All'est del nuovo Est

La regione della Moravia, estremità orientale della Repubblica Ceca, è una delle destinazioni più affascinanti per chi vuole conoscere questo bellissimo paese. Siamo andati a visitarla con i modi e i mezzi del pleinair, inedita chiave di lettura per un territorio tutto da scoprire e oggi perfettamente in grado di collocarsi con un ruolo di primo piano sugli scenari turistici.

Indice dell'itinerario

Cominciamo con un po’ di numeri: recenti statistiche ufficiali rivelano che, mentre la maggior parte dei flussi turistici che arrivano nella Repubblica Ceca provengono dalle nazioni vicine, in particolare Germania, Polonia, Austria e Slovacchia, dall’Italia ogni anno si contano circa 400.000 presenze delle quali, dopo la visita di Praga, solo 80.000 si addentrano alla scoperta del territorio. Da quest’ultima cifra, inoltre, bisognerà escludere chi viaggia per affari e, per quanto si tratti di una modesta percentuale, il migliaio di persone che annualmente si recano nelle vicinanze di Brno per partecipare alla rievocazione della battaglia di Austerlitz.
A conti fatti, dunque, si può dire che per il pubblico italiano la Repubblica Ceca rimane un’illustre sconosciuta o quasi. E invece si tratta di un paese che ha molto da offrire agli amanti della vita all’aria aperta, con le sue bellezze naturali e i suoi paesaggi di grande fascino: catene montagnose ricoperte da estesi boschi, dolci vallate attraversate da importanti fiumi navigabili come l’Elba, la Moldava e la Morava, per non dire delle aree protette e delle stazioni termali. Agli amanti dell’arte e della storia regala invece l’attrattiva di castelli e città fortificate che, insieme agli splendidi monumenti sacri, testimoniano ancora oggi il glorioso passato e la profonda religiosità di questo popolo. Insomma, è una nazione che ha tutte le carte in regola per garantire al turista itinerante una folta serie di piacevoli scoperte per una vacanza ricca di interessi e di mete inedite.

Una città-giardino
Lasciata Praga in direzione sud-est, l’autostrada D1 ci porta all’estremità orientale del paese, verso il confine con la Slovacchia. Superata Brno, la statale 47 raggiunge in una trentina di chilometri la cittadina di Kromeríz, prima tappa del nostro itinerario, tutelata dall’Unesco per l’importanza dei suoi monumenti e per l’opulenza di parchi e giardini. Qui i vescovi di Olomouc, a partire dalla metà del ‘400, costruirono e abitarono il sontuoso castello barocco che per secoli utilizzarono come residenza estiva.
Fulcro della parte antica è senz’altro la Velké Námestí, ovvero la Piazza Grande che si presenta con una colorata scenografia in delicate tinte pastello dei palazzi storici che la contornano. A uno degli angoli, la sede municipale è annunciata dalla squadrata torre dell’orologio, mentre su un lato spicca un candido porticato sovrastato da antichi edifici, tra i quali quello del museo regionale. Al centro di quest’ampio spazio, abbellito da aiuole fiorite, si leva la barocca colonna mariana che fu eretta dopo l’epidemia di peste del 1680.
Da qui si passa nell’adiacente Snemovní Námestí, la Piazza dell’Assemblea, per accedere al complesso del castello arcivescovile e ai suoi giardini. Dal cortile adorno di statue si entra in un’ala del palazzo tuttora pavimentata con il parquet originale (per la visita è necessario indossare pantofoline in feltro fornite all’ingresso), in parte utilizzata nelle scene del film Amadeus, dove si aprono le stanze in cui vivevano i prelati. Dal salone di caccia, con le pareti letteralmente tappezzate da trofei, si entra nella sala del trono, che serviva per le udienze ufficiali ed è seguita da uno studio e una camera da letto. Di notevole impatto il grande salone delle assemblee, finemente decorato da stucchi dorati e arredato con candelabri, applique in cristallo di Boemia e pregevoli dipinti: in particolare, l’affresco posto sul soffitto fu realizzato sul pavimento e in seguito collocato sulla volta. Al piano superiore si trovano la sala della musica e l’importante biblioteca che raccoglie circa 80.000 volumi, inclusi manoscritti e spartiti di composizioni barocche. Ma il meglio deve ancora venire: si tratta dalla pinacoteca, con un’eccezionale raccolta di tele di artisti tedeschi, fiamminghi e italiani delle quali l’opera più celebre è l’Apollo e Marsia di Tiziano.
Prima di lasciare il complesso non si può mancare la visita alle cantine arcivescovili, dove maturava il vino usato nelle funzioni sacre, con la possibilità di degustare ottimi nettari della Moravia. Poi ci si dedicherà ai giardini che si sviluppano alle spalle della residenza su un’estensione di 64 ettari, ospitando più di duecento specie di alberi rari provenienti da tre continenti. Divenuti parco pubblico, sono frequentati soprattutto dalle famiglie che in quest’oasi di tranquillità passeggiano fra laghetti, ponticelli, aiuole geometricamente abbellite da fiori colorati e romantiche costruzioni.
Ma il verde di Kromeríz ha in serbo per il visitatore un’altra meraviglia, che raggiungeremo seguendo fino al termine la Generála Svobody dove si trova l’ingresso del Giardino dei Fiori, voluto nel 1665 dal vescovo Karel Liechtenstein. Mossi i primi passi all’interno, già si intuisce lo spettacolo di colori e forme che si presenteranno: il viale centrale, fiancheggiato da due edifici in stile nei quali sono esposte piante tropicali, conduce alla Rotonda, un’ampia struttura a pianta circolare abbellita da sculture e affreschi con figure mitologiche. All’interno, nel punto più alto della cupola, si osserva un pendolo di Foucault posto all’inizio del secolo scorso da un fisico locale per dimostrare la rotazione della terra. I viali che si dipartono dalla Rotonda fiancheggiano le siepi squadrate, che delimitano gli spazi decorati da fiori a formare preziosi arabeschi. Ai margini del giardino, un lungo porticato a colonne è abbellito da decine di statue, anch’esse a tema mitologico; salendo sul terrazzo dell’edificio, accessibile mediante una scala laterale a chiocciola, si potrà godere una vista panoramica sulle artistiche composizioni floreali.

Richiami di fede
Da Kromeríz, dopo aver attraversato le cittadine di Hulin e Holesov, con la statale 438 si raggiunge Bystrice pod Hostyném, distante 35 chilometri. Una volta entrati in città ci si può rivolgere all’ufficio turistico o seguire direttamente le indicazioni per Svaty Hostyn, uno dei santuari più visitati della Moravia: si sosta obbligatoriamente nell’ampio parcheggio alla base della strada che porta all’altura su cui sorge l’edificio, non raggiungibile con mezzi privati, e da qui si effettua la lunga salita a piedi, in bicicletta o utilizzando gli appositi autobus, che passano a cadenza regolare. Nel 1241 i Tartari che invasero la Moravia attaccarono anche Bystrice, costringendo i cittadini a rifugiarsi in cima alla collina sovrastante la città. La leggenda dice che la popolazione, sul punto di soccombere, fu salvata per intercessione della Vergine grazie all’improvviso divampare di un incendio che distrusse l’accampamento nemico: per riconoscenza la comunità eresse sulla cima del colle una chiesa che, dapprima in legno, fu ricostruita alla fine del XVI secolo in pietra. Raggiunto il sito, si sale ancora per un’impegnativa scalinata (242 metri) contornata dagli immancabili negozietti di souvenir, sulla quale ogni gradino reca inciso il nome del donatore, per giungere all’ingresso della basilica. Di forma ovale, con due torri gemelle sul fronte, è introdotta da un portale al di sopra del quale è stato apposto un grande mosaico, mentre sull’altare maggiore spicca la statua a grandezza naturale della Madonna col Bambino, raffigurata mentre scaglia le fiamme sui Tartari. Alle spalle della chiesa, che nel 1982 si è vista tributare lo status di basilica minore da Papa Giovanni Paolo II, lungo ampi viali immersi nel verde si percorrono due Vie Crucis: una più antica e semplice, l’altra con stazioni artistiche realizzate da un architetto locale. Alla fine del duplice percorso si trovano un piccolo cimitero, l’alta torre di guardia da dove la vista spazia sulla pianura sottostante e un moderno mulino a vento.
Poiché l’ambiente che circonda le cime di Hostyn permette di seguire i sentieri turistici anche in bicicletta e praticare sci di fondo nel periodo invernale, i visitatori possono trovare ospitalità nella locale Casa del Pellegrino, annessa alla basilica, che offre pernottamenti e ristoro oltre al permesso speciale per accedere con l’auto privata.

Lassù sulle montagne
La statale 150 per Valasske Meziricí e poi la E442 conducono alla nuova tappa, ormai in prossimità dei confini con la Polonia e la Slovacchia: Roznov pod Radhostém. Il tragitto, scandito da piccoli villaggi, si sviluppa in uno scenario prettamente montano in cui la natura è l’assoluta proprietaria del territorio. Unico rammarico, l’assenza di un belvedere o una piazzola per fermarsi ad ammirare il paesaggio.
La maggiore attrazione di Roznov è il suo museo all’aria aperta (parte del quale è visitabile con aperture speciali anche durante l’inverno) segnalato da grandi pannelli di legno all’ingresso dell’abitato. Dai parcheggi si accede alla biglietteria, dove si può scegliere di esplorare anche uno solo dei tre settori in cui è suddiviso l’ampio spazio espositivo. La Devné Msteko, ovvero la Piccola Città di Legno, è la parte più antica del museo; risale infatti al 1911, quando vi furono trasferite le antiche case borghesi del centro cittadino e della vicina Velké Karlovice. In tutta l’area si rivive l’atmosfera di un vecchio villaggio moravo, con le tipiche abitazioni ingentilite da balconcini fioriti, le fattorie con gli orti e gli animali, la chiesa (ricostruita su disegni originali) che occupa la piazza principale contornata da alberi e panchine. Lungo il percorso di visita, da effettuarsi autonomamente o con guida, vi sono punti di ristoro, artigiani che costruiscono sul posto e vendono i loro piccoli attrezzi, in particolare coltelli e mestoli in legno, e anche una giostra d’epoca per la gioia dei più piccoli. Dopo questa prima e più facile passeggiata si può passare alla Valaská Ddina, il Villaggio Valacco, che è la sezione più ampia: salendo lungo il costone della collina, nella folta vegetazione boschiva sono collocate rustiche baite in cui vivevano le modeste famiglie dei montanari, affiancate da ovili che servivano per il ricovero delle pecore e da magazzini il cui piano inferiore era utilizzato come aula scolastica. Tutte le costruzioni hanno in comune il tetto a due spioventi, mentre le più vecchie sono caratterizzate da minuscole finestre che si aprono sulle facciate. La Mlnská Dolina, Valle dei Mulini, è invece la parte museale più nuova, allestita con l’intenzione di mostrare non solo come si svolgeva la vita un tempo, ma anche l’ingegno che gli antenati hanno usato nello sfruttamento delle risorse naturali.
Da Roznov la statale 481 scende verso Velké Karlovice, una classica località di villeggiatura montana che offre innumerevoli attività all’aria aperta in ogni stagione. D’estate, a piedi o in bici lungo sentieri perfettamente segnalati ci si immerge in un paesaggio contornato da foreste con alberi secolari, piccoli specchi d’acqua in cui è possibile bagnarsi e ampie vallate punteggiate da case contadine fra cui pascolano le pecore, mentre i più ardimentosi potranno cimentarsi in impegnativi percorsi attrezzati lungo i crinali o sospesi tra gli alberi. D’inverno, con il vantaggio di un innevamento generalmente abbondante, si può invece spaziare fra i numerosi impianti sciistici, che comprendono varie piste per la discesa e alcuni percorsi di fondo. Da visitare nel villaggio la cappella del cimitero, interamente in legno, e il contiguo museo dell’artigianato (per l’accesso rivolgersi all’annesso ufficio turistico) nel quale sono state ricostruite alcune ambientazioni di antiche case della zona con suppellettili e attrezzature originali, mentre le altre sale espongono una collezione di pregevoli manufatti realizzati da artigiani del posto: tra questi, un bellissimo lavoro di intaglio rappresentante la Natività e una collezione di volatili le cui ali sono costituite da sottilissime sfoglie di betulla.
La nostra rotta prosegue verso sud imponendo una fermata a Vizovice, perché qui si imbottiglia uno dei più famosi liquori cechi: lo slivovitz. Proprio all’ingresso della cittadina si incontra la distilleria Rudolf Jelínek che, su prenotazione, effettua tour guidati all’interno della fabbrica. Dopo una breve presentazione video, si visitano i locali in cui si svolgono le diverse fasi di lavorazione (fermentazione, conservazione e imbottigliamento) per terminare nella sala di degustazione dove, a prezzi convenienti, sarà possibile scegliere fra i tanti gustosi distillati di pere, mele, albicocche, pesche o prugne. Un solo consiglio per chi guida: evitate la degustazione e rimandate l’assaggio al dopocena, quando non dovrete rimettervi in marcia, perché le nuove normative in materia di sicurezza stradale non ammettono la benché minima quantià di alcool nel sangue, con tolleranza zero verso i trasgressori.

Nel segno di Bata
Appena 25 chilometri sulla statale 49 ci separano da Zlin, grande e importante centro industriale della Moravia centrale. Non tutti sanno che i negozi di franchising Bata, presenti in tutto il mondo, vendono calzature che un tempo provenivano da questa città (oggi la produzione è stata quasi totalmente delocalizzata in altri paesi dalla nuova proprietà). L’industria nacque nel 1894 e rivoluzionò l’intera economia del piccolo centro, vissuto fino ad allora di sola agricoltura. L’iniziativa imprenditoriale si deve a Tomás Bata, nativo proprio di Zlin, che trasse ispirazione da esperienze americane tanto da essere soprannominato il Ford della Repubblica Ceca. Durante la Prima Guerra Mondiale il ciclo produttivo toccò il suo punto più alto con le sostanziose forniture militari; la naturale crisi del dopoguerra fu brillantemente risolta col dimezzamento del costo delle scarpe. Conseguenza dell’attività, che rese disponibile un numero sempre più consistente di posti di lavoro, fu l’arricchimento del territorio, tanto che fra il secondo e il terzo decennio del ‘900 la popolazione passò da 4.700 a 37.000 abitanti.
L’intero processo aveva naturalmente luci e ombre. A ogni dipendente veniva concessa in affitto un’abitazione di 60 metri quadrati (un lusso per l’epoca) con annessi giardino e garage, e gli venivano garantite l’assistenza sanitaria, le attività ricreative e i corsi di studi gratuiti. Come contropartita, però, non era permesso assentarsi dal lavoro, gli impiegati non potevano tenere foto di famiglia sulle scrivanie, gli operai non potevano parlare tra loro e l’unico sciopero che si ricordi si concluse con il licenziamento di quanti vi avevano preso parte. Si racconta inoltre che ogni giorno il proprietario usasse visitare ciascuno dei sedici piani in cui erano gli uffici per controllare l’efficienza dei dipendenti. Evidentemente, però, le audaci decisioni imprenditoriali e i metodi adottati consentirono a Tomás Bata di creare una comunità economicamente forte che oggi ne conserva vivo il ricordo.
Il parcheggio a pagamento nei pressi dell’hotel Moskva a Práce Námestí è proprio di fronte al grattacielo 21, il vecchio centro amministrativo della Bata divenuto oggi sede degli uffici regionali dello Zlin, contraddistinto dalle due grandi cifre che campeggiano all’ingresso. Facendone richiesta all’ufficio turistico locale si può accedere alla terrazza dell’edificio utilizzando il famoso ascensore del titolare, ancora arredato con i mobili dell’epoca tra cui scrivanie, scaffali, telefoni e un lavabo in ceramica. Dall’alto si ha la vista sull’intera area industriale con i rettangolari opifici perfettamente allineati tra loro, molti dei quali ospitano ora centri commerciali e facoltà universitarie. Volgendo lo sguardo dalla parte opposta, verso le colline, si apre invece il panorama sui quartieri abitati da operai e impiegati, con le case di mattoni rossi tutte uguali e disposte in ordinate file: è la testimonianza di un’architettura funzionalista dovuta a un riuscito esperimento di pianificazione urbanistica, al quale parteciparono validi progettisti. Disseminate tra il verde delle colline ci sono anche le prestigiose ville che furono di proprietà dello stesso Bata e di altri facoltosi cittadini. Nell’area industriale, per concludere, si può visitare il Museo della Scarpa, un’eccezionale raccolta di pezzi provenienti da tutto il mondo: la collezione, iniziata dallo stesso Bata, è oggi continuamente arricchita dalla gestione del museo che espone ben 650 paia di calzature storiche, esotiche e su misura, come una gigantesca polacchina numero 63 appositamente realizzata per un famoso giocatore di basket.
Sette chilometri a nord di Zlin, sulla statale 490, merita una visita la bella chiesa barocca di Stípa, quasi isolata nella campagna dell’omonimo piccolo centro agricolo. Risalente ai primi del ‘600, custodisce una statua miracolosa della Vergine Maria vestita da preziosi abiti decorati con oro, argento, perle e pietre preziose.

Incontro di culture
Il nostro itinerario si avvicina alla conclusione, ma anche in quest’ultimo tratto permette di scoprire alcune località di particolare pregio artistico e culturale. Imboccata la statale 55 che passa da Otrokovice, si scende verso sud costeggiando il fiume Morava fino a incrociare la statale 50 e qui, deviando a sinistra, si raggiunge Uherské Hradiste. Fondata nel XIII secolo su un insediamento preesistente (i primi documenti ufficiali la menzionano nel 1257), la città fu più volte colpita da incendi ed epidemie che hanno profondamente modificato il tessuto urbano nel corso del tempo, ma ha conservato un gradevole centro storico ricco di significativi monumenti. La parte più notevole è rappresentata dalla centrale Masaryk Námestí sulla quale affacciano la chiesa di San Francesco Saverio, il contiguo collegio dei Gesuiti e il palazzo comunale. Una fontana barocca adorna il lato opposto della piazza, chiusa dal gruppo di edifici che includono la settecentesca farmacia della Corona d’Oro, decorata da graffiti Art Nouveau all’esterno e da affreschi e stucchi all’interno; la strada sulla sinistra conduce dinanzi alla rossa sinagoga, oggi biblioteca comunale. Degno di nota anche il monastero francescano, che conserva un refettorio decorato con insospettabile raffinatezza.
Ripresa la statale in direzione di Brno si seguono le indicazioni per Velehrad, il centro religioso più importante di tutta la nazione e memorabile luogo di pellegrinaggio. Due fratelli missionari bizantini, i santi Cirillo e Metodio, nell’863 si fermarono qui per evangelizzare i popoli della Moravia meridionale: il loro apostolato, che avrebbe dovuto contrastare l’avanzata della tradizione cristiana occidentale, fu invece rivolto all’avvicinamento delle due culture spirituali e alla reciproca comprensione. L’originario insediamento risale al 1200 con la fondazione del primo convento cistercense, più volte distrutto da incendi nel corso dei secoli. Tra il XVII e il XVIII secolo il complesso assunse l’odierno aspetto in seguito alla definitiva ricostruzione che, pur conservando la pianta originaria, lo arricchì di cripte, cappelle e delle due alte torri campanarie. La visita inizia nel lapidario, tra le fondamenta della basilica in cui sono conservate testimonianze del primitivo convento romanico, per passare successivamente nella navata superiore, adorna di stucchi e affreschi. Accanto all’altare in marmo di Carrara le statue, anch’esse in marmo, dei santi Pietro e Paolo e degli stessi Cirillo e Metodio; ma la parte forse più preziosa è rappresentata dal grande coro in legno, la cui superficie è completamente ricoperta da intagli. Tale è il valore di quest’opera (si racconta che fu offerto tanto oro quant’era il suo peso) che tutt’intorno è stata installata una protezione collegata a un sistema d’allarme.
Tornati sulla E50 arriviamo in breve al castello barocco di Buchlov, poco oltre Buchlovice, costruito nel XVIII secolo imitando lo stile delle ville italiane dell’epoca; si presume che il progetto fosse dell’architetto Domenico Martinelli, la cui opera fu continuata da un collega moravo. Il complesso, formato da due edifici semicircolari separati dalla corte abbellita da una fontana, fu residenza di un diplomatico alla fine del XIX secolo e venne completamente rinnovato con l’aggiunta di statue nel parco circostante. Quest’ultimo, anch’esso originariamente in stile italiano, fu ampliato e trasformato secondo la moda inglese e francese piantandovi numerosi alberi, anche di provenienza esotica. In mancanza di spazi specifici nei pressi dell’ingresso, bisognerà parcheggiare nei dintorni dove se ne trova la possibilità. La visita guidata degli appartamenti in cui vivevano i proprietari, composti da tredici sale riccamente arredate, si effettua ad orari prestabiliti; nell’eventuale attesa si può passeggiare nei giardini tra siepi tondeggiati e squadrate, ombrosi viali adorni di putti, fontane con ninfee e pavoni che circolano liberamente, e visitare la grande collezione di fucsie ospitata da un apposito padiglione. A questo punto sarà sufficiente tornare verso Brno dove si incrociano le due autostrade principali, anche in direzione di Praga, per dedicarsi a una più ampia esplorazione della Repubblica Ceca. In alternativa, si potrà continuare per la Slovacchia e Bratislava o direttamente per Vienna, riprendendo così la via del ritorno.

PleinAir 424 – novembre 2007

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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