8 percorsi di trekking in Molise insieme al camper

Otto escursioni per tutti alla scoperta di natura, paesaggi e centri storici del Molise. Una mappa disegnata per i lettori passo dopo passo. Una proposta da vivere subito con il camper, la caravan, la tenda e gli scarponi, per incontrare una regione che accoglie il pleinair con antica semplicità

Indice dell'itinerario

Ancora oggi molti italiani forse non saprebbero neppure indicarlo su una mappa. Altri lo citano solo per prendere in giro la parlata di qualche personaggio della politica o del piccolo schermo. Eppure il Molise è facile da raggiungere da qualunque parte d’Italia ed è una regione ricca di sorprese, con molto da offrire in materia di storia e monumenti, di feste tradizionali, di natura, di prodotti tipici. Ma non solo, il Molise è ottimo anche per organizzare un trekking e percorrere sentieri a piedi o in mountain bike nei mesi caldi e con le racchette d’inverno, dagli aspri crinali appenninici delle Mainarde e del Matese fino ai boschi dell’Alto Molise e all’altopiano di Frosolone.

Vediamo allora questi 8 percorsi di trekking che si possono alternare alla guida in camper e assaporare tutto il gusto di questa piccola regione sottovalutata.

Scopri i borghi più belli del Molise da visitare in camper

Le Mainarde

Le montagne più elevate del Molise si alzano sul confine con il Lazio e l’Abruzzo. La Metuccia, il Monte a Mare (il più alto della regione con i suoi 2.164 metri), il Cappello del Prete e le vette vicine, in gran parte erbosi sul versante laziale, scendono su quello molisano con pareti rocciose e selvaggi canaloni. E’ una zona di grande fascino, che ricade nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise ma che gli escursionisti abituali conoscono molto meno della Val di Rose, della Val Fondillo e della Val Canneto. Ai piedi delle montagne è l’abbazia di San Vincenzo a Volturno, affiancata da un’area archeologica e dalla cripta dell’abate Epifanio, con affreschi dipinti intorno all’830.

Il sentiero più frequentato inizia a 1.400 metri di quota dal Piano delle Forme, che si raggiunge da Pizzone per una strada tortuosa ma in buone condizioni al contrario di quella, dissestata, che sale da Alfedena. Il sentiero, indicato con segnavia M1, s’inoltra nella faggeta della Valle Pagana, ne esce ai piedi delle rocce della Meta e sale ai 1.967 metri del Passo dei Monaci, sul confine tra Lazio e Molise. Dal valico, che si raggiunge in un’ora e mezzo, si può salire verso destra ai 2.242 metri della Meta, straordinario belvedere.

Simbolo della zona è la cosiddetta Strada delle Mainarde, che avrebbe dovuto attraversare queste montagne e che alcune carte del Touring indicano ancora come “in costruzione”, ma che in realtà è stata bloccata da decenni dal parco. Vale la pena di seguirla da Castel San Vincenzo, con una lunga e panoramica rampa, fino a una conca da cui iniziano vari sentieri nel bosco. Se la salita al crinale delle Mainarde è molto lunga (3 ore), il percorso verso il Casone del Medico è accessibile a tutti.

Ancora faggi, rocce e panorami sono gli ingredienti dell’itinerario che inizia da Castelnuovo a Volturno (seguire le indicazioni per il Monte Marrone, a sinistra prima del centro), attraversa un vallone e sale con qualche tratto sconnesso verso il monumento in ricordo dei combattenti del Corpo Italiano Volontari della Libertà, che qui lottarono nel 1944 contro le truppe tedesche.

Dal posteggio e dalla vicina area picnic, una sterrata da seguire a piedi o in mountain bike (fare molta attenzione ai tratti ripidi) permette di alzarsi ai piedi del Monte Marrone. In un’ora o poco più si raggiungono una grande croce e una sorgente molto apprezzata dalla gente del posto; la prosecuzione verso il Monte Mare o il Marrone è riservata ad escursionisti allenati. Un sentierino non segnato conduce alla capanna di pietre utilizzata negli anni ’50 dal pittore-eremita Charles Moulin.

Le abetine fra Abruzzo e Molise

Di fronte, in territorio abruzzese, si scorgono i selvaggi valloni della Majella. A sud-est del Sangro, in provincia di Isernia, si distendono alcune delle foreste più suggestive dell’Appennino, di grande interesse botanico per la presenza dell’abete bianco. I centri storici di Pescopennataro, Capracotta e soprattutto Agnone, la piccola “Atene del Sannio” ricca di monumenti e di chiese, rendono la visita ancora più stimolante, e un’altra bella sorpresa, a Pietrabbondante, è offerta dall’area archeologica italica e poi romana, con templi e un celebre teatro.

Un sentiero segnato che offre splendidi panorami inizia a un chilometro circa da Capracotta, in direzione di Pescopennataro, e conduce (un’ora fra andata e ritorno) ai 1.721 metri del Monte Campo. Seguendo i tracciati delle piste da fondo ci si può inoltrare per brevi passeggiate nel Bosco degli Abeti Soprani dove, accanto alla strada, sorge l’eremo di San Luca.

La foresta più nota della zona, l’Abetina di Rosello, gestita in collaborazione con il WWF, si estende perlopiù in territorio abruzzese, ma è affiancata dal confine tra le province di L’Aquila e Isernia. Mentre il sentiero natura (un’ora tra andata e ritorno) ricade interamente in Abruzzo, il percorso escursionistico segnato si sviluppa per un tratto in Molise. Più a sud, interamente in territorio molisano, si snodano i viottoli del bosco di Colle Meluccio, un’abetina quasi pura ricca di alberi secolari, affidata da decenni al Corpo Forestale dello Stato e attrezzata con aree da picnic e sentieri segnati. Altri percorsi si snodano nella riserva di Monte di Mezzo, tra San Pietro Avellana e Vastogirardi, dove esistono anche un tracciato accessibile ai disabili e alcuni recinti in cui osservare facilmente cervi e caprioli.

Pescolanciano e il tratturo

Le grandi vie della transumanza seguite dall’antichità ai primi anni del ‘900 (ma c’è ancora qualcuno che le percorre ai giorni nostri) restano ben visibili in Molise. Facili da individuare sulle mappe IGM o sulle foto aeree, compaiono all’improvviso accanto alle strade, spesso ancora riconoscibili nonostante la presenza della vegetazione o di moderne costruzioni, pur essendo finito nel nulla il progetto, avanzato più volte dalla Regione e dalle associazioni ambientaliste, del menzionato Parco dei Tratturi.

Una delle parti più suggestive di questa “autostrada delle greggi” inizia da Pescolanciano, pochi chilometri a est di Isernia, che si raggiunge con una breve deviazione dalla statale Trignina. Dal centro storico, sorvegliato dal castello medioevale, si attraversa l’abitato e ci si trova all’inizio del tratturo, nei pressi del bar-ristorante La Pineta. A piedi si segue il tracciato erboso, a destra del quale sorgono alcune villette.

Un cartello segnala l’inizio di un sentiero dedicato alle cinte fortificate sannitiche: si cammina per una strada sterrata indicata da segnavia bianco-rossi e, prima di raggiungere un ampio valico (trascurando le indicazioni, che si perdono al di là della collina), si devia a sinistra per un sentierino abbastanza evidente che si inoltra in un intricato bosco di querce, sale toccando alcune staccionate e raggiunge la collina di Vignali, dove si distinguono agevolmente la doppia cinta muraria di una fortezza costruita al tempo dei Sanniti per tenere sotto controllo il tratturo, i resti di una torre e una chiesetta dedicata alla Madonna. Tra andata e ritorno occorre un’ora; un intervento di pulitura del sentiero è urgente prima che diventi difficile da percorrere.

L’altopiano di Frosolone

A metà strada fra Isernia e Campobasso, il paese di Frosolone deve la sua fama alla produzione di lame e coltelli, ai quali è dedicato un piccolo museo. Ad ovest dell’abitato si alza la Montagna di Frosolone, un ondulato altopiano calcareo interrotto da pareti rocciose e laghetti, qua e là rivestito da fitti boschi di faggio. Ottima meta per tutte le stagioni, questo massiccio in miniatura offre molte opportunità di avvistare rapaci e permette passeggiate invernali con le racchette da neve o gli sci da fondo; d’estate invece si pratica l’arrampicata sportiva sulle pareti della Morgia Quadra. Anche sull’altopiano esiste una rete di sentieri segnati, annunciata da tabelle; solo una parte di questi itinerari è effettivamente dotata di segnavia, ma il terreno aperto permette di muoversi senza difficoltà quasi ovunque. Un inconsueto itinerario permette di attraversare a piedi e in bici il crinale dove sorge la centrale eolica dell’Acqua Spruzza.

Da Frosolone si segue la strada che sale verso la montagna in direzione di Sessano del Molise raggiungendo la chiesetta di Sant’Egidio, ottimo punto di partenza per esplorare la zona. Qui la strada si divide, offrendo due interessanti opportunità. Accanto al tracciato di destra, poco dopo la cappella, un pannello indica l’inizio del sentiero che sale alle pareti della Morgia Quadra, da costeggiare alla base e poi anche dall’alto su un panoramico crinale erboso, camminando da un’ora a un’ora e mezzo fra andata e ritorno.

Se invece si segue la strada di sinistra, in qualche chilometro si arriva all’area di sosta di Colle dell’Orso (a pagamento in estate) con vasti spazi per il picnic. Verso la metà della strada che raggiunge il sito da Sant’Egidio si stacca sulla sinistra la sterrata che sale alla centrale eolica: la si può seguire a piedi o anche in bici – solo le prime rampe sono ripide – fino a sbucare sul crinale, che offre un bel colpo d’occhio sul Matese, proseguendo ancora verso sinistra a saliscendi ai piedi delle pale eoliche, su un percorso indicato da cartelli. Verso destra si può invece continuare sull’ampio ed evidentissimo crinale, privo però di segnavia, fino alla stessa area di Colle dell’Orso.

Le vette del Matese

Una delle creste più aspre dell’Appennino segna il confine tra il Molise e la Campania. Ripido verso sud, dove precipita con sassosi pendii verso il Lago del Matese, il crinale più elevato del massiccio culmina nei 2.050 metri del Miletto, affiancato a nord-ovest dal Colle Tamburo, di 1.980 metri, e a sud-est dalla Gallinola, una cima solitaria che raggiunge quota 1.923. Molti conoscono queste vette d’inverno, quando i loro canaloni innevati fanno da sfondo alle piste di Campitello Matese; mentre le seggiovie e gli sciatori si fermano qualche centinaio di metri più in basso, gli alpinisti attrezzati con piccozza e ramponi raggiungono la grande croce della cima, come pure i gruppi di sciatori-alpinisti. Da qualche anno, cordate abruzzesi hanno aperto sulle rocce incrostate di ghiaccio alcune impegnative vie di arrampicata invernale.

Ma il Monte Miletto, come le vette vicine, merita una visita anche nella bella stagione. D’estate, dalle creste e dalle cime, la foschia impedisce normalmente allo sguardo di raggiungere la pianura campana e il Gargano. Verso nord, invece, appaiono i monti del parco d’Abruzzo e la Majella, mentre a sud, oltre le alture del Sannio, si scorge il Vesuvio. Molti escursionisti si incamminano da Campitello Matese, utilizzando il sentiero segnato dal CAI (ma i segnavia sono vecchi e sbiaditi) che inizia dalla zona degli impianti, oppure salendo sul tracciato delle piste fino all’arrivo dell’ultima seggiovia. Una ripida salita verso destra porta alla cresta e alla cima. In salita occorre un’ora e mezzo, in discesa basta un’ora.

Offre un’alternativa in ambiente più integro la Gallinola, che si raggiunge da Campitello seguendo la strada per la Sella del Perrone e Bocca della Selva. Dopo un paio di chilometri, sulla destra, un cartello indica l’inizio del sentiero che sale verso la cima. Il primo quarto d’ora, piuttosto faticoso, utilizza un ripido sentierino che sale a destra di una recinzione; più avanti si tocca un terrazzo erboso, si continua a mezza costa sul versante campano e poi si raggiunge il crinale. L’ultimo tratto, sulla cresta, offre panorami eccezionali. Anche questo percorso richiede un’ora e mezzo in salita e un’ora in discesa. Intorno alla cima, su entrambi i versanti, è facile veder planare nibbi e poiane.

Per gli appassionati di natura la meta più interessante della zona è però il Colle Tamburo, che si raggiunge dalla suggestiva Roccamandolfi seguendo la strada per Longano e poi deviando a sinistra fino al rifugio forestale di Guado La Melfa e al pianoro del Campitello di Rocca. Un sentiero solo in parte segnato, ma evidente, porta a un altro pianoro, alla cresta e alla cima. Occorrono due ore e mezzo dal Campitello di Rocca, a meno che le condizioni della strada costringano a posteggiare più a valle allungando il percorso a piedi.

Sepino e il tratturo

La più bella città antica del Molise sorge ai piedi delle foreste e delle nevi del Matese. Costruita dopo che i Romani nel 293 a.C. espugnarono la Saipins sannita, Saepinum (poi ribattezzata Altilia dai Longobardi) doveva la sua importanza alla posizione su un tratturo, come abbiamo già visto a Pescolanciano. Nel complesso archeologico spiccano le colonne e i capitelli jonici della basilica, il foro, il teatro – intorno al quale fu costruito nel ‘600 un borghetto in pietra – e le porte fortificate di Terravecchia e di Bojano.

Oggi il traffico della statale 17, peraltro modesto in questo tratto, passa a 200 metri dalle rovine, ma Sepino resta una meta di grande fascino per una facile escursione fra storia e paesaggio. Un po’ più complicato, purtroppo, è individuare i sentieri segnati, realizzati qualche anno fa ma oggi in completo abbandono, che salgono in direzione della montagna.

Dal piccolo abitato di Altilia, alle spalle del centro visita (in realtà si tratta di un bar-ristorante), inizia un percorso che sale verso la montagna, attraversa una strada asfaltata a mezza costa e prosegue verso il borgo di Terravecchia e i poco visibili resti della Saipins sannita; occorre un’ora e mezzo per la salita e poco più di un’ora per la discesa. E’ anche possibile (ma sconsigliato con mezzi ingombranti) prendere la strada asfaltata che inizia dalla Sepino moderna e seguirla fin dove questa intercetta il sentiero, continuando a piedi da qui. Nonostante la presenza di numerosi cartelli, sono difficili da seguire anche i percorsi segnati realizzati ai piedi del Matese tra Sepino, Campochiaro e Guardiaregia.

L’Oasi di Guardiaregia e Campochiaro

Ad oriente delle cime più alte, il massiccio del Matese cambia volto: al posto dei crinali di erba e sassi si allungano dorsali rivestite da fitti boschi. Oltre la Sella del Perrone, all’improvviso, scende sul versante molisano la spettacolare valle rocciosa scavata dalle acque del Quirino. Qui, grazie a un’iniziativa del WWF, è nata nel 1997 l’Oasi di Guardiaregia e Campochiaro, estesa su ben 2.187 ettari. Più che di un’oasi si tratta di una vera e propria riserva naturale, popolata da rapaci (lanario, nibbio reale, poiana, falco pellegrino e l’aquila reale che nidifica sul vicino Monte Mutria) e nella quale è possibile osservare le orchidee selvatiche e le farfalle o, ancora, scoprire sul terreno umido e nelle pozze la salamandrina dagli occhiali, simbolo dell’Oasi.

Il sentiero natura dell’area protetta, che inizia da Guardiaregia, offre una passeggiata di un’oretta, che diventa più lunga se si partecipa a una delle escursioni accompagnate da Michele Marinelli, storico custode del sito, o dalle guide ambientali della cooperativa La Ramegna. Un capanno su un’altura permette di ammirare le evoluzioni dei rapaci senza recar loro disturbo, mentre un belvedere si affaccia sulla cascata di San Nicola, alta un centinaio di metri. A Guardiaregia si trova inoltre un piccolo centro visite.

Più in alto, lungo la strada che dal paese sale alla Sella del Perrone, iniziano il Sentiero Tre Frati, che s’inoltra nei boschi ai piedi del Monte Mutria toccando vari faggi secolari, e il Sentiero delle Grotte che raggiunge gli imbocchi del Pozzo della Neve e dell’abisso Cul di Bove, due delle grotte più belle e difficili dell’Appennino. Le visite guidate si effettuano tutto l’anno di martedì, giovedì, sabato e domenica, i sentieri alti sono liberi dalla neve da maggio a fine ottobre. Dopo l’istituzione dell’Oasi, a Guardiaregia sono nate varie strutture ricettive.

L’Oasi Lipu e le colline di Casacalenda

Fra Campobasso e il mare, le zone aperte e coltivate si alternano a intricati boschi di querce e alle forre scavate da fiumi e torrenti. Qui dal 1994, grazie al Comune di Casacalenda e alla Lipu, esiste e lavora l’unica area protetta del Molise collinare. A un paio di chilometri in linea d’aria dal centro storico, l’area occupa il Bosco Casale, un querceto di 105 ettari posto a circa 700 metri di altitudine, ed è popolata da oltre centodieci specie di uccelli.

Tra i rapaci nidificanti nell’Oasi Lipu di Casacalenda è abbastanza facile avvistare la poiana, il falco pecchiaiolo e lo sparviero; in primavera si affiancano a queste specie il biancone, il nibbio reale e il lanario. Nel bosco si possono scoprire il rigogolo, simbolo dell’area protetta, la ghiandaia, il picchio verde, lo scricciolo e il luì piccolo; al tramonto iniziano ad apparire i rapaci notturni come l’allocco, il gufo comune e il barbagianni.

Il breve ma piacevole sentiero natura che attraversa l’Oasi (lo si può percorrere in mezz’ora, ma consigliamo di dedicargli molto più tempo) si raggiunge da Casacalenda seguendo le abbondanti indicazioni, prima lungo la strada per Bonefro e poi per una secondaria comunque praticabile da ogni mezzo. Il percorso escursionistico, affiancato da pannelli didattici, si dipana nel folto del bosco toccando alcuni laghetti, ideali per l’osservazione degli anfibi, e un piccolo edificio adibito a centro visite e museo del bosco. Tra la primavera e l’estate si può visitare la Casa delle Farfalle, una piccola serra dedicata ai lepidotteri.

Un itinerario più lungo (utilizzato per le gite scolastiche di primavera) permette di arrivare a piedi all’Oasi partendo dal borgo murato di Terravecchia, la parte più suggestiva del centro storico di Casacalenda.

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