Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

Indice

Un nuovo studio condotto presso l’Università di Leicester dimostra che l’insalata tagliata e conservata in busta è un ottimo incubatore in grado di favorire la crescita della Salmonella enterica. L’acqua di vegetazione, ovvero il liquido ricco di vitamine, minerali e sostanze antiossidanti che si libera in seguito al taglio delle foglie di insalata, è infatti un super-nutriente per la Salmonella che nel nutrirsene aumenta la capacità di proliferare e di rimanere attaccata alle pareti delle foglie, resistendo anche ai successivi lavaggi.

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Applied and Environmental Microbiology, della Società Americana di Microbiologia. Nello studio i succhi provenienti dall’insalata tagliata hanno più che raddoppiato la motilità della Salmonella, consentendole la colonizzazione della foglia e la sua rapida espansione. Nel corso di 5 normali giorni di conservazione in frigorifero 100 batteri si sono moltiplicati in colonie di approssimativamente 100.000 batteri. I succhi fuoriusciti dalle foglie, inoltre, hanno stimolato la formazione di biofilms, aggregati di cellule microbiche incluse in una matrice extracellulare, caratterizzati da una tenace capacità di aderire alle superfici che rivestono: impianti medici, acciaio, denti (la ben nota placca dentale) così come foglie di insalata. I biofilms resistono potentemente ai lavaggi. Da notare che la flora microbica normalmente presente sull’insalata non risponde nello stesso modo, suggerendo che l’acqua di vegetazione rilasciata dopo il taglio conferisca alla Salmonella uno spiccato vantaggio nel colonizzare le foglie rispetto ai batteri con cui normalmente compete. L’ insalata può essere esposta alla Salmonella durante la coltivazione nei campi attraverso insetti, feci di uccelli e di altri animali, attraverso il letame o l’acqua utilizzata per irrigare i campi. Le contaminazioni, seppur rare, destano tuttavia preoccupazione a livello di salute pubblica. Basti pensare che nel 2016 in Gran Bretagna oltre 150 individui sono stati infettati con un ceppo patogeno di Escherichia coli (E. coli O157), dopo aver consumato insalata in busta. Di questi, 62 sono stati ricoverati in ospedale e due sono morti. Se è vero che solo una percentuale compresa fra lo 0 e il 3% dei campioni di insalata in busta contiene batteri patogeni, questo piccolo numero è tuttavia significativo se consideriamo che nel 2015 in Italia 19 milioni di famiglie l’hanno acquistata, per una spesa media annua per nucleo familiare di 34 euro.

Certo l’insalata in busta è comoda. Dobbiamo però anche sapere che, dal punto di vista nutrizionale, risulta impoverita di molti suoi nutrienti. Vitamine, minerali e altri antiossidanti, infatti, vengono ampiamente perduti prima durante i prolungati lavaggi in acqua ricca di cloro, poi con il taglio e la fuoriuscita dei succhi, infine nei 5 giorni di conservazione in busta dove l’insalata è ampiamente esposta alla luce delle lampade dei frigoriferi. Quello che resta alla fine è un po’ di fibra e clorofilla, poco sapore, e un piccolissimo rischio di contaminazione.