Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

La dieta chetogenica: pochi zuccheri e tanta memoria

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Avete presente quando i bambini, dopo una febbre o uno stress, sviluppano quell’alito dal forte odore di frutta matura? È il sintomo inconfondibile dell’acetone, condizione che si verifica quando aumenta la domanda energetica del corpo senza che il glucosio stipato dall’organismo sia più sufficiente a soddisfarla. Toccherà, quindi, ai grassi essere metabolizzati in energia: durante questo processo il fegato produce i cosiddetti corpi chetonici, cioè quegli acidi che possono preoccupare le mamme dei più piccoli durante la malattia. Per le stesse ragioni – ovvero per bruciare il grasso, soprattutto quello che si annida dentro gli organi addominali, il più pericoloso per la nostra salute – al fine di perdere peso si può ricorrere alla cosiddetta “dieta chetogenica” basata su un maggiore consumo di grassi e una giusta dose di proteine a scapito dei carboidrati e degli zuccheri. Questo tipo di alimentazione sembra la più rapida a indurre il dimagramento proprio perché mirata a bruciare i grassi e a riequilibrare il segnale dell’insulina (un ormone stimolato dai carboidrati e dalle proteine ma non dai grassi). Gli scienziati, però, stanno iniziando a notare che i suoi vantaggi potrebbero spingersi ben oltre, contribuendo a preservare la memoria e invecchiare in salute.

TRE STUDI, UNA CONCLUSIONE: LA DIETA CHETOGENICA È AMICA DEL CERVELLO

Sono, infatti, tre gli studi di recente pubblicazione, tutti californiani, che hanno rilevato la capacità della dieta chetogenica di proteggere il cervello dai sintomi dell’invecchiamento.

Le prime due ricerche sono state condotte su topolini la cui capacità cognitiva è stata misurata testandone le prestazioni alle prese con labirinti e piccoli attrezzi quali travi da equilibrio e ruote da corsa. Anche le funzioni cardiache e il comportamento generico sono stati oggetto di monitoraggio continuo.

Più nel dettaglio, la prima ricerca è stata condotta su topolini in età avanzata sottoposti a una dieta chetogenica – ad alto apporto di grassi e proteine e bassa assunzione di carboidrati – alternata a una normale dieta di controllo. Gli scienziati hanno rilevato come tutti i topini anziani oggetto dell’esperimento avessero maggior memoria dei loro simili più giovani, attribuendo questo effetto a un particolare acido, il BHB o beta-idrossi-butirrato, prodotto durante la chetosi (ovvero la trasformazione dei grassi in energia). Da notare che i topini non erano sempre in chetosi ma alternavano alla dieta chetogenica una dieta normale. Le rilevazioni sui topini state volutamente condotte in questa seconda fase al fine di comprendere gli effetti nel lungo termine della prima. “La dieta chetogenica ha cambiato qualcosa nel cervello di questi animali rendendoli più resilienti agli effetti dell’invecchiamento. Il prossimo passo sarà capire di cosa si tratti”, spiega uno dei partecipanti allo studio.

La seconda ricerca si è tenuta su topini adulti, non anziani, con risultati altrettanto promettenti della precedente: in sostanza, la durata media di vita dei roditori sottoposti a dieta chetogenica è incrementata del 13%: il corrispettivo di 7-10 anni per l’uomo. Ancora, miglioramenti sono stati registrati a livello delle funzioni motorie e della massa muscolare.

SPEGNERE L’INFIAMMAZIONE

C’è, infine, un terzo studio che si è concentrato sul rapporto tra dieta chetogenica e infiammazione del cervello. Con risultati di grande interesse che corroborano quelli degli altri due appena descritti. Erano, infatti, già noti gli effetti benefici in termini neurologici di una dieta chetogenica a basso contenuto di carboidrati sperimentata con successo, ad esempio, in caso di epilessia. Ignote, invece, ne erano rimaste le ragioni, pur intuendo che fossero legate al ruolo chiave dell’infiammazione. Proprio qui sono andati a indagare gli studiosi di San Francisco, riuscendo a comprendere prima il processo molecolare attraverso cui la dieta chetogenica riduce l’infiammazione e a individuare, poi, la proteina capace di innescare questo virtuoso meccanismo.

Per semplificare al massimo ricordiamo che l’eccesso di glucosio nel sangue è fonte di problemi quali glicazione delle proteine, stress ossidativo, infiammazione e insulino-resistenza, condizione quest’ultima particolarmente pericolosa per un organo come il cervello che pur costituendo solo il 2-3% del nostro peso corporeo consuma da solo il 20% dell’energia che produciamo giornalmente.  In presenza di insulino-resistenza, infatti, il glucosio, la vitamina C, la carnitina e altri fattori nutrizionali stentano ad entrare nelle cellule che si troveranno così in uno stato di ridotta produzione di energia e produrranno maggiore stress ossidativo. Tutti fattori nocivi per la salute del nostro cervello.

Come già spiegato, nella dieta chetogenica: l’apporto di glucosio da carboidrati è minimo; al posto degli zuccheri i grassi diventano la principale fonte di energia; cambia, di conseguenza, il processo metabolico per estrarla. Su questi presupposti i ricercatori hanno indotto nei topolini uno stato chetogenico avvalendosi di una particolare proteina capace di bloccare il metabolismo del glucosio. Dopodiché “i livelli d’infiammazione sono drasticamente ridotti raggiungendo quasi quelli di normali condizioni di salute”, riferiscono gli autori dell’indagine. Che hanno estratto un’altra importante informazione: quando il metabolismo del glucosio è minimo, scende anche il rapporto fra due molecole, NADH e NAD+, coinvolte nel metabolismo energetico. Le cellule quando trasformano il glucosio in energia convertono il NAD+ in NADH. Quando il rapporto NADH:NAD si abbassa (perché si produce meno NADH) le cellule rispondono attivando una particolare proteina (CtBP) capace di ridurre l’infiammazione dei geni. In altri termini, possiamo affermare che questa proteina – dall’azione protettiva tanto importante – si attiva quando il metabolismo del glucosio è pressoché fermo.

LA PROSPETTIVA DI UN NUOVO FARMACO

Ecco, dunque, da dove gli scienziati vorranno ripartire per concepire un farmaco capace di riprodurre gli effetti antinfiammatori della dieta chetogenica. Seguire questo tipo di regime alimentare, infatti, non è sempre facile, soprattutto se si è già malati. Anche i soggetti sani devono evitare improvvisazioni “fai da te” e consultare almeno il medico di base prima di sottoporsi a una dieta chetogenica. Mentre la scienza prova a concepire un nuovo farmaco capace di aiutare il cervello come fa la chetosi, noi possiamo – e dobbiamo – perseverare in tutti quei comportamenti virtuosi in grado di proteggere le nostre cellule e soprattutto quelle cerebrali, a partire dal limitare pericolose elevazioni dei livelli di glucosio nel sangue.

Fonti:

Ketogenic Diet Reduces Midlife Mortality and Improves Memory in Aging Mice

http://www.cell.com/cell-metabolism/fulltext/S1550-4131(17)30489-8

A Ketogenic Diet Extends Longevity and Healthspan in Adult Mice

http://www.cell.com/cell-metabolism/fulltext/S1550-4131(17)30490-4

Bioenergetic state regulates innate inflammatory responses through the transcriptional co-repressor CtBP

http://www.nature.com/articles/s41467-017-00707-0