Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

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Sembra un paradosso, ma tanto la stipsi è frequente nel mondo occidentale -con costi economici e sociali non indifferenti- quanto è virtualmente sconosciuta nei Paesi in via di sviluppo.

Dalla “nostra” parte del globo, si stima addirittura che almeno un quarto della popolazione ne soffra, soprattutto donne – nelle quali è tre volte più frequente – e anziani, in prevalenza over 65.

Può minacciare il nostro benessere in molti modi: con la sensazione di pienezza, di gonfiore intestinale, di crampi, di mal di testa fino alla comparsa di emorroidi e addirittura al prolasso rettale. Per non parlare di una certa “irritabilità” che percepiamo a livello generale e che dipende dal non aver correttamente eliminato le scorie e che si scioglie in un liberatorio sollievo quando finalmente riusciamo ad espletare la fisiologica evacuazione.

Psiche e alimentazione sono i grandi nemici della regolarità di corpo. D’altronde non dimentichiamo che l’intestino è davvero il nostro secondo cervello: produce addirittura più serotonina (l’ormone del benessere) del cervello stesso! L’intima relazione fra stato emotivo e funzioni intestinali la conosciamo tutti: è quella che ci fa correre al bagno prima di un esame o di una prova importante o, al contrario, serra l’uscita per giorni e giorni quando siamo in viaggio e il nostro inconscio, trovandosi in un territorio sconosciuto, non si “rilassa”.

E poi la dieta, divenuta così povera di fibra: un nutriente tanto poco apprezzato quanto necessario al mantenimento di una corretta flora intestinale e a una sana peristalsi.

Oggi è considerato stitico chi va di corpo meno di due volte a settimana (!), un’eventualità virtualmente sconosciuta ai popoli che basano ancora la loro alimentazione su cibi freschi e poco processati: cereali integrali, legumi, vegetali e frutta, tutte fonti di abbondante fibra. Tra i primi a documentarlo fu il dr. Denis Burkitt, chirurgo irlandese che negli anni ’50, durante la sua permanenza in Africa, notò l’abbondanza e la frequenza delle feci delle popolazioni locali finendo, a seguito dei suoi studi, con l’attribuirla al loro elevato consumo di fibre vegetali pari a 50-60 grammi al giorno, dosaggio doppio rispetto ai 30 grammi raccomandati dalle linee guida internazionali e capace di garantire a quelle genti un’evacuazione dopo ogni pasto.

Senza dover necessariamente puntare a tanto, chi soffre di stitichezza può certamente iniziare a cercare nell’alimentazione l’aiuto necessario ad andare di corpo regolarmente e con una frequenza accettabile. In alternativa, infatti, molti ricorrono direttamente ai rimedi presenti a profusione in commercio per la cura della stipsi, una terapia che – più di altre – paga il pegno di un diffuso “fai da te”, specialmente quando si utilizzano rimedi ad azione irritante sulle pareti intestinali che peggiorano e cronicizzano il problema.

CURARE LA STIPSI COL CIBO: PICCOLI TRUCCHI, GRANDI RISULTATI

Grazie all’impulso dato dagli studi del dr. Burkitt oggi sappiamo bene che una dieta povera in fibre – tipica delle società industrializzate che abusano di carboidrati raffinati e di cibi trasformati – determina feci scarse e di volume troppo ridotto perché l’intestino le riconosca e si attivi per espellerle. Aggiungere fibra è, dunque, il primo contributo alimentare utile a contrastare la stitichezza: per cominciare possiamo mischiare dei cereali integrali come l’avena in fiocchi o il cruschello di avena allo yogurt: la fibra contenuta nei primi e i buoni batteri del secondo saranno di aiuto.

Prima ancora di fare colazione, poi, è estremamente utile bere il succo di mezzo limone spremuto aggiunto a un bicchiere di acqua calda. Contrariamente a quanto si pensi, questa formulazione non è affatto “astringente”, ma agisce in senso opposto risvegliando, dopo una notte di riposo, la produzione di succhi biliari e pancreatici nell’intestino, in grado di attivare la peristalsi. Anche la semplice acqua calda da sola (senza succo di limone) è utile perché invia allo stomaco e al colon il segnale di svuotarsi in risposta a qualcosa che è in arrivo. Se la stipsi si ostina a persistere è il momento di far entrare in campo le prugne secche: il loro effetto fisiologico favorevole alla peristalsi è stato riconosciuto ufficialmente dall’EFSA, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare. Oltre che di tante fibre solubili, le prugne sono infatti ricche di sorbitolo, uno zucchero non assorbibile che arriva nell’intestino e richiama acqua ammorbidendo il contenuto intestinale e aiutando ad andare di corpo. Sarebbe preferibile mettere cinque prugne secche nell’acqua calda ad ammorbidire la sera prima di andare a letto per poi mangiarle l’indomani mattina, bevendo anche l’acqua. Questo metodo sarà ancora più efficace se, oltre a bere l’acqua di ammollo, aggiungiamo le prugne ad un yogurt, magari con dei fiocchi di avena e dei semi di lino, che, giungendo nell’intestino, richiamano acqua gonfiandosi. Un altro rimedio utilissimo è rappresentato dai kiwi, consumarne ogni giorno due maturi (dettaglio importante) offre spesso risultati insperati. Anche la pera cotta, un altro lassativo naturale, i peperoni e i funghi sono utili.

L’ERRORE “PIU’ GRANDE”: LA POSIZIONE SEDUTA 

Difficile da credere, ma la classica “seduta” di noi occidentali sul gabinetto è completamente innaturale e, invece di favorire l’evacuazione, la ostacola. L’angolo a novanta gradi che formiamo col corpo quando siamo seduti crea, infatti, un ostacolo al passaggio delle feci perché, di fatto, così posizionati chiudiamo lo sfintere anale. Molto più corretta è la posizione “alla turca”, simile a quella dello squat, un esercizio tipico che si fa in palestra.

Quando siamo accovacciati, infatti, la muscolatura rettale si distende favorendo la liberazione fisiologica e completa dell’intestino. In ogni caso possiamo ottenere un “effetto squat” sullo sfintere interno anche sedendoci sul wc in modo tradizionale: basta sollevare le gambe appoggiandole sopra uno sgabello, un supporto, una scaletta a due gradini (come ad esempio quelle che forniamo ai bambini per raggiungere autonomamente l’altezza del lavandino). Questo piccolo trucco aiuta a migliorare lo svuotamento intestinale, riduce il senso di costipazione e ne previene le complicanze. Si riduce, infatti, la pressione endoaddominale che contribuisce alla loro formazione e, al contempo, diminuisce il rischio di prolasso rettale. L’ultimo consiglio utile è di leggere un libro, una rivista o un giornale mentre aspettiamo -seduti con le gambe appoggiate su un rialzo- che “arrivi il momento”: distrarsi aiuta a dissipare quella fisiologica dose di aspettativa e di stress che accompagna chi stenta a trovare la regolarità intestinale e che interferisce negativamente sul suo raggiungimento.