A passo di Sava

Un lento e tranquillo viaggio pleinair nell'alta valle del fiume sloveno, dalle Alpi Giulie alla pianura di Lubiana: natura intatta, cittadine storiche e mutevoli panorami fra monte e valle.

Indice dell'itinerario

La Sava è la grande via fluviale dei Balcani che, dopo un percorso lungo il doppio del Po, a Belgrado confluisce nel Danubio. Un fiume che non conosce crisi perché si forma sulle Alpi più orientali, sempre ricche di precipitazioni e grandi fornitrici di benefica acqua da tutti i versanti. Nel punto in cui nasce, i rami sono in effetti due: uno è la Sava Bohinka, che sgorga dallo splendido lago di Bohini dove si raccolgono i rii formatisi da diversi nevai del massiccio del Triglav (2.864 m), massima vetta delle Alpi Giulie. Un tempo a metà con l’Italia sulla linea di confine con il nome di Tricorno, il Triglav è ora tutto sloveno, al centro di un enorme parco naturale, e campeggia anche nella bandiera nazionale. L’altra Sava, che seguiremo noi, è la Dolinka, il ramo che detta la lunghezza complessiva del fiume e ha una sorgente unica.

L’intatta sorgente
Si parte da Tarvisio per la splendida statale 54, poco trafficata e dal paesaggio alpino su cui sono sparse le case del paese di Fusine, località nota per la straordinaria bellezza dei suoi laghetti con lo sfondo del Monte Mangart. Qui le Alpi non fanno barriera, si sono aperte in catene parallele e nulla ferma i venti gelidi che sanno di Russia.
Passato il bivio per i laghi, dopo appena mezzo chilometro di salita due curve abbastanza impegnative conducono in un paesaggio diverso: un’antica lingua di ghiacciaio con il fondo riempito e livellato, la valle più larga e piatta, i pendii boscosi dei monti che salgono più dolcemente offrendo maggiori visuali. Diversamente dall’affollato Tarvisiano, qui sono rare le case lungo la strada e la vallata ha un aspetto più naturale; la taglia un confine poco frequentato dove si passa un bonario controllo di documenti (la Slovenia non fa parte degli accordi di Schengen), al di là della quale ci attende l’antica regione della Carniola, Kranjska in lingua slava.
A nord le Caravanche sono la prosecuzione delle Carniche: stesse vette sui 2.000 metri, stesse pendici di faggi e abeti con in cima qualche prato di malga. A sud le Giulie spuntano invece rocciose al di sopra dei boschi con vette aguzze come le Dolomiti, culminanti appunto nel Triglav; le due catene parallele fanno da sponda alla grande culla della Sava.
Nella zona dove c’è il paesino di frontiera, Ratece, posto sul lato soleggiato delle Caravanche, scendono rispettivamente da nord e da sud due convalli, i cui corsi d’acqua si nascondono filtrando nel terreno per poi tornare in superficie formando un minuscolo laghetto turchese: è l’Izvir Save, la sorgente della Sava, un luogo che esprime tutta la magia della natura. Lo si trova poco più di un chilometro dopo Ratece, dove sulla destra si può sostare in un anonimo parcheggio con un chiosco in legno. Una piccola indicazione leggibile solo dai pedoni indica un tracciato in brecciolino ottimamente tenuto: attraversato un umido boschetto, si sbuca sul sentiero che diventa una passerella di legno sul bordo del laghetto dove sguazzano felici un gruppetto di anatidi. Ci sono anche una torretta panoramica con una panca per riposarsi e tabelle che indicano il profilo e i nomi delle vette delle Alpi Giulie, a inizio estate ancora con la neve nei canaloni. Qui il silenzio è assoluto; in lontananza, al di là del laghetto e della Sava che inizia il suo corso, si sentono solo passare ciclisti e pattinatori su una pista loro riservata. Il sito è poco frequentato e, per fortuna, non ancora abbastanza reclamizzato: una gemma per chi sa trovarlo, in cui regna una pulizia tale da suscitare la meraviglia e il rispetto dei turisti che non solo non lasciano rifiuti, ma parlano sottovoce, anche i bambini, come intimiditi da tanta bellezza.

Paesi di montagna
Siamo solo all’inizio dello splendore ambientale della valle, perché i pochi abitanti sono concentrati nei paesi e il percorso si svolge nella natura. La Slovenia, dopo questo primo impatto, ci appare senza dubbio un paese civile e armonioso, e in un contesto simile anche la strada un po’ dissestata non ci disturba più di tanto: il paesaggio vale una bassa velocità.
Superato il paesino di Podkoren si arriva a Kranjska Gora, il maggior centro sloveno per gli sport invernali, appena a quota 809 ma ottimamente innevato, sede di gare di Coppa del Mondo e candidato, insieme a Villach e a Tarvisio, nella fraternità dei tre confini alle Olimpiadi dello scorso anno (assegnate poi a Torino). E’ posto allo sbocco della valle che scende da Vrsic, già Passo di Moistrocca, a quota 1.611 e con una pendenza che supera il 12%, al di là del quale ci sono la sorgente dell’Isonzo e la sua stretta valle. Provenendo dalla statale, l’abitato rimane nascosto da alberghi sviluppati in lunghezza, con i tetti in larghe falde di legno. Nel piccolo centro pedonale svetta la chiesa tardogotica, al cui campanile fu imposta una cuspide barocca; tra gli edifici più antichi è la Casa di Lizniek, risalente a tre secoli anni fa e sede del museo etnografico locale, dove si scoprono le affinità con l’antico Tarvisiano. A monte del paese, il rio che scende dal valico si distende in un largo letto di ciottoli, formando quasi un laghetto; il posto è ideale per un picnic o per prendere un po’ di tintarella, ma l’acqua è freddina. Si procede verso est sulla statale che vagola con tranquille curve nel falsopiano, lungo il quale si notano qualche vecchia casa rustica tipica della Carniola, a un solo piano e dai grandi tetti, e nei prati di fondovalle sottili essiccatoi per il fieno. In questo tratto il fiume è uno sconosciuto paradiso naturale per canoisti sulla cui riva destra sorge Mojstrana, un villaggio di montagna allo sbocco di una valle che, a risalirla per 10 chilometri di carrozzabile, porta ai piedi del Triglav. Il borgo è rimasto semplice perché privo di piste da sci e quindi di grandi alberghi, ma è una storica base per gli alpinisti alle cui imprese è dedicato il Triglavski Muzej. Alto in riva sinistra si erge invece il villaggio di Dovje, il cui bel campeggio offre uno splendido panorama sul circondario.

Paesaggi industriali
Con l’ingresso nell’autostrada a pedaggio la valle perde rapidamente il suo aspetto così solitario e naturale dopo l’uscita dal tunnel scavato sotto le Caravanche, passaggio verso i Balcani e l’Oriente. I capannoni e un gruppo di grattacieli a dodici piani, imprevisti in un paesaggio montano, annunciano Jesenice, massimo centro siderurgico sloveno da due secoli, sovrastato a nord da una grande montagna impiegata fin dai tempi dei Romani per l’estrazione dei metalli. Il suo boom edilizio dall’incongruo aspetto ha accerchiato i pochi resti della città vecchia: un centro non esiste, l’abitato è disposto lungo la statale per oltre 3 chilometri. Entrati in città si nota in alto a sinistra un chiesone moderno, mentre nella strada sottostante si trova il modestissimo Palazzo Kos (Kosova Grascina) del 1521, rinnovato nel 1821 e oggi sede del Muzej Jesenica, dedicato ai lavoratori locali. Attraversando la lunga città, superata sulla destra un’enorme ciminiera su cui campeggia l’insegna Spar, a una piccola rotonda si svolta a destra e poi ancora a destra, si attraversa un binario e si giunge in un’ampia area con supermercati, parcheggi annessi e spazi verdi con giochi per bimbi. In questa radicale e desolante trasformazione urbanistica si trovano gli antichi palazzi delle ferriere (Zelezarna), discretamente decorati e ora in parte restaurati, sede del Muzej Zelezarne Jesenice dedicato alla tecnica siderurgica dal XIX secolo; accanto sorgono la chiesa e il complesso di archeologia industriale con alloggi operai, fornace e fucina con mulino, ma alquanto in abbandono. La Sava scorre lì sotto, incassata e deturpata dagli impianti industriali.
Ripresa la statale, si passa a Zirovnica per visitare la chiesa di Sveti Martin, del 1430, con interessanti affreschi coevi; visibile dalla strada, è in località Moste ma è aperta solo il sabato alle 18 per la messa. Segue Vrba dove, nell’isolata chiesa di Sveti Marko, si osservano affreschi di anonimo friulano del ‘400 e dello sloveno Jernej, di un secolo più tardi; ben conservata e ora museo la Presernova Rojstna Hisa, casa di contadini benestanti di fine ‘700 dove nacque il maggior poeta sloveno, France Preseren.

Oltre le Giulie
La valle e l’orizzonte si aprono ora a sud e la Sava può dipanarsi in una serie di meandri. La statale diventa molto più trafficata: si è a un paio di chilometri dal lago di Bled in località Lesce, dove sorge un grande campeggio situato in un’ansa della Sava, dotato di laghetto con vaste possibilità di sport acquatici e non solo. Meta interessante ma poco frequentata è l’attigua Radovljica, servita da un altro campeggio.
Alquanto incassata nel fondovalle, proprio all’altezza di Radovljica, la Sava Dolinka riceve la Sava Bohinjka e raddoppia la portata. Come dispiaciuta di abbandonare una così bella regione boscosa, indugia però con varie giravolte che rendono paesaggisticamente più varia la discesa. Il fiume raddrizza il suo corso in vista di Kranj, capoluogo regionale che annovera 36.000 abitanti e un originale centro storico: è posto sulla stretta confluenza del Kokra nella Sava, in un tratto in cui i due corsi d’acqua presentano rive molto alte configurando perciò una posizione ben difendibile. Per questo piacque ai Romani che vi fondarono Carnium, sostituiti dai Longobardi e infine dagli Slavi, che la chiamarono Craina; diventata poi città sotto i Bavaresi, riprese a crescere nel XVIII secolo. Al nucleo antico possono accedere solo i veicoli dei servizi e dei residenti, che dispongono di un telecomando con il quale fanno sparire nel terreno un grosso piolo di ferro che blocca la carreggiata; noi vi entriamo lungo una strada che diventa la lunga Glavni Trg, contornata da antichi edifici che hanno resistito al terribile terremoto del 1511 e da altri di prestigio con affreschi, cortili, portici, aggetti, finestre decorate con pitture trompe-l’oeil. La chiesa gotica di Sveti Kancijan sorprende perché ha un’insolita pianta quadrata e belle sculture. Il centro scende servito da un paio di strade parallele, collegate da vicoli e archi, verso il castello e il ponte sulla Sava. Nel vecchio municipio in Glavni Trg è allestito il museo locale di archeologia, storia, etnografia, arti applicate, sculture e dipinti, mentre in Tavcarjeva Ulica vi sono esposizioni dedicate alla Resistenza e all’arte antica. In fondo alla stessa strada è visitabile la rocca le cui mura risalgono all’XI secolo, dal ‘500 trasformato in residenza. Per godere di un panorama dell’intera città occorre salire in riva destra della Sava, al punto panoramico siglato dalla chiesetta romanica di Sveti Marjeta.Si compie una breve deviazione per raggiungere Skofja Loka, città sorta dove due fiumi si uniscono a formare la Sora che 8 chilometri dopo confluisce nella Sava. La parte antica è sulla riva sinistra, mentre la cima della collinetta è interamente occupata da un enorme castello, ricostruito in epoca barocca sui resti di un maniero del X secolo, distrutto dal terremoto del 1511. Troppo grande per una nobile famiglia, fu dapprima adibito a convitto delle Orsoline e a scuola, successivamente a ospedale militare; oggi ospita il Loski Muzej con collezione di archeologia, etnografia, arte e un’originale sezione dedicata alle poste e telecomunicazioni. La piccola città si sviluppò alla fine del ‘300 e di nuovo dopo il sisma; la parte più popolare ha come centro la Spodnji Trg, mentre una passerella permette di ammirare il ponte del XIV secolo sotto il quale le ripide rive del fiume scorrono più strette e la corrente più forte, buona per i vecchi mulini. Il quartiere nobile, appena più in alto, accoglie la chiesa di Sveti Jakob in Cankatjev Trg, da cui si passa in Mestni Trg. Il primo edificio è il possente palazzo vescovile Homanova Hisa, che conserva all’esterno affreschi rinascimentali. Non accontentatevi di uno sguardo alle belle facciate barocche: sorprendenti il cortiletto del municipio e lo scalone rinascimentale della vecchia canonica. Sia pure con qualche acciacco dell’età, che denuncia una persistente mancanza di fondi per il restauro, l’ambiente urbano si è conservato in un’armoniosa unità di stile, senza infelici intromissioni.
Qui la Sora scende in pianura alla confluenza con la Sava. Sul colle, all’orizzonte, si scorge il castello della capitale Lubiana da dove proseguire verso le vie dell’Est, l’Austria o l’Adriatico.

Radovljica, paese d’arte
Dire città sarebbe fuorviante, viste le dimensioni della parte antica: così piccola da stare tutta in una piazza. Ma Radovljica è una tappa di assoluto interesse, sia per il garbo dell’ambiente urbano che del paesaggio circostante. E’ situata su un terrazzo morenico, formato dal ghiacciaio del Triglav nel Quaternario, alto 75 metri sul livello della Sava che proprio lì sotto congiunge i suoi due rami, ad ovest della cittadina. Il centro storico si presenta tuttora circondato da boschetti che lo separano dall’abitato cresciutogli intorno: è una lingua di terra lunga un centinaio di metri, tipica degli insediamenti romani o precedenti, le cui tracce però sono scomparse. Località importante già nel XIII secolo, ebbe le mura e il titolo di città ma fu completamente distrutta dal terremoto del 1511; da quella data iniziano la rinascita e l’impronta architettonica.
Dal parcheggio che introduce alla zona pedonale, una strada diventa la lunga piazza Linhartov Trg intitolata alla gloria locale, il drammaturgo e storico Anton Tomaz Linhart. Su di essa prospettano le case della borghesia, costruite dal XVI secolo in poi; il semplice stile è un tardogotico sloveno, con decorazioni pittoriche geometriche e affreschi che hanno sofferto il tempo e una certa decadenza, mentre la città moderna si sviluppava obbligatoriamente in altri spazi. Perfettamente restaurata la Sivceva Hisa, ora museo d’arte sotto le volte gotiche del pianterreno e con sale per matrimoni negli ambienti del primo piano; delle altre belle e tipiche abitazioni, tutte minute, alcune aspettano un dovuto restauro. La piazza, tranquilla per i giochi dei bimbi, termina nello slargo dove i tigli fanno ombra al duomo, un edificio gotico dalla modesta facciata ma con un ampio interno a tre navate. Unica costruzione di una certa imponenza è il barocco palazzo Thurn, ampliato nel ‘700 e arricchito di stucchi e medaglioni con l’effigie dei nobili proprietari. Dato che l’apicoltura era dal XVIII secolo un’importante risorsa economica per la città grazie all’operosa ape grigia della Carniola, per celebrare quest’attività vi è stato istituito il Cebelarski Muzej in cui visitare un laboratorio biologico e osservare la documentazione sulla tecnica tradizionale, la collezione di attrezzi e varie forme d’arte popolare: statue lignee, arnie scultoree e ben seicento frontali dipinti di alveari con soggetti religiosi, mitici, storici (molti i turbanti degli invasori turchi), di scene paesane e geografici di terre lontane. Altro punto d’interesse è la galleria Kamen di arte applicata e artigianato artistico tradizionale: ceramica, vetro, legno, metalli, merletti, grafica.
Dalla piazza, per i vicoli che guardano ad ovest, si scopre un ampio panorama che nelle belle giornate comprende anche il Triglav. Al di fuori del centro storico Radovljica è cresciuta, sempre ariosa e verde, con un ordine che all’inizio del secolo scorso era ancora asburgico e che si ritrova nel composto stile liberty della Sparkasse, del 1906.

PleinAir 418 – maggio 2007

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio