A spasso con Jules

Caverne, fiumi, abissi che sprofondano nelle viscere del pianeta: dallo Snæfells allo Stromboli seguendo gli eroi di Viaggio al centro della Terra.

Indice dell'itinerario

Ha 142 anni ma conserva il profumo di una novità editoriale, di un libro fresco di scrittura. In fin dei conti, tra Otto e Novecento il suo autore è stato il più tradotto al mondo dopo la Bibbia e lo scorso anno il centenario della sua scomparsa è stato ricordato con grandi eventi in numerosi paesi. Le celebrazioni per Jules Verne hanno visto svolgersi spettacoli teatrali, rassegne cinematografiche, mostre, convegni di studi e, come nel nostro caso, spedizioni per intraprendere i viaggi narrati nei suoi romanzi. Noi, in qualità di speleologi, abbiamo scelto Viaggio al Centro della Terra: libro alla mano, le nostre esplorazioni hanno avuto inizio dal vulcano Snæfells in Islanda per poi continuare attraverso caverne, baratri, cunicoli e fiumi sotterranei di alcuni massicci carsici in Europa fino a giungere sul vulcano Stromboli nell’arcipelago delle Eolie, in pieno Mediterraneo.
Per quanto fantasiosa sia la narrazione, tra impensabili vuoti rocciosi decorati da milioni di stalattiti e stalagmiti abbiamo cercato di seguire almeno in parte le orme del professor Otto Lidenbrock che, insieme al nipote Axel (l’io narrante del romanzo) e alla fedele e impassibile guida Hans, decide di raggiungere il cuore del pianeta seguendo le indicazioni di un messaggio cifrato scritto in caratteri runici su una pergamena trovata in un vecchio libro: non poche saranno le difficoltà a cui il gruppo andrà incontro, ma non vogliamo dire di più a chi ancora non conosce questa imperdibile storia.
Quanto a noi, eccoci in Islanda per la prima tappa del nostro tributo al grande scrittore. Avanziamo saggiando il piano di calpestio con la piccozza, i crepacci potrebbero essere coperti da uno strato di neve troppo sottile per reggere il nostro peso. Poi, bordeggiando un’alta parete di brecce instabili, guadagnamo la vasta sella sotto la quale si inabissa per 200 metri il cratere dello Snæfells, sepolto sotto milioni di metri cubi di ghiaccio accumulatosi nel corso dei millenni attraverso la stratificazione di nevi mai disciolte.
Anche all’epoca della stesura del Voyage, nel 1864, lo scenario del vulcano non doveva essere poi così differente da oggi, e la descrizione della voragine dello Scartaris è uno dei passi più entusiasmanti. “Il cratere era a forma di cono rovesciato la cui bocca poteva avere mezza lega di diametro. Ritenevo che la sua profondità si aggirasse intorno ai duemila piedi. Si giudichi lo stato di un simile cratere quando si riempiva di tuoni e di fiamme… Io non ebbi il coraggio di gettarvi lo sguardo”.
La meta è vicina, le distanze dalla vetta diminuiscono, intorno a noi c’è solo ghiaccio: ma nell’azzurro del cielo si staglia una lancia di nerissima roccia che trafigge la distesa impennandosi fino a 1.446 metri. Queste guglie rappresentano ciò che rimane delle antiche pareti del cratere, dilaniato dall’ultima violenta eruzione avvenuta sotto la calotta dello Snæfells migliaia di anni fa. Lo spazio è immenso, un universo di solitudine ci circonda in un alternarsi mozzafiato di panorami che spaziano su lande selvagge, scabre montagne e gli occhi bui dei crateri. Poi torniamo sotto terra fra le pieghe della roccia, in un mondo nascosto che, in un pianeta dove le terre emerse sembrano non avere più misteri, ci sembra davvero l’ultima frontiera.

Pleinair 405 – aprile 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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