A spasso sui Tretti

Nel territorio di Schio, in Alto Vicentino, i Tretti indicano un comprensorio di modeste montagne e di altopiani assolati: ideali per escursioni e scampagnate, ma anche ricchi di umanità e curiosità storiche.

Indice dell'itinerario

“Pasubio! Novegno! Summano! Torneremo col mitra in mano!” era uno slogan urlato nei cortei studenteschi degli anni ’70: una provocazione pittoresca più che un riferimento alla lotta partigiana che pure conta da queste parti episodi rilevanti. Siamo nell’Alto Vicentino, ai confini con la provincia di Trento; qui fra l’altro, sullo spartiacque, correva prima della Grande Guerra il confine con l’impero austroungarico. Delle tre contigue montagne è nota al grande pubblico solo la prima, per le sue memorie storiche (vedi PleinAir n. 270) e le relative escursioni, a cominciare dalla cosiddetta Strada delle Gallerie. Le altre due, separate dalla prima dal solco vallivo della Val Leogra e unite fra loro da una sella in località Colletto da cui ci si affaccia sulla retrostante Valdastico (vedi nn. 316 e 354)), costituiscono un complesso a torto – o fortunatamente… – trascurato. Non ci si scia perché, date le modeste quote 1.525 metri il Novegno, 1.299 il Summano) e l’insolazione (il versante fruibile è rivolto a sud, verso la pianura), a meno di eventi eccezionali la neve come arriva se ne va. Quindi nessuno ha mai pensato di costruire impianti di risalita e strutture annesse come alberghi e villaggi; rari i nuovi insediamenti e comunque dispersi nel verde ma qualcuno, approfittando dello spopolamento della montagna, ha comprato e riadattato una vecchia casa facendo rivivere – anche se solo per un mese all’anno – una contrada. Gli amanti del trekking preferiscono il vicino Pasubio, mentre qui si vive una sorta di escursionismo familiare, considerata la facilità con cui a piedi e per sentieri ben messi si raggiungono le cime; la domenica, col tempo buono, le famiglie salgono in macchina col cesto per il picnic. Per una volta, dunque, segnaliamo in tutta tranquillità una zona cui neppure un’occasionale invasione di camper potrà recar danno; inutile sottolineare l’imbarazzo della scelta per uno slargo panoramico in cui piazzare il mezzo e far base per passeggiate a piedi o giri in mountain bike.

Origine di un toponimo
La battuta, che intendeva essere molto spiritosa, di quando ci ostinavamo ad arrancare su per gli sterrati con la Cinquecento in guisa di fuoristrada era: «E’ così s…Tretto che non c’entra neppure la esse!». In realtà eravamo noi a sbagliare, perché solo più tardi avremmo scoperto i piaceri del trekking e soprattutto che su quei sentieri, ci siano o no espliciti divieti, non ci si va in macchina. Il toponimo peraltro ha due possibili origini: dal latino medioevale tretum o meglio dal bavarese trei, sentiero, visto che qui ci fu nei secoli passati un’immigrazione di tedeschi provenienti forse dalla vicina Asiago (qualcosa se ne avverte ancora nell’accento degli anziani). Ad ogni modo la gente del posto lo chiama “il Tretto” o al plurale “i Tretti”, anche se sui cartelli stradali oltre alla suddetta esse manca l’articolo. Ci torniamo a distanza di anni e con la nostalgia di antiche passeggiate: quando andavamo con carta e penna per non perderci fra sentieri, scorciatoie e varianti – quasi mai onorate da segnavia, fosse anche una pennellata di vernice rossa su una pietra o un tronco – e alla fine c’eravamo costruita una mappa talmente rozza da sembrare quella di una caccia al tesoro disegnata da un bambino dell’asilo. Ma ora troviamo in vendita una cartina dettagliata, anzi dettagliatissima, dove i simboli si sovrappongono e i percorsi si intrecciano al punto che noi stessi facciamo fatica a raccapezzarci. Siamo dunque alla pari del turista che arriva qui per la prima volta e, attratto dai suggerimenti, parte all’avventura. Le istruzioni per l’uso sono necessarie per lui non meno che per noi. Scegliamo pertanto alcuni percorsi collaudati e non troppo impegnativi.

Pedalando con vigore
Questa zona per nulla trafficata costituisce una vera palestra per il ciclista di buona gamba: l’intero anello, a partire dalla pianura, risalendo per una delle due strade principali e discendendo per l’altra (circa 40 km), si può compiere anche in bicicletta ma lo lasciamo agli appassionati del luogo che incroceremo numerosi nei weekend di bel tempo. Noi al contrario, fedeli alla pratica del camper più bici, andremo a parcheggiare e pernottare in quota e da lì inizieremo le nostre escursioni. Più delle pendenze dobbiamo preoccuparci del fondo stradale quasi sempre sterrato e a volte, dopo le piogge, con qualche solco di troppo, per cui è indispensabile la mountain bike o una bici di analoga gommatura. Molta attenzione nelle discese, a causa della ghiaia che nei tornanti può creare qualche guaio a chi frena con troppa disinvoltura: non ci sono protezioni, solo qualche basso muretto, e se sul Summano può far sorridere la lapide del malcapitato che “rovinando a valle salì al cielo”, agghiacciante e di sicuro monito per il cicloturista è la foto di un giovane che sul Novegno fece evidentemente un tragico fuoristrada.

Salita al Novegno.
Si lascia il camper nel grande parcheggio del Cerbaro. Da qui, spalle alla montagna, si prende verso destra scendendo in breve (circa un chilometro) alla contrada Rossi, dove è segnalata la deviazione per il Novegno. S’imbocca una stradina che dopo poche centinaia di metri diventa sterrata e poi sale per tornanti in una galleria di abeti. In 5 chilometri si è in cima, ma non c’è alcuna vetta da onorare bensì una grande conca che ospita una malga (dove, a trovarla aperta, è possibile fare acquisti: ottimo, in particolare, il burro). Grandi viste sul vicino Pasubio e sulla sottostante pianura: nelle giornate serene e senza nebbia in basso si arriva a vedere Venezia! Se proprio si vuole piantare la bandiera da qualche parte a simboleggiare l’impresa, il capolinea può essere costituito dai resti di una fortezza della Grande Guerra che da una cima sorvegliano la conca: la rampa è breve ma piuttosto impegnativa. Il ritorno si effettua per la stessa strada fino a cercare, al primo tornante, una scorciatoia che riporterà direttamente al parcheggio del Cerbaro.

Salita al Summano.
Stavolta non è possibile compiere alcun anello, perché la strada è una sola e la si percorrerà anche al ritorno. Si lascia il camper a Bosco di Tretto nel grande parcheggio di fronte all’omonimo albergo-ristorante. Spalle alla montagna, si prende a sinistra la direzione San Rocco che si lascia al primo bivio, proseguendo diritti su sterrato per il Monte Summano (segnalato). Il sentiero sale dolcemente a mezza costa fino a Colletto Grande: in 2 chilometri si sono guadagnati poco più di cento metri di quota. All’altezza di un nuovo bivio per San Rocco, notare sulla sinistra un cunicolo che entra nella roccia per uscirne pochi metri più avanti, mentre in basso, dentro un recinto, un singolare collezionista locale ha steso un tratto di binario per incolonnare motrici e carrelli raccolti dalle miniere abbandonate dei dintorni. Si procede ancora lungo la curva di livello fino ad incontrare all’altezza di Malga Summano il primo di due tornanti: qui inizia la vera salita che in breve porterà alla cima, onorata dal santuario di Sant’Orso, da un rifugio e dall’immancabile croce (inutile sottolineare il panorama che si gode da quassù, non meno che dal Novegno). Abbiamo percorso, dalla partenza, circa 6 chilometri e torneremo indietro per la stessa strada.

Passeggiate per tutti
Come già premesso, illimitate sono le possibilità per chi voglia passeggiare per queste lande, in assoluta distensione. Chi si è procurato la cartina di cui sopra, avrà solo l’imbarazzo della scelta. Ci limitiamo a segnalare solo un paio di percorsi che riteniamo fruibili da tutti, cioè anche da chi è poco allenato a camminare, e che racchiudono in poche centinaia di metri le caratteristiche principali della zona.

Sentiero Natura.
Esemplare al riguardo l’anello che il Comune di Schio si è premurato di attrezzare con segnavia (bianco e azzurro) e tabelle, anche se in un paio di incroci bisogna fare attenzione perché la segnaletica è mancante (o asportata’). Dal citato parcheggio di Bosco di Tretto, salendo al vicinissimo incrocio a T, si noterà una stradina che s’infila tra due case: sul muro, a destra, una tabella porta la mappa dell’itinerario che si andrà a percorrere, con dei punti salienti che troveremo tabellati con i numeri 1, 2 e così via. La stradina sale ad immettersi in uno sterrato un po’ più largo che si segue nel bosco fino ad oltre un incrocio, dove la segnaletica si perde (ma basta ignorare la deviazione sulla sinistra protetta da sbarra). Si arriva in contrada Alba, la più alta di tutto il Tretto e visibile da ogni punto della valle. Qui s’incrocia il sentiero con segnavia bianco e rosso indicato con il numero 444, che a noi non interessa perché è diretto verso le cime. Si prosegue ora al limite di pascoli recintati, attraversando dei varchi pedonali in realtà un po’ strettini e si rientra nel bosco per sbucare in un grande incrocio. Di nuovo qui si è perso il segnavia bianco e azzurro, e forse doveva esserci una tabella: ad ogni modo si prosegue seguendo l’indicazione “San Rocco” e si ritrova l’asfalto. Subito in basso, a sinistra, la contrada Zaffonati che si raggiunge per una deviazione: ricompare qui il segnavia che ci manda dentro un bosco. Scendendo tra altissimi alberi ci s’imbatte in un rudere che la posizione all’incrocio fra due torrenti, i resti di una canalizzazione e i segni lasciati dalla scomparsa ruota sulla parete esterna fanno identificare come un mulino ad acqua. Si risale ora sull’altro versante della stretta valle, fino a raggiungere la contrada Romare. Qui il segnavia porterebbe avanti, di nuovo sull’asfalto, a riprendere la strada principale che torna a Bosco di Tretto: un inutile giro che si può evitare cercando oltre l’ultima casa della contrada la scorciatoia che riporta direttamente al punto di partenza.

Anche in carrozzina.
Quest breve escursione in gran parte pianeggiante, su asfalto o comunque buon fondo stradale, è prevista anche per carrozzine e carrozzelle, ossia per famiglie e disabili, e permette in un breve anello di avere un’idea pur sommaria delle realtà del Tretto: le contrade, il bosco, i pascoli. Si raggiunge San Rocco, per la provinciale 65 da Santorso: dopo circa un chilometro, deviazione segnalata a destra, 6 chilometri di tornanti; lasciato il camper nel parcheggio accanto alla chiesa, s’imbocca a piedi la stradina fra le case che porta indicati i nomi delle contrade più vicine (Marzarotti, Casalini). Poco oltre l’agriturismo Proveste, si lascia la principale per la contrada Ca’ dall’Alba e si prosegue fino a un bivio caratterizzato da una piccola teleferica: qui si gira a destra per raggiungere e superare contrada Dalla Vecchia, chiudendo in breve l’anello sulla stradina proveniente da San Rocco.

PleinAir 376 – novembre 2003

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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