Amor di patria

Dai forti (o ciò che ne resta) dello Sbarramento Brenta Cismon fino al Monte Grappa e a Bassano, un breve ma denso itinerario ripercorre alcuni dei luoghi cruciali della Prima Guerra Mondiale, con il giusto intermezzo di cultura e natura lungo le rive del Brenta.

Indice dell'itinerario

La statale 47 della Valsugana, che collega Padova a Trento, poco oltre Bassano e fino a Primolano (dove incrocia la 50bis proveniente da Feltre) corre lungo un tratto del fiume Brenta così serrato tra il massiccio del Grappa e l’altopiano di Asiago da essere spesso indicato con il nome di Canale di Brenta. La Grande Guerra è certamente l’evento storico a cui maggiormente è legato il filo della memoria in queste terre, ma le ricche valenze ambientali, paesaggistiche e culturali del territorio permettono di tracciare un itinerario dagli ampi motivi di interesse. Date le modeste distanze, tutto è a portata di mano: e sebbene questa sia una zona turisticamente molto apprezzata, non manca l’occasione di sorprendersi con mete insolite o quasi inedite.

Il covolo del Butistone
Il covolo del Butistone

Nel punto più stretto della valle, per cominciare, la carreggiata est della superstrada consente di fermarsi non lontano da Cismon del Grappa al parcheggio del Covolo di Butistone, profonda cavità nel mezzo della parete rocciosa anticamente utilizzata per interdire il passaggio delle soldatesche. Vecchie incisioni mostrano addirittura un castello edificato all’interno del vasto e inaccessibile antro, nel quale solo un argano permetteva di issare persone e merci per i 50 metri di liscia parete che lo dividevano dalla strada (oggi una scala esterna in legno e ferro ne rende possibile la visita). Il rinvenimento di una moneta dell’imperatore Aureliano è il possibile indizio di una frequentazione del Covolo in epoca romana, ma la prima testimonianza della sua fortificazione risale al 1004, quando un’avanguardia del sovrano tedesco Enrico II che scendeva in Italia per spodestare Arduino II d’Ivrea venne bloccata dalla guarnigione che controllava il fondovalle. La postazione aveva però un suo punto debole, come scoprì il comandante del drappello inviato da Enrico in avanscoperta: ispezionando le opposte pendici della gola, riuscì infatti a salire su un alto ciglio dal quale gli arcieri poterono mettere sotto tiro gli armati appostati all’ingresso del Covolo. Da quel momento fu chiaro che era indispensabile – ancor più con l’invenzione delle armi da fuoco – avere il controllo del luogo dal quale si poteva bersagliare la grotta, e dove fu eretta a tale scopo una fortificazione accessoria. Il passaggio, inoltre, offrì sin dal Medioevo una rendita non trascurabile, poiché vi sorgeva un casello daziario i cui battenti si aprivano solo dopo aver pagato il pedaggio stabilito dal signore dell’epoca.

L’interno della cavità include una sorta di piano nobile con murature merlate, feritoie inclinate verso la strada, qualche resto di affreschi e una cappellina dedicata a San Giovanni per il fatto che il 24 giugno un raggio di sole riesce a lambirne l’altare. Altri vani sono disposti su più livelli collegati da gradini e comprendono tra l’altro una cisterna di pura acqua sorgiva, il forno, la prigione, il locale polveri e un vasto ambiente scalpellato in roccia, con soppalchi che ne consentivano l’uso come dormitorio per una numerosa guarnigione. Qui va ricordato che durante la prima Guerra Mondiale la grotta trovò come polveriera la sua ultima destinazione militare, impiego coerente con la creazione dello Sbarramento Brenta Cismon che incontreremo più avanti.

 

Vicende di guerra

Il Municipio di Arsiè
Il Municipio di Arsiè

Qualche chilometro oltre il Covolo, la deviazione per una moderna galleria di 3 chilometri conduce al morbido e accogliente versante di Arsiè, affacciata sul lago artificiale del Corlo. Da qui proveniva la famiglia di Arnaldo Fusinato, scrittore e patriota appassionato che partecipò nel 1849 alla difesa di Venezia (suoi i celebri versi il morbo infuria | il pan ci manca | sul ponte sventola | bandiera bianca ). La terza domenica di ottobre si svolge in paese la Fiera delle Anime, una delle più antiche del circondario e tuttora assai frequentata, che deve il nome al fatto di essere nata come ricorrenza religiosa: già tra il XVI e il XVII secolo riuniva per la visita ai defunti gli arsedesi lontani dal centro, concedendo loro speciali indulgenze.
Basi ideali per la visita dei dintorni sono due campeggi posti proprio in riva al lago del Corlo, lungo il quale si sviluppa un percorso pedonale. Nelle acque limpide e calme è possibile fare il bagno, mentre un piccolo natante a remi permette di esplorare gli invitanti anfratti delle sponde. Sicuramente adatta alla bici, anche per il poco traffico, la strada asfaltata che dai campeggi arriva alla piccola diga e, volendo, anche più avanti: vi si incontra la frazione di Rocca, dove negli anni ’50 la creazione del bacino sommerse buona parte degli edifici (della chiesa venne risparmiato il solo campanile, tuttora visibile lungo la riva). Poco oltre l’abitato, lo stretto ponte dedicato alla Vittoria del 1918 è punto di partenza dei diversi sentieri che risalgono la sponda opposta. Giunti alla diga, accanto alla quale si apre la stretta e selvaggia forra creata dal Cismon, si noterà come la barriera stessa finisca in un piccolo traforo: si tratta del solo accesso rotabile a Corlo, le cui poche case si ripopolano oggi solo d’estate.

Fra i motivi che richiamano il visitatore in questo lembo di Veneto ci sono i resti della serie di fortilizi, costruiti agli inizi del ‘900, che dalle due valli coinvolte prese l’appellativo di Sbarramento Brenta Cismon. Situati in posizioni strategiche, i forti o ciò che ne resta permettono di godere di posizioni spesso panoramiche: così avviene per quello di Cima Campo noto anche come Forte Leone, ora in corso di restauro con fondi comunali ed europei per trasformarsi in centro culturale ed espositivo. Dalla piazza di Arsiè una vecchia e poco frequentata stradina militare sale agli oltre 1.500 metri di Cima Campo passando per le frazioni di Mellame e Rivai (il raro caso di incrocio con un altro veicolo potrebbe richiedere a un camper brevi retromarce fino a raggiungere una possibilità di scambio). Lungo il percorso, a Col Perer, una strada bianca sale al Forte di Cima Lan, ridotto però solo a qualche rudere nascosto dalla vegetazione, mentre sono state ripristinate un’antica caserma e l’abitazione del comandante. Più in quota si incontrano malghe dove in estate si producono burro e formaggi, oltre al ristorante Cima Campo che serve ottima cucina locale.

Una volta giunti al Forte Leone – dove non mancano spazi per la sosta, tanto che qualche anno fa vi si è tenuto un raduno di camperisti – se ne apprezza la lunga facciata su due livelli in discreto stato di conservazione, specialmente dopo la prima fase dei lavori. Il presidio più importante e meglio armato dello Sbarramento fu costruito tra il 1906 e il 1912 proprio al confine del Regno d’Italia con l’Impero Austroungarico (il quale tuttavia possedeva già molto prima della guerra le dettagliate planimetrie di questo e di altri fortilizi, avendo infiltrato propri agenti tra gli operai addetti alla costruzione).Nel fabbricato tutti gli ambienti e le attrezzature rispondevano alle diverse esigenze belliche e alla vita di una numerosa guarnigione, ma nella prima parte del conflitto lo Sbarramento non ebbe molte occasioni di essere utilizzato con profitto, essendo stato concepito per ostacolare un attacco dal corridoio della Valsugana: le postazioni austriache, invece, erano arretrate su siti protetti non raggiungibili dai tiri delle nostre artiglierie stanziali, tanto che venne deciso di smantellare e di trasportare altrove alcune delle batterie di fuoco rimaste inoperose. A metà del 1916, durante la spedizione punitiva del feldmaresciallo Conrad e i sanguinosi scontri sull’altopiano dei Sette Comuni, le ultime due artiglierie ancora a Forte Leone svolsero in verità un efficace collaudo bersagliando sul fianco da una distanza di 10 chilometri le brigate da montagna austriache, e intervennero ancora in appoggio di Alpini e Bersaglieri nella controffensiva sui Sette Comuni. Un pezzo finì però con l’esplodere a causa del surriscaldamento e dopo pochi giorni il forte veniva privato anche del suo ultimo Armstrong 149-35, sostituito – come gli altri cinque – da un tronco d’abete dipinto di nero e inserito al posto del cannone mancante nella speranza di ingannare il nemico. Nessuno avrebbe pensato che il forte potesse più avere qualche ruolo: ma nell’ottobre del 1917, dopo lo sfondamento di Caporetto, gli Alpini che ancora presidiavano Cima Campo contribuirono a frenare l’avanzata austriaca che esponeva le truppe italiane all’accerchiamento e alla cattura. A differenza che nelle altre postazioni dello Sbarramento, qui mancò il tempo per far saltare l’edificio: una ventina di Alpini riuscirono tuttavia, col nemico già in casa, a eclissarsi con il favore della notte giù per la montagna. Tra loro vi fu chi, solo qualche settimana dopo, avrebbe guadagnato la medaglia d’oro (purtroppo alla memoria) nella prima decisiva fase della resistenza sul Grappa.

la Tagliata della Scala
la Tagliata della Scala

I resti di un altro forte, avvicinabile anche in bici dalla nostra base, si trovano sulla vecchia strada per Primolano, una quindicina di chilometri da Arsié fra andata e ritorno. La Tagliata della Scala, eretta a fine ‘800, sorvegliava una sezione della sottostante Valsugana ma copriva anche una sezione della strada su cui sorgeva, interdicendo così il transito dalla valle verso l’interno (le tagliate, di antica concezione, erano caratterizzate proprio dal fatto di tagliare una strada vincolando il passaggio sotto un arco munito di portoni, come in questo caso).

 

Giorni cruciali

La strada che da Seren del Grappa sale in cima alla montagna
La strada che da Seren del Grappa sale in cima alla montagna

E’ ora giunto il momento di salire al Grappa, il caposaldo su cui fece perno la nostra linea difensiva in attesa della riscossa arrivata negli ultimi mesi del 1918. Alla sommità si arriva d’abitudine da Bassano del Grappa (che visiteremo più avanti) sulla Strada Cadorna: in quest’occasione abbiamo deciso invece di provare il percorso da Seren del Grappa, a pochi chilometri da Arsiè, che nell’ultimo tratto in quota si innesta oggi su quello da Bassano. Un po’ più lungo dell’altro, fu tracciato dagli Austriaci nel 1917 e si svolge per crinali piuttosto che su tornanti, anche se rispetto alla Cadorna presenta tratti più angusti che possono creare difficoltà nell’incontro con altri veicoli, pur restando poco trafficata. In paese si può visitare un museo che, oltre ad oggetti personali rinvenuti nelle trincee, descrive una visuale degli eventi di parte austriaca con immagini ottenute dall’Archivio di Stato e dal Museo della Guerra di Vienna.

Arrivando sul Monte Grappa un primo parcheggio si trova accanto al Museo della Guerra, alloggiato in quella che fu all’epoca la Caserma Milano. Dallo slargo è in parte visitabile anche la Galleria Vittorio Emanuele III, opera dura quanto lungimirante realizzata dopo Caporetto mentre la montagna era già contesa tra le due armate: scavata sotto il costone di Cima Grappa, si allunga per un chilometro e mezzo ma arriva a 5 considerando le ramificazioni alle diverse batterie, ai punti d’osservazione e agli sbocchi per sortite, con accesso libero e ben gestito dai militari. L’ultima parte della strada conduce, subito dopo un imponente rifugio, a un adeguato piazzale di parcheggio dal quale si perviene ai due sacrari di liscia pietra del Grappa dove riposano oltre 12.000 soldati italiani e 10.000 austriaci. Per raggiungere il monumento dedicato alle nostre truppe si passa accanto a una serie di cippi che riportano i nomi delle località ove si svolsero i principali scontri del massiccio; a un’estremità si trova il Portale Roma con una terrazza dall’ampio panorama e un plastico in bronzo per identificare le montagne che furono teatro delle operazioni. Chi voglia scendere direttamente a Bassano leggerà invece a Ponte San Lorenzo, già sul versante meridionale del Grappa, la lapide che ricorda il punto più avanzato raggiunto dagli austriaci (era il 15 giugno 1918, battaglia del Solstizio).
Tornati ad Arsiè e poi alla superstrada della Valbrenta in direzione Bassano, al primo parcheggio con bar e ristorante incontriamo le murature del Forte Tombion, postazione di fondovalle che appartenne anch’essa allo Sbarramento Brenta Cismon.

Valstagna; il Leone di San Marco, ricorda lo stretto legame con la Repubblica di Venezia
Valstagna; il Leone di San Marco, ricorda lo stretto legame con la Repubblica di Venezia

Più avanti, dove la strada disegna un netto gomito, scegliamo il ponte di Valstagna per portarci sulla vecchia rotabile che percorre la riva destra del Brenta. Il paese, di aspetto decisamente gradevole, vive con il fiume una simbiosi di antica data: sul vecchio Municipio, il Leone di San Marco (che poggia la zampa su un libro aperto anziché chiuso ad indicare l’esenzione fiscale concessa dalla città dei Dogi) ricorda il forte legame con Venezia, riconoscente per i preziosi tronchi che gli zattieri locali facevano fluitare sulle acque fino in Laguna. Dai boschi dell’altopiano di Asiago il legname giungeva a Valstagna con l’ausilio della Calà del Sasso, un sentiero a scalini (sono ben 4.444, percorribili a piedi in circa 2 ore e mezzo superando un dislivello di 700 metri) affiancato da una cunetta rivestita in pietra liscia per meglio indirizzare i tronchi. Il duro lavoro degli zattieri è invece ricordato dal Palio delle Zattere, che si disputa tra i borghi del fiume l’ultima domenica di luglio. Interessante a Palazzo Poli il Museo Etnografico Canal di Brenta che riserva spazio anche alla coltivazione del tabacco, la quale veniva praticata rubando faticosamente spazi alle ripide alture proprio come si faceva altrove per le vigne. Ma oggi questo tratto del Brenta offre altre importanti occasioni di sosta anche con il rafting, la canoa e le proposte didattiche del Valbrenta Team, cui si deve anche la recente creazione a Valstagna di un’area di sosta per camper prossima a un ottimale punto di varo per piccoli natanti. Un paio di chilometri a sud, Oliero merita la sosta (il parcheggio è adatto anche ai camper) per la grotta in cui sbocca l’omonimo corso d’acqua, parzialmente visitabile in barca per ammirarne le belle concrezioni, ma c’è anche un sentiero natura che si inoltra fra pendici montane avvolte da una densa e incantevole vegetazione.

Pochi chilometri ci separano ormai dal ponte sul Brenta che dalla secondaria ci porterà a Bassano del Grappa, ma ecco lungo strada ancora un paio di tappe interessanti. A Campese un viale di cipressi prelude al monastero di Santa Croce, fondato nel XII secolo da un cluniacense di ritorno dalla Terrasanta: chi ricorda gli straordinari versi in italiano maccheronico di Merlin Cocai, alias Teofilo Folengo, sappia che nella chiesa si trovano le sue spoglie e il busto che lo raffigura. Qui morì infatti nel 1544 il monaco autore del Baldus, piccolo capolavoro del bello spirito che valica senza complessi i confini tra italiano e latino, con svolazzi veneti. Ormai quasi alle porte della nostra ultima meta incontriamo Villa Angarano Bianchi Michiel, nella sua impostazione agricolo-residenziale tuttora mantenuta: fu pensata dal Palladio nel 1548 per il conte Giacomo Angarano, con cui manteneva stretti rapporti d’amicizia, ma di ciò che oggi si vede sono riferibili al celebre architetto solo le sobrie barchesse laterali che affiancavano un edificio preesistente, reimpostato agli inizi del ‘700 in forme piuttosto adorne.

 

Una città da scoprire

Il Ponte degli Alpini a Bassano
Il Ponte degli Alpini a Bassano

Allo sbocco in pianura del Canale del Brenta e dunque su un naturale percorso di traffici e culture fra Alpi e Adriatico, in pianura ma alla soglia dei monti, ricco delle acque correnti del limpido Brenta dal quale avrebbe avuto approdo ed energia idraulica. Un sito privilegiato, insomma, quello di Bassano del Grappa: e le coordinate che abbiamo indicato sono più o meno quelle del punto in cui nel Medioevo nacque il primo nucleo, che si pensa abbia preso il nome – la centuriazione romana è ancora identificabile – da un latifondo della gens Bassia.

Una comoda opportunità di sosta – temporaneamente chiusa al momento del nostro sopralluogo – è l’area attrezzata Gerosa, distante circa un chilometro dal centro storico al quale è collegata dalle frequenti corse di un bus navetta; sul posto, giungendo dalla vecchia via di Campese come nel nostro caso, si arriva passando il Ponte Nuovo, girando subito a destra in Piazza Cadorna e proseguendo diritto. In alternativa i camperisti ricorrono spesso al parcheggio di Santa Caterina, adiacente al bel parco dedicato ai Ragazzi del ’99 e solitamente prodigo di spazi, con la parziale eccezione dei giorni di mercato; per arrivare sul posto il riferimento più funzionale resta il monumento al Maresciallo Giardino, accanto al quale infilare la Porta delle Grazie per scendere poi al parcheggio. La porta, della metà del ‘500, si apre sotto una delle torri che scandivano la cerchia delle mura trecentesche e si affaccia sul panoramico Viale dei Martiri, a ricordo dell’eccidio di partigiani uccisi dai nazifascisti nel settembre 1944.
Scegliendo dunque il Parco di Santa Caterina come base per la visita e guardando il verde declivio sovrastante, la scorciatoia più conveniente è il sentiero che sale verso destra: in questo modo si è subito nella parte antica, a Piazzetta Zaine, da cui raggiungere in breve il Terraglio, la piazza antistante il complesso di chiesa e castello costruiti fra il 1100 e il 1200. Le trasformazioni avvenute nei secoli molto hanno cambiato, anche per il duomo che adottò come campanile il mastio del castello stesso. Accanto al portale sul Terraglio spicca la torre di Ser Ivano di Mondino, un capomasnada degli Ezzelini, tra i quali si ricorda per spietatezza Ezzelino III il Tiranno, ultimo della famiglia nel 1259.

Anche se in genere abbastanza autonoma, Bassano appartenne, oltre che agli Ezzelini, anche a Vicenza, agli Scaligeri di Verona, ai Carraresi di Padova e al milanese Gian Galeazzo Visconti fino al 1402, cui seguirono i quattro secoli di presenza veneziana conclusa dall’arrivo di Napoleone. Signori e signorotti del Medioevo non guardavano in faccia a nessuno se si trattava di nuocere spietatamente ai propri nemici: prima di lasciare il Veneto, ad esempio, proprio il Visconti fece il possibile per deviare verso ovest il Brenta erigendo una diga a nord di Bassano, in modo da togliere acqua agli odiati padovani, anche se a prezzo di allagare le campagne e allontanare evidentemente dal fiume la stessa Bassano. Fu solo un caso fortunato se, al momento giusto, una furibonda piena del fiume mandò a monte la devastante operazione.
Dal Terraglio, discendendo brevemente Via Matteotti, ci sarà modo di dare un’occhiata al cortile dell’antico Palazzo Pretorio, con la sua scala esterna. L’adiacente chiesetta della Madonna del Patrocinio, oggi dismessa, è un documento barocco del periodo veneziano. Risalendo ad incrociare Via Gamba, da percorrere sino al fiume, in Via Ferracina potremo goderci la vista del simbolo di Bassano, il famoso ponte coperto, ricordato già nel XIII secolo e che fino al 1907 fu per lungo tratto l’unico collegamento fra le sponde del Brenta. Ricostruito una decina di volte a causa di piene e guerre, la sua riedificazione in pietra nel 1524 mostrò, con la piena che lo travolse dopo pochissimi anni, che l’elasticità del legno rimaneva insostituibile: il ripristino più duraturo fu appunto quello in legno del 1567 affidato al Palladio. Una tappa assolutamente da non mancare è la Grapperia Nardini, vetusto locale storico che appartiene oggi alla settima generazione della famiglia. All’interno i banchi sono quelli in legno delle origini, e così pure i recipienti in rame sulle scansie, l’insegna e lo scalino consumato dall’ingresso di milioni di avventori passati di qui fin dal 1779: in quell’anno Bortolo Nardini venne dal Trentino, ricco quasi solo del suo mestiere, a distillare vinacce e a vendere grappe proprio qui, nel locale all’imboccatura orientale del ponte di Bassano. Si consuma di solito al banco, ma potendo sedersi a uno dei sette tavolini della piccola sala se ne apprezzerà con maggior calma l’atmosfera.

 

 

Bevanda aromatica

Scorcio del centro storico di Bassano
Scorcio del centro storico di Bassano

Che Bassano sia una piccola capitale dell’aromatica bevanda lo conferma a breve distanza, all’angolo del palazzetto del ‘500 con cui termina Via Gamba, il Museo della Grappa creato da un’altra distilleria, la Poli, attiva soltanto (si fa per dire) dal 1898: l’istruttiva collezione, tra alambicchi e vecchi testi, include un editto veneziano riguardante l’Arte dell’Acqua Vita, la cui corporazione risaliva al 1601. Guardando verso nord dalle finestrature del ponte si inquadra la dorsale del Grappa, visione in carattere con un altro museo, quello degli Alpini, ospitato nell’accogliente mescita al termine del ponte sulla sponda del rione di Angarano: il forte legame del corpo con Bassano è stato ulteriormente sancito dall’ultima edizione dell’annuale Adunata delle Penne Nere svoltasi poche settimane fa, lo scorso maggio. Nel 2008, inoltre, ricorre il sessantesimo anniversario dall’ultima ricostruzione del ponte dopo la fine degli eventi bellici, opera che vide la definitiva assegnazione del nome di Ponte degli Alpini anche in omaggio alla loro partecipazione all’opera.

Scorcio del centro storico di Bassano
Scorcio del centro storico di Bassano

Ripresa verso sud Via Ferracina ecco affacciarsi sul fiume Palazzo Sturm, in parte settecentesco, nel quale si notano alcuni ambienti elegantemente affrescati. L’edificio ospita il Museo della Ceramica, attività di rilievo a Bassano nel corso del ‘600 e nella prima parte del ‘700: alle produzioni di artisti locali si aggiungono acquisizioni e doni successivi, concorrendo alla varietà di un panorama espositivo che è un vero piacere dello sguardo. Sempre a Palazzo Sturm è stato inaugurato di recente il Museo Remondini, che illustra l’arte della stampa e dell’incisione tra il ‘700 e l’800 attraverso documenti, stampe eleganti e popolari, elaborate carte da parati in xilografia e molto altro ancora. Nelle Case Remondini, i cui lunghi portici fronteggiano la chiesa di San Giovanni, risiedeva la famiglia che dal XVII al XIX secolo diede vita a uno straordinario fenomeno editoriale, arrivando a diffondere i propri prodotti addirittura a San Pietroburgo e in America Latina: abbecedari, poemi cavallereschi, atlanti, carte da gioco, calendari, santini devozionali e un’infinità di altre pubblicazioni in un gran numero di lingue. Il patrimonio aziendale giunse a comprendere scuole di grafica e di calcografia, diciotto torchi tipografici, quattro cartiere e una folta rete di venditori, arrivando ad impiegare nella sola Bassano un migliaio di dipendenti.

La Torre Civica a Bassano
La Torre Civica a Bassano

A valle di Palazzo Sturm era ubicato il porto di Bassano, uno dei temi di visite guidate in barca che partono dalla sponda destra del Brenta. Ripassando invece a piedi davanti al ponte si accede a Via della Pusterla, in cui l’operosità degli abitanti si manifestò dal ‘300 in poi con svariate attività legate alla risorsa dell’acqua corrente: mulini e frantoi da olio, quindi tintura e trattamento dei panni, segherie, magli, attività tessili. Da qui potremo ritornare in breve, e in modo quasi intuitivo, al Prato di Santa Caterina.
Nell’itinerario fin qui tracciato ci siamo mossi, in pratica, entro gli spazi già protetti dalle mura del ‘200 collegate all’originario recinto castellano. La successiva espansione dell’abitato verso sud richiese, nel secolo successivo, la creazione di una ben più ampia cerchia: andremo perciò a scoprire l’area che vi fu ricompresa, al cui sviluppo contribuì il legame acquisito con Venezia. Fuori Porta delle Grazie, il Viale delle Fosse si riferisce evidentemente al fossato che correva lungo il perimetro urbano e che, interrato, fece spazio all’odierna arteria. Delle mura sopravvive qui il maggior tratto, nel quale sono incastonati i grossi ciottoli del Brenta. Se si supera la curva di Piazza Trento, dove iniziano i Giardini Parolini, si trova poco dopo sulla destra la Porta Dieda, accesso in città per chi proveniva da Padova: un recente restauro ne ha ripristinato l’antico affresco consumato dal tempo.

 

La piazza dei Signori

Il Sacrario del Grappa
Il Sacrario del Grappa

Tornati in alto, da un varco nelle mura si passa in Via Jacopo da Ponte, all’inizio della quale l’ufficio informazioni turistiche distribuisce l’utile mappa del centro storico. Questa strada, insieme al sistema di piazze che la seguono, è il cuore della vita e dei commerci e vi si svolgono anche i mercati settimanali. Se si continua su Via dei Portici Lunghi si sarà percorso da un capo all’altro l’asse della Bassano storica, che incide da est a ovest l’abitato fino all’ex porto. Via da Ponte è fiancheggiata da vari nobili palazzi (fra gli altri l’Agostinelli, il Roberti, il Negro) che danno la misura della sua importanza già nel ‘500. Si sfocia così in Piazza Garibaldi, per secoli delle Erbe, e nella comunicante Piazza Libertà, già dei Signori: entrambe nacquero all’esterno delle mura duecentesche quando l’espansione urbana portò anche qui alla copertura del vecchio fossato di protezione. L’alta torre di Piazza Garibaldi, eretta forse dai padovani agli inizi del XIV secolo, marcava all’epoca l’angolo sud-orientale della cerchia più antica; alle sue probabili funzioni di avvistamento dovettero presto aggiungersi altre mansioni come la vigilanza sugli incendi.

Qui sorge anche la chiesa di San Francesco, che contempera romanico e gotico e il cui monastero avrebbe subito le trasformazioni che portarono alla nascita, nel lontano 1840, del cospicuo Museo Civico: alla rilevante sezione archeologica, nata dalla passione collezionistica di un professore di latino in trasferta, si affianca una pinacoteca che vanta il maggior numero di opere di Jacopo dal Ponte, il cinquecentista rivalutato quanto meritava dalla critica in anni abbastanza recenti. Notevole inoltre di Antonio Canova, assieme ad altre opere fra cui delizioso studio in creta per le Tre Grazie, la completa collezione delle tele monocrome che, rinunciando al colore, permettevano un miglior studio delle linee e della plasticità dei soggetti. Nel chiostro seicentesco che fa da atrio al museo si fermano spesso per una pausa gli studenti che compiono ricerche nell’annessa biblioteca. Di fronte al complesso, vale la pena salire i centocinquanta scalini della Torre Civica: livello su livello, si sviluppa sulle sue pareti una storia per immagini dell’espansione urbana finché, arrivati ai merli della terrazzina, si scopre una veduta totale della città e dei dintorni fino al Grappa.

Il giro si conclude nella piazza che fu dei Signori, ancora oggi una delle zone abituali del passeggio cittadino. Il Municipio vi affaccia con la sua loggia, modificata nel ‘500, di un chiaro sapore veneziano ripreso dalle statue del Leone di San Marco e di San Bassiano, entrambe su colonne. Un ultimo sguardo all’interno della chiesa di San Giovanni, dove si sperimenta un singolare senso di disorientamento non riuscendo a capire quale sia l’altar maggiore, se quello frontale oppure quello barocco sulla sinistra: un effetto della ristrutturazione avvenuta fra ‘700 e ‘800, quando venne chiuso l’ingresso ovest e spostata la facciata verso la piazza, con l’ingresso attuale. Da qui, in meno di un chilometro di passeggiata, si farà ritorno al Prato Santa Caterina e al camper.

 

 

 

 

 

 

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