Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

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Una ricerca israeliana punta nuovamente il dito sulla stretta connessione fra dieta e salute del cervello: un’alterazione del metabolismo nota come insulino-resistenza sembra, in particolare, accelerare il decadimento cognitivo tipico dell’età avanzata.

La resistenza all’insulina ostacola l’ingresso di glucosio all’interno delle cellule e, al contempo, frena la trasformazione dei grassi in energia. Questa condizione, dunque, se da una parte aumenta i livelli di glucosio nel sangue dall’altra riduce la disponibilità di combustibile (glucosio e acidi grassi) dentro le cellule che si trovano così in uno stato di relativo deficit energetico cominciando a funzionare meno bene e accumulando difetti.

Nello studio, circa 500 pazienti con malattie cardiovascolari sono stati seguiti per 20 anni. Chi, all’ingresso nello studio, era affetto da insulino-resistenza (senza necessariamente soffrire di diabete) ha manifestato nei venti anni successivi il più rapido declino delle performance cognitive, in particolare della memoria e delle funzioni esecutive -quei processi mentali che permettono di pianificare e attuare progetti con lo scopo di raggiungere un obbiettivo.

Non è la prima volta che un’alterazione del metabolismo del glucosio è stata associata al decadimento cognitivo: basti pensare che chi è affetto da diabete ha il doppio dell’incidenza di Alzheimer e che una dieta ricca in carboidrati aumenta di quasi 4 volte il rischio di sviluppare deficit cognitivo.

L’insulino-resistenza è sempre più diffusa, associata tipicamente al consumo smodato di carboidrati raffinati e zuccheri, specialmente fruttosio. Anche se più frequente in chi è sovrappeso e obeso, va comunque sottolineato che non è necessariamente associata al peso corporeo: sempre più spesso si riscontrano, infatti, individui magri affetti da insulino-resistenza mentre, al contrario, molte persone obese risultano in perfetta salute metabolica.

L’associazione fra insulino-resistenza, diabete e malattie cardiovascolari è nota da tempo ma è solo da qualche anno che si è cominciato a comprendere il suo ruolo nelle malattie neurodegenerative, dal lieve decadimento cognitivo fino a gravi forme di demenze, tanto che alcuni autori si sono spinti a definire l’Alzheimer come “diabete di tipo 3”.

L’insulino-resistenza altera vie di segnale che regolano la produzione di energia, l’espressione dei geni, la sopravvivenza e la plasticità dei neuroni; aumenta l’infiammazione e lo stress ossidativo danneggiando le proteine, le membrane cellulari e lo stesso DNA. Tutti questi eventi accelerano la perdita delle funzioni cognitive e della memoria.

L’insulino-resistenza, una volta diagnosticata, è trattabile modificando la dieta, iniziando l’attività fisica e assumendo opportuni farmaci. Per diagnosticarla è sufficiente fare un prelievo di sangue al mattino a digiuno e dosare i livelli di insulina. Sono considerati ottimali livelli inferiori a 5-6 microunità/ml. Si può anche dosare l’HOMA index, un indice che valuta l’insulino-resistenza in base alle concentrazioni nel siero di glucosio e insulina a digiuno. Identificarla precocemente è importantissimo se vogliamo proteggere i nostri organi – dal cuore, ai vasi, al cervello – dall’invecchiamento precoce.

Fonte: Insulin Resistance and Future Cognitive Performance and Cognitive Decline in Elderly Patients with Cardiovascular DiseaseJournal of Alzheimer’s Disease, 2017.