poi di tanti colori, ad annunciare la bella stagione. Impossibile non notare, fra i tanti costumi, i vivaci vestiti degli Arlequins e gli eleganti abiti delle Demoiselles, che indossano grandi cappelli a motivi floreali; fra le coppie spiccano certamente il Toque e la Tocca, due anziani che sembrano volersi prendere gioco degli sposini più giovani. Non mancano infine due personaggi che, come in ogni Carnevale che si rispetti, simboleggiano due indiscusse autorità: il Dottore, pronto a curare chi si dovesse sentire poco bene, e il Curato, che probabilmente serve a rassicurare chi dovesse avere dubbi di carattere spirituale. Le maschere della Coumba Freida prendono parte anche ad altre manifestazioni carnevalesche di grande respiro, com’è ormai abitudine del moderno folklore esportato in chiave turistica: ma forse la dimensione giusta è proprio questa, tra borgate alpine di poche centinaia di abitanti, che mettono in scena il mondo alla rovescia prima di tutto per il proprio divertimento e che, in allegro corteo, vanno a bussare alle porte di chi è rimasto al calduccio davanti al camino per portare a tutti la gioia e il colore della primavera ormai vicina

Testo e foto di Paolo Ferrari Ha collaborato Iacopo Sequi

PleinAir 463 – febbraio 2011

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio