A cavallo del gigante

Il Gran Sasso non è solo il Corno Grande, ma un complesso di valli e di vette che si estende per oltre 50 chilometri. Abbiamo provato ad attraversarlo per intero su uno dei percorsi escursionistici più belli d'Italia.

Indice dell'itinerario

Alto, roccioso, imponente, il Corno Grande domina il Parco Nazionale del Gran Sasso con la sua ingombrante presenza, visibile da ogni angolo dell’Abruzzo. E il richiamo della vetta più elevata dell’Appennino esercita un’attrazione magnetica su torme di camminatori che si avventurano, a volte con incoscienza, sul ripido sentiero che conduce alla cima, usualmente tanto gremita da non potervi accedere.
Ma il parco offre una miriade di altre vette suggestive, valli nascoste, foreste, cascate e ruscelli, per tacere dei pietrificati borghi montani che lo circondano. Abbiamo quindi volutamente tralasciato la salita all’affollatissima montagna per andare alla scoperta di uno dei territori più selvaggi e montuosi dell’Italia peninsulare: ne è nata una spettacolare traversata a piedi che si sviluppa per oltre 45 chilometri su un percorso di media e alta quota, permettendo una conoscenza totale del massiccio. Per lunghezza, difficoltà nel riconoscere il sentiero nella parte iniziale ed esposizione in quella finale, l’esperienza è sicuramente destinata nella sua interezza ad escursionisti esperti, dotati di tenacia e di grande senso della montagna per far fronte all’incuria e all’abbandono che affliggono questo pur splendido percorso (nel nostro caso abbiamo impiegato tre giorni); è invece alla portata di tutti nei tratti parziali, con scorciatoie di più facile accesso.

Il sentiero dei Quattro Vadi dal Gravone a Prati di Tivo Dislivello 1.788 m in salita, 1.561 m in discesa Tempo di percorrenza 15 ore e mezzo Percorso Sentiero segnato

Castelli, le otto della sera. Gli arrosticini di agnello scrocchiano sulla brace mentre Vittorino, il disponibile gestore dell’agriturismo in cui siamo alloggiati, ci spiega cosa ci aspetta nei prossimi tre giorni. «Mi raccomando! Attenti al tratto esposto prima del Fondo della Salsa… Se siete stanchi scendete a dormire a San Pietro… In caso di difficoltà chiamatemi, che vengo a recuperarvi». Conosce da tempo la nostra passione per la montagna, ma ai suoi occhi siamo sempre dei cittadini, non avvezzi alle difficoltà e ai pericoli delle vette.
Vittorino ci strappa dal sonno che è ancora buio e, dopo averci rimpinzato di latte e crostata, ci scarrozza in auto all’inizio del sentiero, a 1.223 metri di quota sulla strada che unisce Castelli a Rigopiano. La traccia si inoltra subito nel bosco, protetta per un lungo tratto dalle fronde, in un susseguirsi di saliscendi intervallati da fresche fonti. Tre ore di cammino e arriviamo finalmente a lambire la poderosa parete nord del Monte Camicia: oltre un chilometro di roccia verticale che raggiunge il suo punto più spettacolare nel Fondo della Salsa, un inciso anfiteatro dove la neve perdura fino a luglio inoltrato.

Scorciatoia
Il Fondo della Salsa può essere raggiunto anche con una piacevole camminata di un’ora dalla strada che collega Castelli a Rigopiano. Il sentiero segnato inizia 3 chilometri a monte del paese.

Il percorso alterna ora riposanti tratti di bosco a faticosi scavalcamenti, là dove la vicinanza delle ripide pareti ha provocato devastanti valanghe che tutto hanno travolto al loro passaggio. Alberi, rocce, ghiaccio e cespugli sono aggrovigliati in una matassa che rende arduo il cammino e il riconoscimento della traccia, ad esclusione dei punti in cui l’opera dei volontari del CAI è riuscita a ridare un po’ d’ordine a una natura che tende a riprendersi quel che le appartiene.
Transitiamo proprio al di sotto di rinfrescanti cascate, percorriamo panoramiche cenge e finalmente giungiamo agli 850 metri di quota del Piano del Fiume, il punto più basso del sentiero, proprio allo sbocco dell’impressionante e umido fosso del Malepasso.

Scorciatoia
La traversata può essere iniziata direttamente dal Piano del Fiume, raggiungibile in breve con l’auto da Pretara. In alternativa si può interrompere qui il primo giorno di cammino, scendendo a dormire al vicino paese di San Pietro.

Il sentiero diviene ora più visibile, trasformandosi via via in una comoda carrareccia che segue in piano un lunghissimo impianto tecnologico dell’Enel: un canale che a mo’ di grondaia raccoglie tutte le acque sovrastanti convogliandole nella centrale elettrica di San Giacomo, nell’alta valle del Vomano.
Sono ormai le sette di sera quando, con il sole radente, raggiungiamo il suggestivo eremo di San Nicola, risalente all’anno Mille, a 1.096 metri di quota proprio sotto il paretone del Gran Sasso.

ScorciatoiaL’eremo è raggiungibile in 45 minuti di cammino da Casale San Nicola con un’antica mulattiera.

Fino a questo punto, pur fra diverse difficoltà, il cammino si è sviluppato soprattutto in piano: ora si inizia a salire in un fitto bosco reso ancora più cupo dal buio incipiente. Transitiamo sotto il paretone del Corno Grande arrossato dal tramonto e solo a notte fonda, con l’ausilio delle torce, approdiamo ai 1.450 metri di Prati di Tivo, dove una birra e una vasca da bagno sciolgono i nostri muscoli indolenziti e un bel po’ di sporcizia.
Attraverso le creste da Prati di Tivo al Rifugio Duca degli Abruzzi

Dislivello 752 m in salita, 344 m in discesa Tempo di percorrenza 4 ore Percorso Sentiero segnato

Oggi ci concediamo il lusso di salire per 600 metri di quota con la seggiovia che da Prati di Tivo giunge all’Arapietra: 20 minuti di silenzio e pace assoluta, sospesi nel vuoto, con le superbe vedute della pianura teramana, del Corno Piccolo e del Pizzo Intermesoli a fare da sfondo.
Dopo la boscosa giornata di ieri, ora il paesaggio si fa roccioso addentrandosi nel cuore del massiccio e lambendo le creste del Corno Grande, in un ambiente di pura e maestosa montagna. Appena un’ora di cammino e appare il suggestivo Rifugio Franchetti, a 2.433 metri su uno sperone proprio di fronte alla parete del Corno Piccolo.

Scorciatoia Il Rifugio Franchetti, in magnifica e panoramica posizione, è una meta alla portata di tutti. Consigliabile prenotare se si intende dormire o anche solo pranzare in loco.

Il tempo di un ristoro e siamo di nuovo in cammino. Dopo aver superato la sella dei Due Corni e un facile e divertente passaggio su roccia agevolato da corde fisse, giungiamo ai 2.679 metri del panoramico Passo del Cannone, così chiamato dal foro perfettamente circolare che orna la parete superiore. In discesa attraversiamo la conca degli Invalidi e bordeggiamo quindi il vallone carsico di Campo Pericoli, cinto di vette affilate. Dalla sella di Monte Aquila solo pochi passi ci separano dalle accoglienti mura del Rifugio Duca degli Abruzzi, che domina Campo Imperatore dall’alto dei suoi 2.388 metri. In un ambiente ospitale e sereno, da vecchio approdo montano, consumiamo una lauta cena; è presto tempo di chiacchiere e ricordi, davanti a un bicchiere di vino, per sprofondare poi nel sonno mentre fuori il vento inizia a ululare.

Scorciatoia Anche il Rifugio Duca degli Abruzzi si presta a una panoramica passeggiata a prova di pigrizia: 40 minuti di cammino da Campo Imperatore su un sentiero tanto battuto da sembrare una strada.

Dal Rifugio Duca degli Abruzzi al Passo delle Capannelle
Dislivello 333 m in salita, 1.471 m in discesa Tempo di percorrenza 8 ore e mezzo Percorso Sentiero segnato
Il vento notturno non è scemato e con l’alba ha acquistato nuova energia. La Cresta della Portella rivela subito la sua difficoltà ad essere percorsa sotto le raffiche, talmente forti da rendere difficile anche solo il rimanere in piedi. La fatica aumenta dopo il Pizzo Cefalone, dove l’affilata Cresta delle Malecoste ci costringe a procedere carponi, letteralmente abbrancati alla roccia.

Scorciatoia Pizzo Cefalone (2.533 m) è una delle vette più panoramiche del gruppo. E’ raggiungibile in un paio d’ore con il sentiero segnato che parte dall’eliporto di Campo Imperatore e transita per il Passo della Portella (2.260 m, 45 minuti), antica e importante via di comunicazione fra il versante aquilano e teramano del massiccio: dallo stretto intaglio fra due paretine rocciose si gode una splendida vista sul sottostante Campo Pericoli, sul Gran Sasso e sulla cima piramidale di Pizzo Intermesoli.

Subito dopo la Cima Giovanni Paolo II (2.424 m), così battezzata di recente, la cresta si fa erbosa, aperta a destra e sinistra su vallate profonde e lontane, mentre il lago di Campotosto inizia a specchiarsi nel cielo davanti a noi.
Iniziamo la discesa conclusiva verso il Piano di Camarda, popolato di cavalli al pascolo, incontrando prima fresche aree boschive, poi una carrareccia, infine una strada asfaltata e quindi la statale 80, proprio sotto il Passo delle Capannelle. Il Corno Grande occhieggia dalla sua vetta, ma non sembra deluso di essere stato trascurato.

PleinAir – aprile 2007

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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