A misura d'uomo

Meno popolare di altri centri delle Dolomiti nonostante la bellezza dei paesaggi e la varietà di proposte escursionistiche e sciistiche, Falcade è riuscita a conservare una dimensione turistica ideale per i tranquilli soggiorni sportivi in un ambiente dal fascino selvaggio, al cospetto di alcune delle vette più celebri dei Monti Pallidi.

Indice dell'itinerario

Uno dei più interessanti scultori contemporanei del Veneto è nato ai piedi del Focobon e del Mulaz. Si chiamava Augusto Murer, classe 1922, e poco più che ventenne partecipò alla Resistenza sulle montagne del Bellunese. Nel dopoguerra continuò a ispirarsi alla lotta antifascista per realizzare molte delle sue opere più note, come il Monumento alla Partigiana nel 1964, i pannelli bronzei per il ventennale della Liberazione nel 1965, il Monumento al Partigiano sul Monte Grappa nel 1974 e il Monumento a Giacomo Matteotti a Rovigo nel 1978. Si rivolgono agli anni difficili della guerra anche le acqueforti realizzate nel 1975 per illustrare Il sergente nella neve, celebre libro di Mario Rigoni Stern ispirato alla ritirata delle truppe italiane in Russia. Due anni dopo, nel 1977, a Murer ha dedicato dei versi il poeta spagnolo Rafael Alberti, combattente nella Guerra Civile iberica ed esule in Italia negli anni del regime di Franco: “Tu che ascendi dal fondo delle valli/raccoglitore di legna nei boschi, figlio delle montagne/fratello della roccia e del legno/libero come i venti naturali,/i cieli e le luci incontaminati”.
Augusto Murer è scomparso nel 1985 e il suo atelier, una galleria dove hanno esposto anche Renato Guttuso e Carlo Levi, ospita oggi un museo dedicato ai suoi lavori. D’inverno le statue di bronzo collocate all’esterno, a pochi passi dalla base degli impianti di risalita di Falcade, sono spesso seminascoste dalla neve: un’immagine suggestiva che sembra voler ricordare il legame tra l’artista e queste montagne.

Proposte per tutti
La severa Valle del Biois, nel cuore delle Dolomiti venete, è una meta ricca di attrattive sia in estate che nei mesi freddi. Raggiungibile in breve da Cencenighe Agordino, sulla strada di fondovalle che collega Belluno e Agordo con Alleghe e Arabba, è sorvegliata dalle vette più settentrionali delle Pale di San Martino. Altra protagonista del panorama di Falcade è la Civetta, una delle vette più imponenti dei Monti Pallidi, che si erge a guardia della valle con la sua gigantesca parete nord-occidentale. Intorno alla Cima di Focobon, che con i suoi 3.054 metri è la più elevata della zona, si alzano il Mulaz, la Cima di Campido e il Campanile dei Lastei. Su Gares, alla testata dell’omonima forra, si affacciano la Vezzana (3.192 metri, la più alta delle Pale) e le pareti che chiudono l’altipiano.
L’aspetto selvaggio di questi monti, insieme alla lunghezza di molte escursioni, fa sì che Falcade sia meno famosa e frequentata di San Martino di Castrozza e Predazzo, sul versante trentino delle stesse montagne; il paragone vale anche nei confronti di Moena, che si raggiunge scavalcando il Passo di Valles. Si tratta dunque di un ambiente che offre atmosfere più spontanee anche dal punto di vista turistico, a tutto vantaggio di chi le sa apprezzare.
Queste pendici, che nella bella stagione sono una palestra en plein air di escursioni e arrampicate di grande fascino, si trasformano d’inverno in un magnifico terreno di gioco per lo sci. Anche con la neve, però, i tracciati che si stendono intorno al Passo San Pellegrino e al Passo di Valles sono meno conosciuti di quelle delle stazioni vicine, nonostante il loro interesse sportivo e paesaggistico. Dalla vetta del Col Margherita, che si può raggiungere da entrambi i valichi, la Pista degli Innamorati scende per 10 chilometri fino alla base degli impianti di Falcade: larga e facile in alto, dove tocca la Forcella di Pradazzo e interseca la strada alla base del Passo di Valles con un andamento alla portata di tutti, prosegue con un lungo traverso ai piedi delle Pale di San Martino, poi diventa più stretta e ripida nella discesa finale dentro il bosco, dove da azzurra diventa rossa. La varietà di vedute e di ambienti la dovrebbe far entrare nel novero delle piste più celebri delle Dolomiti: non accade, ma forse è meglio così, perché sulla discesa da Col Margherita a Falcade non si incontrano le folle dei famosi tracciati della Valle di Fassa, della Val Gardena e di Cortina d’Ampezzo.
Altre piste larghe e poco impegnative dal punto di vista tecnico si snodano tra il Col Margherita, il Monte Pradazzo (dove sorge il panoramico Rifugio Laresei) e il Pian delle Saline, sulla strada che sale da Falcade verso il Valles. Senza problemi, quasi ovunque, sono le piste azzurre e rosse del Passo San Pellegrino, ai piedi della Cima dell’Uomo e delle creste di Costabella. Più ripidi, uno rosso e uno nero, i tracciati che scendono dal Col Margherita verso il lago artificiale di Cavia e il Passo San Pellegrino.
Se gli ampi e assolati pendii che separano le Pale di San Martino dai contrafforti della Marmolada sono ideali per lo sci di pista, una valle stretta e aspra come quella di Falcade lascia poco spazio a chi preferisce il fondo. Nonostante un’orografia non favorevole, nella conca accanto all’abitato sono stati tracciati 10 chilometri di anelli che partono dal centro del paese e si inoltrano nel bosco, ai piedi delle Pale di San Martino, oltre il torrente Biois. I principianti hanno a disposizione i 2 chilometri della pista del campo scuola, mentre i più esperti possono spingere sia con il passo alternato che con lo skating lungo i 7 chilometri e mezzo della pista Pietro Scola. Ogni martedì e giovedì, inoltre, 2 chilometri di tracciato sono agibili anche dalle sei alle nove di sera grazie a un impianto di illuminazione.
Per raggiungere altri piacevoli circuiti in cui praticare lo sci nordico si può scendere fino a Canale d’Agordo e da qui deviare in direzione di Gares e del Pian delle Giare dove, a 1.330 metri di quota, sorge la Capanna Cima Comelle, un rifugio privato che permette di rilassarsi ai piedi di alte e selvagge pareti. Da qui, oltre gli abeti, si ammira un bel colpo d’occhio verso le Pale di San Martino, dove spiccano la Cima del Focobon, il Sasso Todesco e il Sasso Negro, a nord si alza il Cimon della Stia, a est la Cima di Caoz e le vette vicine. D’estate si può scegliere tra i lunghissimi sentieri che conducono verso l’altipiano delle Pale e la breve ma ripida passeggiata con meta la cascata di Gares, un salto di una trentina di metri che sgorga da una parete verticale. D’inverno, sul Pian delle Giare, funziona un piccolo centro fondo con sei anelli fino a 7 chilometri e mezzo di sviluppo: la posizione isolata e la lontananza dagli impianti di risalita rendono il luogo adatto a chi ama sciare in un ambiente tranquillo.
Il terreno, quasi ovunque ripido nonostante la protezione offerta dai boschi, restringe il campo d’azione anche per chi ama le passeggiate con le racchette da neve, ma qualche possibilità c’è. Piacevoli strade innevate nel bosco si snodano intorno al Rifugio Lagazzon, raggiungibile seguendo strette strade asfaltate (da non percorrere con il camper) che iniziano da Caviola o da Sacchet. Da Gares, una strada innevata abbastanza ripida ma sicura sale verso Malga Stia, che sorge ai piedi dell’omonima cima ed è un belvedere su alcuni dei valloni più selvaggi delle Pale.
C’è un luogo delle montagne di Falcade, però, che è sinonimo di passeggiate per tutti. E’ la Conca di Fuciade (o Fuchiade), al confine tra Veneto e Trentino, dove il rifugio omonimo è stato costruito negli anni ’60 da tre sacerdoti fassani accanto a un gruppo di baite e di fienili di legno (in dialetto chiamati tabià). Nel 1983 Sergio Rossi, nipote di uno dei tre religiosi, con la moglie Emanuela ha rimodernato l’edificio, che è tuttora una delle tappe lungo l’Alta Via numero 2 delle Dolomiti, facendone una struttura accogliente con un ristorante che figura nelle guide gastronomiche. Il rifugio di Fuciade si raggiunge in un’ora a piedi dal Passo San Pellegrino o dalla strada per il Rifugio Flora Alpina lungo un itinerario che richiede solamente mezz’ora: i due percorsi sono battuti per buona parte dell’inverno, e chi proprio non vuole fare fatica può usufruire di un servizio di motoslitta. E se nei ripidi valloni dominati dal Sasso di Valfredda possono spingersi solo gli sciatori alpinisti, i viottoli estivi che scendono verso il Flora Alpina si trasformano con la neve in splendidi itinerari sulle ciaspole. Verso sud, anche da qui, svettano le Pale di San Martino e l’Agner, la grande montagna che incombe su Agordo.

Il papa del sorriso
Il paese di Falcade, museo di Murer a parte, non regala al visitatore monumenti o altre attrattive culturali di particolare fascino, e la moderna parrocchiale che incombe sull’abitato con la sua vistosa architettura bicolore costituisce tutt’al più una curiosità per gli amanti dell’arte. Non così la piccola Falcade Alta, attraversata dal traffico che sale verso i passi di San Pellegrino e di Valles, che conserva case in legno di grande eleganza affacciate su uno straordinario panorama e la chiesa quattrocentesca dei Santi Fabiano e Sebastiano.
Nella parte bassa della valle, alcune chiese affrescate (la più bella è quella di San Simon, a monte di Sacchet) offrono interessanti deviazioni al turista più attento; ma se visitarle in estate non è semplice, d’inverno le cose sono ancora più complicate. Ancora qualche chilometro più in basso, una località lasciata in disparte dal turismo offre invece l’incontro con un personaggio singolare e affascinante della Chiesa moderna. Parliamo di Canale d’Agordo, che sorge accanto alla strada che sale a Falcade e all’inizio della vallata che conduce ai piedi delle Pale e a Gares. Sulla piazza si affaccia la chiesa arcipretale di San Giovanni Battista (San Zanne in dialetto), del XIV secolo. In una delle case di fronte, nel 1912, nacque Albino Luciani, un uomo che aveva scelto di farsi sacerdote e che diventò vescovo di Vittorio Veneto, patriarca di Venezia e infine, nel 1978, papa Giovanni Paolo I. La sua ascesa al soglio di Pietro, però, è stata una delle più brevi della storia: il pontefice arrivato dalle Dolomiti, che per il suo atteggiamento fu da subito soprannominato

Testo e foto di Stefano Ardito

PleinAir 462 – gennaio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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