Ai confini della Capitanata

Nell'entroterra della provincia di Foggia, l'Appennino Dauno e le sue pendici sfumano verso il Tavoliere con una corona di paesi che hanno conservato caratteristici abitati, tradizioni genuine e testimonianze di un ricco passato. Andiamo ad esplorarne i monumenti federiciani, le selvagge distese boschive, le tracce di antiche civiltà e i ventosi paesaggi di quota disegnando un largo anello che si chiude a Lucera, città storica fra le più preziose della Puglia.

Indice dell'itinerario

Se dovessimo indicare un buon motivo per visitare i Monti Dauni, non ci sarebbe che l’imbarazzo della scelta. La bassa densità abitativa, concentrata in cima alle colline, ha lasciato libere le terre che dalle pianure del Tavoliere delle Puglie s’innalzano dolcemente fino ai 1.151 metri del Monte Cornacchia. Fiumi e torrenti scompaiono tra la vegetazione di fitti boschi, stradine poco frequentate salgono ai piccoli borghi immersi in un silenzio impalpabile, dove la vita sembra trascorrere con i ritmi di un tempo. Chi vuole ritagliarsi un itinerario sul filo della storia troverà castelli, torri, chiese e palazzi nobiliari che testimoniano il passaggio di Romani, Bizantini, Longobardi, Normanni, Svevi, Aragonesi e Borboni, e chi cerca le soddisfazioni del palato non sarà deluso dalla gastronomia semplice e genuina, ma non per questo avara di gustose proposte. E qui, mentre andiamo a zonzo fra le antiche case, è probabile che a noi forestieri venga rivolta la domanda «Da dove venite?». Sarà il preludio per un invito a sedere insieme sull’uscio di casa, come paesani da sempre conosciuti.

Da Federico II a Padre Pio
Il nostro viaggio nella parte settentrionale della Daunia inizia scegliendo la via più comoda per accedervi: il casello di San Severo dell’autostrada Adriatica, dal quale deviamo subito per Torremaggiore. Questo centro ai margini del Tavoliere vanta un turrito Castello Ducale e, piccola curiosità, la più alta concentrazione regionale di camperisti in rapporto al numero degli abitanti.
Non potremmo mancare un omaggio alla figura di Federico II, così profondamente legata a queste terre, e seguendo per una decina di chilometri le provinciali 17, 12 e 16 raggiungiamo Castel Fiorentino, la residenza dove l’imperatore, nel 1250, morì colpito da un violento attacco di dissenteria. Lasciato il camper al margine della strada, scaliamo la collinetta sulla quale un cippo ricorda il funesto evento; ruderi di abitazioni e altre strutture sono disseminati intorno al castello, del quale restano i muri perimetrali che offrono un ampio panorama sulle campagne.
Ripresa la provinciale 16 in direzione di Castelnuovo della Daunia, dopo Casalvecchio di Puglia – dove la popolazione di origine albanese conserva ancora l’idioma dei propri avi, soprattutto tra i più anziani – raggiungiamo Pietra Montecorvino. Qui le previste aree di sosta per camper non sono state ancora allestite, per cui ci fermiamo dove possibile, ma abbiamo notizia della disponibilità del Comune ad accogliere i turisti itineranti trovando loro adeguate sistemazioni. Il nome di Pietra fa riferimento al primitivo abitato sorto su uno sperone roccioso nei pressi del torrente Celone, e Montecorvino ricorda l’omonima città scomparsa della quale, a 5 chilometri, restano i ruderi della torre ribattezzata Sedia del Diavolo, visibile fin dalla statale 17. Ritroviamo le testimonianze del periodo feudale nel quartiere Terravecchia, al quale si accede da Port’Alta, ingresso anche del complesso ducale. In seguito a recenti lavori di ristrutturazione è ora possibile salire sulla torre quadrangolare, adorna di bifore: moderne scale in ferro permettono di raggiungere i primi piani, mentre un’antica scala a chiocciola in legno collega l’ultimo tratto con il terrazzo. Contigua all’edificio è la chiesa madre di Santa Maria Assunta del XII secolo, con eleganti decorazioni che incorniciano l’Agnus Dei posto su un ingresso laterale.
Scendiamo verso la piazza sottostante per recuperare il camper, con cui muoviamo alla volta di San Marco La Catola. In questo piccolo centro a 683 metri d’altitudine, sorto probabilmente quando vi si stanziarono i prigionieri liberati da Federico II alla fine della quarta Crociata, siamo ai confini con la Campania. Incautamente decidiamo di addentrarci con il veicolo nello strettissimo corso centrale, e solo dopo un’ardita inversione di marcia scopriamo di aver superato l’unico spazio disponibile per la sosta.
La provinciale 2 ci porta al vicinissimo convento dei Cappuccini, del 1585. All’interno della cappella dedicata alla Madonna di Giosafat è esposta la miracolosa icona lignea portata, si dice, dai Crociati direttamente da Gerusalemme. Oltre al bel giardino e alla sagrestia con mobili intagliati, il richiamo più interessante è rappresentato dalla cella utilizzata da Padre Pio, con mobili originali. Nei dintorni si estendono il parco e il bosco di San Cristoforo, le aree verdi più belle e frequentate dei Monti Dauni anche per la presenza di numerose sorgenti e di spazi attrezzati per il picnic.

Ricami di pietra
La statale 17 si avvicina al Molise per raggiungere Celenza Valfortore dalla strada più comoda, anche se più lunga. La popolazione occupò il sito attuale quando l’antica Celenna, ricordata da Virgilio nell’Eneide, venne rasa al suolo dai Romani dopo la vittoria su Pirro. All’ingresso del paese una grande piazza, affacciata sulla valle, offre la vista della lunga salita da affrontare per raggiungere il centro antico, dominato dalla cilindrica torre medioevale. Visitiamo dapprima l’antiquarium del Palazzo Comunale, che espone reperti storici e archeologici del territorio. Subito dopo varchiamo la Portella, uno degli accessi al borgo, e giungiamo dinanzi al palazzo baronale dei Gambacorta, affiancato dalla torre merlata: essendo di proprietà privata, possiamo ammirarne solo le poderose strutture esterne. La passeggiata nel centro storico, caratterizzato da ricchi portali in pietra, piccoli slarghi e arcate, si conclude al belvedere affacciato sul Lago di Occhito, meta degli amanti della pesca.
Ritorniamo sulla comoda statale 17 e la seguiamo in senso contrario fino a Volturara Appula, trovando posto negli unici spazi di sosta sulla piazza principale. Fondato nel 50 a.C., con la conquista da parte degli Apuli il paese assunse il nome di Vulcanara, poiché sorgeva su un terreno di natura vulcanica. Testimonianza dell’ultimo dominio feudale è il palazzo ducale del 1500, appartenuto alla famiglia dei Caracciolo, oggi in precario stato di conservazione. Il monumento più significativo resta però la cattedrale del 1200 in un nitido stile romanico pugliese, con la massiccia torre campanaria quadrangolare e, accanto al portale d’ingresso, il tipico motivo ornamentale costituito da tasselli in pietra bianchi e neri disposti a mo’ di scacchiera. All’interno, fra numerose opere e dipinti, si ammirano l’altare policromo e l’organo, entrambi del ‘700.
Lasciatici alle spalle i saliscendi e le scalinate del centro storico, ci rechiamo nel vicino santuario di Maria Santissima della Sanità voluto dal principe Caracciolo per ringraziare la Vergine dopo essersi salvato da una pericolosa caduta dalla carrozza, verificatasi proprio in quel punto. La salita al complesso sacro offre continui panorami sull’abitato, mentre l’abbondante vegetazione testimonia la rigogliosa natura boschiva di questi luoghi.

Acqua e vento
Ancora una volta seguiamo la statale 17 in direzione Lucera fino al bivio per la provinciale 134. Sfiorata Volturino, che con 735 metri di altitudine è una meta ambita per sfuggire alla calura estiva delle basse quote, proseguiamo in direzione Alberona-Roseto Valfortore percorrendo le creste delle alture intorno al Monte Pagliarone su una strada panoramica che attraversa il parco eolico, allestito in una zona battuta dai venti. Il paese di Alberona, tra i più piccoli dell’intera provincia di Foggia, nel 2002 ha ricevuto il riconoscimento di Bandiera Arancione dal Touring Club. Anch’esso posto a oltre 700 metri di quota, è circondato da fitti boschi (uno dei quali ospita una piccola area faunistica dedicata al cinghiale) attraversati da corsi d’acqua che alimentano le numerose fontane dell’abitato, come quella dall’originale nome di Fontana Muta posta proprio all’ingresso. Il centrale Corso Vittorio Emanuele unisce Piazzetta Civetta, dominata dalla chiesa di San Rocco, con Piazza del Popolo sulla quale apre la Chiesa Madre. In un angolo della stessa piazza sorge la torre del Gran Priore, del XII secolo, che fu sede dapprima dei Templari e poi dei Cavalieri di Malta, questi ultimi fino al ‘900. Tra le scoscese stradine acciottolate notiamo i bei portali in pietra e alcuni archi, che spesso si aprono su ampie vedute panoramiche: tra questi l’arco Calabrese – l’unico in legno – dal nome dei primi presunti colonizzatori.
Sulla provinciale 130, dall’incerto fondo stradale, facciamo sosta in Contrada Acqua Bianca presso l’azienda agricola di Nicola Zito, acquistando ottimi caciocavalli, e poi proseguiamo verso Roseto Valfortore, il cui nome deriva probabilmente dall’abbondanza nel territorio di rose selvatiche riprodotte anche nello stemma comunale. In questo borgo iscritto fra i più belli d’Italia, come ricordano alcuni grandi cartelli, gli spazi in cui è possibile parcheggiare i camper sono dislocati in vari punti del tessuto urbano (in presenza di un numero consistente di equipaggi va preventivamente richiesta assistenza al Comune): siamo a 650 metri di quota nell’alta valle del Fortore, dominata da un variegato mosaico floreale e arboreo. Ma non è da meno il patrimonio artistico, del quale fanno parte le opere degli scalpellini locali: portali, balconi, bassorilievi e balaustre, che testimoniano anche le complesse vicende storiche locali. La visita ha inizio dalla centrale Piazza Bartolomeo III di Capua, sulla quale affaccia l’ampio prospetto del Palazzo Marchesale caratterizzato dal poderoso torrione circolare con fitta colombaia. Attraversiamo l’antico Arco della Terra per ritrovarci, in pieno centro storico, di fronte alla Chiesa Madre con la sua preziosa balaustra in pietra scolpita. Da Via Sottosanti, cosi chiamata poiché corre all’ombra della chiesa, sfociamo di fronte all’anfiteatro, una moderna costruzione che ha colmato la preesistente scarpata intorno alla quale si allineano le vecchie abitazioni ristrutturate. Alle spalle delle panoramiche gradinate, murati accanto all’ingresso di un ristorante, due altorilievi rappresentano le pietre tombali di Tullio e Manlia, due innamorati protagonisti di una romantica leggenda.
L’interessante Osservatorio di Ecologia Appenninica è tappa obbligata per visitare i mulini ad acqua posti lungo il Fortore, irraggiungibili in camper. Il complesso, fulcro di un suggestivo ambiente rurale, è formato da due edifici: a monte sorge il mulino vecchio, caratterizzato da un’alta torre colombaia cilindrica e collegato a quello più a valle da una serie di canali, nei quali confluiva l’acqua del fiume. Entrambe le costruzioni, oltre ad ospitare l’abitazione del mugnaio, si sviluppano su più livelli nei quali erano frazionate le attività di lavaggio, setacciatura e molitura del grano. Il recente e ben concepito recupero da parte dell’amministrazione comunale di questo bell’esempio di archeologia industriale ha previsto anche la creazione di aree attrezzate per il picnic e per lo svago dei più piccoli.

Ritorno al Tavoliere
Aggirate le falde di Monte Stilo e Monte Cornacchia sulla provinciale 129, raggiungiamo Biccari. Nel tranquillo e ordinato paese, a 450 metri sul livello del mare, parcheggiamo in Via Calcare vicino agli impianti sportivi, dove è prevista la realizzazione di un’area attrezzata con tutti i servizi di base. Dai giardini, posti nella parte più alta della bella Piazza Matteotti, si ha una vista d’insieme sul piccolo anfiteatro sottostante, proscenio dell’abitato sovrastato dalla cilindrica torre bizantina. Un lato della piazza è occupato dalla fontana monumentale, protetta da un ampio colonnato, mentre sul lato opposto un monumento ricorda il concittadino Donato Menichella, che fu direttore generale dell’IRI e della Banca d’Italia e ispiratore della Cassa per il Mezzogiorno. Via Roma è l’asse centrale del nucleo storico, dalla caratteristica forma a fagiolo: dopo pochi metri siamo dinanzi all’ingresso della torre costruita agli inizi del 1100 e che oggi, dopo lavori di restauro, ospita mostre e convegni. Continuiamo a salire puntando verso una piccola cupola colorata, soffermandoci ad ammirare i portali artisticamente lavorati. Raggiunta la Chiesa Madre, una scalinata si immette nella sottostante Piazza Umberto I, alla cui destra si apre il vicolo d’accesso al Municipio. Nel palazzo, adibito nel 1860 anche a carcere criminale, si ammira la Croce Viaria, scolpita in pietra nel 1473, un tempo esposta come protezione alle porte del paese. Tra le case del borgo e gli antichi palazzi signorili andiamo poi a scovare, in Vico II Annunziata, un portone in legno che reca ancora ben evidenti i colpi d’ascia sferrati durante la rivolta del 14 ottobre 1860 contro l’Unità d’Italia. In un angolo della stessa strada una scultura riproduce il volto del podestà Domenico Lippi, nel luogo in cui fu ucciso dai garibaldini. Gettato uno sguardo a due piccoli musei, uno di tema etnografico e l’altro dedicato al mestiere del calzolaio, siamo incuriositi dall’ennesimo fabbricato con le fitte colombaie già tante volte incontrate in quest’area, e finalmente veniamo a saperne il motivo: i colombi rappresentavano un’integrazione alimentare per coloro che non potevano permettersi il lusso di acquistare carne.
E siamo in procinto di chiudere il nostro anello scendendo dall’Appennino Dauno nuovamente verso il Tavoliere sulla provinciale 133 e poi sulla 130. Superiamo Tertiveri, piccola frazione di Biccari con ruderi di una torre medioevale, e ci dirigiamo senza altri indugi a Lucera, che già da lontano appare incoronata dalla turrita cinta muraria del castello di Federico II. Entrati in città puntiamo direttamente su Via Montella, dov’è l’area di sosta per camper fortemente voluta dal compianto presidente della locale associazione Helix, Dario Pecorelli. Dal vicino piazzale della stazione ferroviaria il bus ci porta in prossimità del centro storico, abbellito dai prospetti di case gentilizie caratterizzate da ampi cortili sui quali affacciano ballatoi fioriti. Raggiunta Piazza Duomo, siamo di fronte alla cattedrale la cui facciata è ornata, sull’angolo sinistro, da una stretta e alta torre, ciò che resta della moschea che qui sorgeva quando Federico II, nel 1224, trasferì dalla Sicilia una colonia di arabi. Agli inizi del ‘300 gli Angioini abbatterono il tempio musulmano e costruirono l’attuale basilica di Santa Maria e la chiesa di San Francesco Antonio Fasani, oggi santuario che custodisce le spoglie del pio concittadino.
Per visitare la fortezza imperiale recuperiamo il camper e risaliamo Via Mazzini fino all’ampio parcheggio sterrato antistante le mura: dal ponte sul fossato si entra nella fortificazione, contraddistinta dalle torri circolari del Leone e della Leonessa. L’area è disseminata di ruderi, mentre da un lato è visibile il basamento del Palatium, la splendida dimora federiciana. Bisogna invece recarsi sul lato opposto della città per trovare il grandioso anfiteatro romano fatto costruire, nel I secolo a.C., dal magistrato lucerino Marco Vecelio Campo in onore di Ottaviano: di forma ellittica, con tre ordini di gradinate e una capienza di 18.000 spettatori, ospitava combattimenti tra gladiatori, come ricordato dal bassorilievo posto nel timpano dell’architrave d’ingresso.
Poche decine di chilometri ci separano ormai dall’autostrada, ma non potremmo ripartire senza fare il pieno. Non si tratta però di carburante bensì del famoso rosso DOC Cacc’e’Mmitte, leva e metti, così chiamato non per la facilità con cui si fa degustare bensì per il rapido avvicendarsi dei contadini nelle stanze della pigiatura affittate per l’occasione. E vista la comoda base in città, non c’è alcun bisogno di rimettersi frettolosamente alla guida: stasera, un bel brindisi di arrivederci non ce lo negherà nessuno.

Testo e foto di Emilio Dati

PleinAir 454 – maggio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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