Ali e pagaie

Il Progetto Life Natura ha ripristinato l'habitat degli aironi e di altre specie faunistiche del Trasimeno: un'occasione per visitare il lago e una preziosa area protetta con i modi e i mezzi del pleinair, kayak incluso.

Indice dell'itinerario

Una macchia color bianco cangiante si riflette di fronte a me sulla superficie lucente del lago e si muove dolcemente verso riva. Mi metto pian piano a pagaiare in quella direzione per il gusto di passarle sopra con la canoa prima che scompaia, ma quasi per dispetto mi resta sempre un metro avanti. Alzo gli occhi per cercare la figura che dà origine al riflesso e scopro che sto gareggiando con una garzetta, per niente intimidita dalla mia presenza, che mi precede con ampi e lenti battiti d’ali. Esplorare in kayak il territorio del Progetto Life Natura per il ripristino dell’habitat e la conservazione degli ardeidi al Lago Trasimeno è un’esperienza inaspettata, un regalo al nostro amore per la natura. Per una volta, gli animali non ci riconoscono immediatamente come umani e continuano a guardare con sospetto e curiosità questi strani esseri che sfilano sull’acqua tra gli spruzzi, agitando delle strane braccia che sembrano metà pinne e metà ali: ma lo scafo li confonde, e così può capitare che ci lascino almeno il beneficio del dubbio senza fuggire. Navigando di fianco al canneto, il grande paradiso in cui si rifugiano le oltre 200 specie di uccelli che popolano le rive del lago, ce ne accorgiamo subito: le gallinelle d’acqua continuano imperterrite a sistemare il loro nido di alghe, i coloratissimi germani si pavoneggiano con le femmine appena una remata più in là, e persino le nutrie non si distraggono dal loro incessante rosicchiare. Può accadere persino che uno dei ben 600 svassi che vivono permanentemente sul Trasimeno, magari un giovane in amore, decida di puntarci per dimostrare il suo coraggio e ritrovarsi così bersaglio di un turbinio di penne e strilli, immersioni, corse sull’acqua e allungate di collo.
Certo, bisogna comunque mantenere una distanza di sicurezza per non infastidire gli animali, evitando inutili inseguimenti e soprattutto non avventurarsi dentro lo schermo protetto del canneto per non compromettere la nidificazione o lo svernamento, ma anche restando semplicemente lungo la riva le emozioni sono assicurate. Non solo anatidi di tutte le forme e colori, passeriformi di ogni dimensione, aironi schivi o vanesi, rondini, e falchi: a saper guardare con attenzione, tra le alghe verdi brillanti dei bassi fondali si scoprono rane verdi che gracidano, cacciano e si innamorano, lucertole e tritoni che si danno un gran da fare nelle acque tranquille davanti alle spiagge, natrici del collare intente a pescare o a scaldarsi al sole, libellule in accoppiamento che volano strette nella tipica forma a cuore…
C’è tutto un mondo, anzi un habitat di insetti, rettili, anfibi e piccoli mammiferi indispensabile alla sopravvivenza dei nostri vistosi, eleganti o delicati amici piumati. E ad attraversare il lago nella sua lunghezza, seduti bassi sull’acqua e spostandosi silenziosamente e senza scosse, si gode davvero di un punto di vista diverso: le macchie formate da oltre 40.000 folaghe, che ogni inverno scendono ad annerire il bacino in stormi compatti di infiniti puntini neri galleggianti, si aprono tranquille al nostro passaggio richiudendosi prima ancora che la scia scompaia. Sono i gabbiani a disturbarle davvero, urlando e lanciandosi in picchiata per sconvolgere lo stormo in una nuvola rumorosa e scomposta che sbatte sull’acqua per prendere il volo: mobbing, così lo chiamano gli esperti, stressare gli animali più deboli del gruppo con fughe improvvise sino a farli cedere.Ma c’è qualcosa di molto più pericoloso dei gabbiani che minaccia il delicato ecosistema del lago e i suoi abitanti più fragili, gli aironi. Gli ambienti di riva sono drasticamente diminuiti nel corso degli anni per fare posto a coltivazioni intensive, centri abitati o zone industriali; i boschi ripariali di salice, pioppo e olmo che un tempo ricoprivano interamente le sponde si sono ridotti a poche macchie isolate, talvolta lontane dai luoghi di pesca degli uccelli, e dei numerosi siti di riproduzione restano solo tre garzaie in attività.
Da qualche tempo, fortunatamente, il lago è stato dichiarato zona di protezione speciale per la grande presenza di volatili: tutte le nove specie di aironi europei frequentano le sue acque e vi nidificano, anche se il raro tarabuso e l’airone bianco maggiore sono presenti solo d’inverno. Per questo motivo nel 2002 l’Unione Europea ha concesso alla zona uno dei prestigiosi otto finanziamenti dell’anno. Il Progetto Life Natura, coordinato dalla Comunità Montana Associazione dei Comuni Trasimeno-Medio Tevere e realizzato in collaborazione con la Provincia di Perugia, il Parco Regionale del Lago Trasimeno e Legambiente Umbria, è stato creato proprio per ottenere un aumento significativo delle presenze di aironi dando vita a un maggior numero di siti idonei alla nidificazione, disposti strategicamente in punti diversi del lago.

Disegnare l’ambiente
Per un intero anno si è proceduto a studi e rilevamenti partendo dal censimento delle specie di ardeidi presenti e nidificanti (a cominciare da quelle nella garzaia), ci si è avventurati nel canneto tra le mille difficoltà di procedere a piedi sul fondale inconsistente o di addentrarsi in barca tra le canne, e si è dovuto persino ricorrere a ricognizioni aeree con un piccolo deltaplano a motore per fare il conto delle piattaforme imbiancate di guano del nido di airone rosso. Per individuare il tarabuso, dal temperamento piuttosto riservato, ci si è basati sul caratteristico e potente richiamo dei maschi in periodo riproduttivo. Sono stati poi effettuati conteggi da stazioni fisse o rilevazioni da natante, perlustrando l’intero perimetro del lago, e quindi una squadra di erpetologi, botanici, biologi, ittiologi ha scandagliato in lungo e in largo le rive e le acque del Trasimeno per caratterizzare l’intero ecosistema e scoprire di cosa i nostri amici aironi avessero bisogno per vivere meglio.
La grande sfida del progetto è infatti proprio quella di proteggere una specie in stato di conservazione critico attraverso la conoscenza e la gestione del suo intero habitat. Gli entomologi hanno setacciato al microscopio i fanghi del lago per studiare le popolazioni di macroinvertebrati; i naturalisti hanno sollevato pietre, esplorato pozze e frugato i cespugli per misurare, pesare e contare le specie di rettili e anfibi della zona, hanno scovato topi, lepri, arvicole e moscardini per comprendere le abitudini dei micromammiferi che abitano i boschi e i canneti, hanno inanellato, catalogato e descritto migliaia di piccoli volatili catturati con apposite reti. Tutto per poter conoscere e interpretare le innumerevoli relazioni tra gli aironi e il mondo che li circonda.
Solo allora si è potuto immaginare di riqualificare alcuni tratti di sponda creando cinque bacini di alimentazione limitrofi alle zone più vocate alla nidificazione, oltre a ripristinare 12 ettari di bosco igrofilo ripariale per incrementare l’offerta di siti idonei alle specie arboricole definendo la profondità delle acque, immettendo le giuste specie ittiche, stabilendo quali alberi e arbusti piantare. Tre dei nuovi laghetti sono nati nell’area di Castiglione del Lago, il piccolo capoluogo della sponda occidentale, e due nel quadrante di sud-est in quella fascia denominata La Valle tra San Savino e Sant’Arcangelo, in cui sono state immesse specie ittiche autoctone e dove le altre tipiche dell’ecosistema lacustre sono arrivate per colonizzazione spontanea. Il fondale è volutamente poco profondo per favorire la cattura dei pesci da parte degli aironi: gli stagni vengono riempiti ogni primavera e poi lasciati lentamente prosciugare nel corso dell’estate, tranne una zona più profonda mantenuta perennemente allagata per permettere la sopravvivenza dei riproduttori. Al termine del ciclo, tramite l’esposizione dei fondali all’aria, una rapida mineralizzazione della sostanza organica prodotta favorirà nella primavera successiva un rigoglioso sviluppo del fitoplancton, quell’insieme di alghe microscopiche alla base della catena alimentare che al vertice vede proprio gli aironi. Intorno ai laghetti, la messa a dimora di varie specie di salici e pioppi, ontano, olmo, sanguinella e ligustro ha disegnato nuovi siti ideali all’insediamento di garzaie, con aree di pesca ricche di piccoli pesci per l’alimentazione dei giovani aironi nelle immediate adiacenze.
Ultimo passo, la realizzazione di un percorso turistico con sentieri, pannelli esplicativi, capanni di avvistamento e schermature di siepi autoctone idonee, che permette di avvicinarsi ai siti di alimentazione e alle possibili zone di nidificazione senza compromettere la tranquillità degli uccelli.

Osservar pagaiando
E’ possibile mettere in acqua canoe e kayak dal porticciolo turistico e di pesca di San Feliciano, parcheggiando nell’apposito piazzale giusto in fondo al paese (fermo restando che per v.r. e tende le strutture pleinair intorno al lago non mancano davvero). In circa 15 minuti di pagaiata si arriva all’Isola Polvese, parte dell’area protetta, che si può circumnavigare in poco più di mezz’ora per gustare dall’acqua il profilo del castello, lo scorcio romantico della chiesa o semplicemente la tranquilla atmosfera di quest’angolo del lago. Se si vuole effettuare una visita a piedi è possibile scendere sulla sinistra del pontile dei traghetti, lasciando il kayak in custodia al bar subito di fronte.
Dando le spalle all’attracco e pagaiando a 90° rispetto a San Feliciano, verso la riva più selvaggia senza paesi né case che si intravvede sullo sfondo, in circa 20 minuti si tocca il litorale chiamato La Frusta. E’ l’inizio dell’area protetta dell’Oasi la Valle, la porzione meglio conservata di tutto il bacino, con la maggiore diversità di specie censita, il canneto ancora integro e l’acqua incredibilmente cristallina tra lunghe piante acquatiche dall’apparenza tropicale. Qui, sulla riva, in corrispondenza del vecchio canale ancora navigabile di cui si riconoscono appena i piloni in legno, è stato allestito uno degli stagni di pesca per favorire la nidificazione degli aironi. Un secondo laghetto di alimentazione, facilmente visitabile anche a piedi, si incontra continuando a pagaiare verso San Savino, all’interno dell’oasi, inconfondibile con il suo lungo pontile di avvistamento nascosto dai pennacchi delle canne, che delimita il fosso scolmatore. Potete facilmente scendere a terra per la visita al bacino e all’area protetta attraccando di fronte allo sbarramento in fondo al canale.
A Castiglione del Lago, invece, la discesa in acqua può essere fatta direttamente dal punto sosta allestito sotto il castello, sfruttando la spiaggetta. Da qui si pagaia in direzione nord, circumnavigando lo sperone su cui sorge il castello e ammirando la silhouette dei bastioni sull’acqua. Oltrepassate le ultime case in circa 15 minuti di remata, quando le rive si fanno più selvagge si entra nell’area protetta denominata Ex Aeroporto, dove sono stati creati gli altri tre bacini di alimentazione per gli aironi. Subito dopo aver superato un canale piuttosto grande potete sbarcare sfruttando una delle spiagge deserte e infilarvi a piedi oltre il canneto per entrare sui sentieri di visita degli stagni.
Per chi infine vuole provare l’emozione di trovarsi da solo in mezzo all’acqua, la traversata da Castiglione a Monte del Lago, borgo arroccato ben riconoscibile sulla sponda opposta sotto Magione, si compie (a patto di informarsi sulle condizioni meteorologiche) in non meno di 3 ore.

PleinAir 404 – marzo 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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