Amata dai poeti

Meta prediletta da aristocratici e artisti della Belle Époque, distrutta dalla guerra, ricostruita come caposaldo dell'industria negli anni del boom, La Spezia vede oggi rifiorire la sua vocazione turistica di città marinara, che non dimentica il legame con la terra e si reinventa luogo d'arte, cultura e tradizione. Con un appuntamento da non perdere che va in scena proprio a marzo: la festa del patrono San Giuseppe.

Indice dell'itinerario

Quando si nomina La Spezia in genere viene in mente un casello autostradale, il punto di partenza per visitare le Cinque Terre, Lerici o Portovenere, oppure i lunghi mesi del servizio di leva nella Marina. Pochi pensano al turismo: eppure, nell’800 la città ligure era considerata parte integrante del Grand Tour in Italia, tappa imperdibile per un vero intellettuale, e almeno fino ai primi vent’anni del secolo scorso schiere di poeti, artisti, aristocratici di tutta Europa la sceglievano per le loro vacanze. A quell’epoca era tutto un fiorire di ostelli e locande, stabilimenti balneari, alberghi e opere nel nuovo stile liberty. Facile immaginare l’atmosfera: sull’ampia terrazza vista mare dell’albergo Croce di Malta, con l’odore dolce della salsedine si diffondevano i mille profumi delle dame a passeggio e il sentore dei cavalli attaccati alle carrozze. Gli strilli giocosi dei bimbi in casacchine a righe si mescolavano alle urla dei pescatori arrivati a vendere la giornata, tirando in spiaggia i loro gozzi. Signore in abito lungo, protette da ombrellini di seta e chiffon, si raccontavano gli ultimi pettegolezzi sorseggiando il tè a un tavolino di vetro piombato. Senza dubbio si parlava della più celebre concittadina, la “divina contessa” amata fra gli altri da Gabriele d’Annunzio, che forse proprio a La Spezia si era fatta ritrarre, supremo e delizioso scandalo, con le caviglie e le ginocchia nude: una scultura di carne, si mormorava con invidia, alta, bionda, dagli occhi viola, colta e intelligente, provocante e disinibita, capace di presentarsi alla corte di Napoleone III in abito quasi trasparente per convincerlo a schierarsi con il Regno di Savoia per l’unità d’Italia. Si racconta che il consiglio di usare le sue grazie per la patria fosse arrivato addirittura da Cavour, suo primo cugino, con il beneplacito di Vittorio Emanuele ottenuto anche questo sotto il baldacchino, e pare che tra i suoi amanti vi fosse anche il Kaiser in persona.
Sono storie d’altri tempi, ma anche oggi il sole calante regala lo spettacolo del tramonto su quello che è stato definito il più bel golfo dell’universo. E non furono Byron né Shelley o Goethe, che pure tanto amarono queste calette e che si fermarono a lungo nei borghi marinari, ma Napoleone Bonaparte a decretare che l’ampia e profonda curva della costa spezzina non avesse pari al mondo. Ma l’imperatore si riferiva a possibili attacchi nemici: il golfo era impenetrabile, facilmente difendibile, l’ideale per costruire una moderna base navale. Del suo stesso parere fu Cavour, di nuovo lui, che nel porto costruì la più grande marina militare e mercantile del regno. La struttura cittadina venne stravolta, case, alberghi e teatri furono distrutti per realizzare strade e aprire la via al mare, le colline verdeggianti di viti e olivi sbancate per recuperare spazio, il litorale arretrato e riempito con la terra scavata dai bacini dell’arsenale, il golfo chiuso da barriere difensive, gli stabilimenti balneari sostituiti da banchine per le merci. Ma La Spezia conservò con tenacia la sua vocazione turistica: nel nuovo spazio conquistato sul lungomare si costruirono passeggiate, agli approdi commerciali si affiancarono quelli per i primi vaporetti turistici, vennero piantati giardini maestosi nelle aree bonificate, gli alberghi furono ricostruiti con tanto di bagni interni, saloni per le danze e accesso diretto agli stabilimenti. Nel 1869, dopo otto anni di ciclopici cantieri, quando la base militare fu inaugurata, la città era pubblicizzata nelle guide turistiche europee come la meta da non perdere, nuovo centro urbano intriso di quell’Art Nouveau che avvicinava progresso e cultura, operoso, vivace, proiettato nel futuro, perfetto per le vacanze al mare. Qualcuno ebbe perfino l’idea di avanzare la sua candidatura come nuova capitale dell’appena riunito Regno d’Italia.Poi arrivarono i grandi conflitti e, soprattutto con la Seconda Guerra Mondiale, il golfo si rese inespugnabile. Solo sul finire del 1944 gli Alleati trovarono il punto debole, una stretta valle non sorvegliata dal cielo da dove arrivò il più lungo e pesante lancio di ordigni di tutta l’offensiva italiana. Alla fine La Spezia non esisteva quasi più, annientata dalla furia dei combattimenti, come a volerle far pagare di aver osato ergersi ben al di sopra delle sue povere origini di borgo marinaio. Restavano solo qualche brandello di muro e un’antica chiesa, con le tipiche righe orizzontali genovesi in pietra bianca e nera, miracolosamente intatta tra le macerie.
Con la ricostruzione e il boom industriale degli anni ’60 la città sembrava aver dimenticato il turismo per immolarsi al progresso. Ma l’antica aspirazione all’arte e al gusto covava sotto il cemento, pronta a riemergere: nel 1995, mentre la crisi faceva fuggire imprenditori e operai, il mecenate Amedeo Lia decise di donare la propria prestigiosa collezione artistica e archeologica al Comune per farne un museo civico d’arte aperto gratuitamente ai residenti. Fu il via al rinnovamento di La Spezia: si restaurò un convento per ospitare la raccolta e si sistemò anche la nobile palazzina limitrofa per far posto a un’altra collezione privata, il Museo del Sigillo, donata anch’essa all’amministrazione dalla famiglia Capellini. Poi si è deciso di ampliare la zona pedonale antistante per permettere un più agevole accesso all’area museale, che si era arricchita di un nuovo museo diocesano e del CAMeC, prestigiosa galleria d’arte moderna e contemporanea. Locande, caffè e trattorie sono tornati ad aprire i loro tavoli lungo la via e ad offrire spettacoli e cene all’aperto, ed ha avuto inizio un restauro generale dei palazzi del centro storico, compresa la casa natale della famosa contessa. La scoperta di nuovi reperti preistorici ha spinto inoltre all’allargamento del Museo Civico che si è spostato nel castello medioevale di San Giorgio, da anni in degrado e finalmente riabilitato. Perfino l’Arsenale ha deciso di aprirsi alla cittadinanza e al turismo, favorendo le visite non solo al curatissimo e originale museo navale ma anche alle strutture interne e al suo gioiello più prezioso, la celebre nave Amerigo Vespucci. E così, con il nuovo millennio, La Spezia rivive quel fervore culturale e mondano che aveva appassionato poeti e regnanti e che, in anni più recenti, ha richiamato l’attenzione di personaggi come Chatwin e Terzani, suoi graditi ospiti per qualche tempo.

Una passeggiata in città

Partendo da Nostra Signora della Neve, sopravvissuta ai bombardamenti e rimasta a simbolo di un’antica bellezza, si possono scoprire passo dopo passo i segni della rinascita. La chiesa è in Viale Garibaldi, a poca distanza dalla stazione ferroviaria: un’occhiata agli affreschi in stile liberty della biglietteria e alle decorazioni floreali in stucco degli esterni è un ottimo modo per iniziare a calarsi nell’atmosfera di metà ‘800.
La città vecchia inizia in Piazza Garibaldi, appena riconquistata alla vita di società con la realizzazione di una fontana nel sito di un pozzo dimenticato e soprattutto con l’istituzione della zona pedonale, estesa a tutto il centro storico, che ha permesso a Via Prione di tornare ad essere il fulcro delle passeggiate pomeridiane. L’antico carruggio, che percorreremo in tutta la sua lunghezza, prende il nome dalla grande pietra su cui venivano letti gli editti comunali e incatenati i condannati alla pubblica gogna. Subito dopo Piazza Ramiro Ginocchio, dove i colori brillanti dei palazzi ne rivelano il restauro, c’è la Palazzina delle Arti, recuperata nel 1996 dopo anni di servizio come ufficio d’igiene e oggi sede del Museo del Sigillo: un’originalissima raccolta, considerata unica in Europa, di matrici e calchi provenienti da ogni paese e da ogni epoca, dalle prime invenzioni mesopotamiche ai timbri egizi, dai raffinati modelli cinesi, ai modelli di artisti famosi in voga nel XIX secolo. Nell’adiacente convento di San Francesco da Paola, il Museo Amedeo Lia è l’esempio di come un cittadino possa trasformare la sua città. Inaugurato nel 1996, espone reliquiari intarsiati del XIV secolo, dipinti del Tintoretto, di Giotto e del Tiziano, teste d’età imperiale scolpite in ametista, placchette gotiche in avorio, miniature in oro del Medioevo, marmi, bronzi e terrecotte archeologiche, paste vitree egiziane o della moderna soffiatura veneziana, innumerevoli tavole di artisti dal ‘200 ad oggi e un’incantevole stanza delle meraviglie con gli oggetti più curiosi e preziosi, strutturata e illuminata esattamente come si soleva fare nei salotti mondani dell’800 per stupire gli ospiti con uova di struzzo lavorate in oro o cristalli di rocca intarsiati.
Se si è terminata la visita prima di mezzogiorno, vale la pena allungarsi in Via Fratelli Rosselli verso Piazza Cavour, meglio conosciuta come Piazza del Mercato dove, fra le bancarelle che traboccano di pesce, ancora si possono ascoltare le grida in dialetto ligure dei venditori che attirano i clienti come nelle ballate di Fabrizio De Andrè. Scendendo lungo Via Prione verso il mare si entra invece nel cuore della zona storica e nobiliare, di cui anche Hemingway descrisse con ammirazione le ampie vie e gli alti palazzi. Casa Torre, sulla destra, è il primo esempio di villa cittadina con alle spalle la chiesa più antica della città, Santa Maria, purtroppo distrutta dalla guerra anche se ricostruita nello stile originario. Ma è in Piazza Sant’Agostino e lungo l’omonima via che si concentravano le famiglie più nobili con le loro abitazioni: Massa, Castagnola, Federici, De Nobili e Oldoini, la casa natale della libertina contessa Virginia di Castiglione.
Appena tornati sul carruggio i tanti vicoletti che si aprono di fronte a destra, scendendo verso il mare, conducono in Corso Cavour, tranquilla zona pedonale. Attraversandola si raggiunge Piazza Cesare Battisti dove ha sede il CAMeC, il Museo di Arte Moderna e Contemporanea aperto nel 2004, che riporta allo spirito futurista e progressista degli albori culturali. In Piazza Mentana invece, di nuovo su Via Prione, si ammira il teatro civico, costruzione in uno stile liberty già venato di futurismo. Incrociata Via Chiodo e seguendola verso il mare fino alla piazza con lo stesso nome, incontriamo il monumento all’architetto che firmò la prima grande trasformazione della città voluta da Cavour, l’architetto Domenico Chiodo qui immortalato dalla Fratellanza Artigiana, la corporazione che trasse il maggior beneficio dai lunghi cantieri. Alle spalle l’Arsenale Militare Marittimo: visitabile su appuntamento per scoprire l’ingegnoso progetto di vasche, bacini e ponti girevoli, ancora oggi all’avanguardia, la cittadella è anche il porto per eccellenza del veliero scuola Amerigo Vespucci, generalmente di stanza alla base e fatto rientrare per i turisti e gli abitanti ogni anno in occasione della festa del patrono San Giuseppe, il 19 marzo. Dall’ingresso principale si accede anche al Museo Navale, ammodernato nel 2000, dove sono conservati pezzi unici come i macchinari per le prime prove di trasmissione radio di Guglielmo Marconi, resti della famosa Tenda Rossa di Umberto Nobile e della spedizione artica del Duca d’Aosta, i primi siluri e sommergibili anche questi realizzati e testati nelle acque del golfo. E non per caso erano spezzini i palombari che bonificarono le acque dopo l’ultima guerra, talmente abili da essere inviati anche in Normandia dagli Alleati.
Rientrando dai giardini pubblici, impiantati fra il 1860 e il 1890 sullo spazio ricavato dove prima c’era il mare, si può gustare il fascino esotico di un boschetto creato per il passeggio delle dame. Curioso il monumento a Garibaldi, interamente in bronzo, unica statua equestre d’Italia in cui il cavallo poggia solo sulle due zampe posteriori; da vedere anche il Palco della Musica, piccolo gazebo per orchestre di metà ‘800. Proseguendo lungo Via Mazzini, chiusa al traffico, si costeggiano le altre residenze nobiliari cittadine che con i loro parchi completano la zona verde, come Palazzo Falicon. All’incrocio con Via XX Settembre ci si spinge sino al cuore del golfo, al Lungomare Passeggiata Morin e sul Molo Italia, piacevole banchina che si protende verso l’acqua, culminante in un faro conteso dalle coppiette.
Al rientro in Piazza Europa ci si trova di fianco Palazzo del Governo, oggi sede comunale, eretto come il teatro nei primi del ‘900. Di fronte una fontana e la moderna cattedrale del Cristo Re, costruita sullo spiazzo dove c’era una collina poi sbancata per realizzare le grandi direttrici di traffico: l’edificio è fortemente futurista, di sapore quasi industriale, come a voler riflettere le necessità economiche e produttive di quegli anni. L’interno circolare, privo di colonne portanti e con l’altare al centro visibile da ogni lato, è considerato un prodigio architettonico studiato in molte università.
Si torna verso il centro storico passando per Piazza Verdi dove c’è un altro esempio di liberty, il Palazzo delle Poste, che conserva all’interno della torre un immenso e pregevole mosaico dedicato al progresso delle comunicazioni. Di nuovo su Via Chiodo si incontrano ancora edifici di pregio, Casa Bertagna, Palazzo Contesso e soprattutto l’ex albergo Croce di Malta, una volta con le terrazze sul mare e le spiagge ai due lati. Giunti in Via Manzoni si sale verso monte con le scalinate Valicella, San Giorgio o Santa Lucia per raggiungere Via XX Settembre, con un’incantevole vista panoramica sul golfo. Stessa prospettiva dalle terrazze del Castello San Giorgio, sede del Museo Civico Archeologico Formentini, dove la storia compie un salto all’indietro ben prima dell’arrivo a La Spezia di artisti, condottieri e sovrani. Qui è infatti conservata una notevole collezione di statue stele, affascinante mistero dell’eneolitico, che insieme ai ritrovamenti dei castellari, gli insediamenti preistorici sulle alture, riportano allo stretto e originario legame dei liguri con la terra, più propensi alla vita agropastorale che ad abitare le malsane paludi allora presenti lungo la costa. I marmi, le ceramiche e gli ori dell’antica Luni ricordano invece la vittoria degli stranieri arrivati dal mare e il ruolo fondamentale del porto e del commercio nel Mediterraneo. Ed è qui che può concludersi il nostro piccolo tour, ridiscendendo in Via Chiodo da dove l’autobus ci riporterà al camper che avevamo lasciato nell’area attrezzata di Via San Bartolomeo, in direzione di Lerici, dove il Golfo dei Poeti si apre verso l’azzurra distesa del Tirreno.

PleinAir 440 – Marzo 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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