Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

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Proprio come avviene nel cervello affetto da Alzheimer anche nel cuore malato d’insufficienza cardiaca si accumulano aggregati di proteine non degradate. E’ un’importante similitudine scoperta dai ricercatori della Johns Hopkins University in collaborazione con i due atenei italiani di Bologna e Torino. L’insufficienza cardiaca è una condizione cronica in cui il cuore non pompa sangue come dovrebbe causando, così, un eccessivo affaticamento.

Lo studio – pubblicato sulla rivista Circulation Research e coordinato dal cardiologo Giulio Agnetti – ha evidenziato come la desmina, una proteina filamentosa che costituisce lo “scheletro” delle cellule, si accumula in caso d’insufficienza cardiaca in aggregati chiamati amiloide.

INSUFFICIENZA CARDIACA E PLACCHE DI PROTEINE
Questo fenomeno, le cui cause restano sconosciute, era stato già notato dai ricercatori nel cuore di cani con insufficienza cardiaca in un precedente studio condotto nel 2014. Per estendere la ricerca anche al cuore umano gli scienziati hanno effettuato la biopsia di tessuti prelevati da organi malati e sani: nei primi le placche di desmina erano il doppio rispetto ai secondi. Circostanza confermata anche dall’osservazione diretta dei cuori dei topini affetti da insufficienza cardiaca. La malattia, nel loro caso, è stata provocata volontariamente in un dato momento per osservare cosa sarebbe successo successivamente alla desmina. Quattro settimane dopo le placche della proteina risultavano raddoppiate

NUOVE PROSPETTIVE DI DIAGNOSI E CURA
Tali conclusioni aprono nuovi scenari terapeutici per la diagnosi e per la cura dell’insufficienza cardiaca che potremmo, dunque, definire “L’Alzheimer del cuore”. A oggi, infatti, non sono chiari i meccanismi molecolari alla base della malattia e si resta concentrati sui suoi sintomi avvalendosi di farmaci che abbassano la pressione sanguigna, rilassano i vasi e riducono lo stress del cuore senza incidere realmente sulle sue cause. Tanto è vero che nei casi più gravi, quando il cuore smette di pompare sufficiente sangue, ancora non resta altra via che il trapianto.

IL TE’ VERDE: UN ESPERIMENTO RIUSCITO
E’ in questo contesto che i ricercatori si sono spinti oltre provando a trattare i topini con epigallocatechina-3-gallato (EGCG) uno dei più potenti antiossidanti contenuto nel tè verde, noto proprio per la sua efficacia contro malattie causate da “placche” e ostruzioni: colesterolo, arteriosclerosi, malattie cardiovascolari. Tutti problemi, questi, contro i quali il tè verde vanta ampia letteratura scientifica a confermarne l’efficacia: uno studio condotto in Giappone – patria del tè – su un campione di oltre 40mila persone rivelò che nei bevitori abituali il rischio di morte per qualunque causa si riduce del 23 percento per le donne e del 12 percento per gli uomini. Nel caso delle malattie cardiovascolari il rischio diminuisce del 31 percento nelle donne e del 22 percento negli uomini, quello di ictus diminuisce, rispettivamente, del 42 e del 35 percento. Anche se non è chiaro come, l’EGCG ha dimostrato di essere particolarmente capace a “sciogliere” anche gli aggregati di amiloide. E non si è smentito nemmeno nel caso dei nostri topolini: il trattamento con tè verde ha dimezzato gli accumuli di proteine presenti nel loro cuore affaticato. Questo studio apre uno scenario completamente nuovo per il trattamento dell’insufficienza cardiaca, uno scenario in cui si è potenzialmente in grado di intervenire finalmente sulle cause, oltre che sui sintomi.

Ricordiamo che il tè con il più elevato contenuto in catechine è il matcha. Per la preparazione di un’ottima tazza di tè i consigli sono pochi e semplici: 1) preferire un prodotto biologico; 2) non portare l’acqua a ebollizione, ma fermarsi ai 70-80 gradi; 3) consumare la bevanda senza latte e zucchero.

Fonte: Rainer, P et al. (2018) Desmin Phosphorylation Triggers Preamyloid Oligomers Formation and Myocyte Dysfunction in Acquired Heart Failure. Circulation Research. CIRCRESAHA.117.312082 DOI: 10.1161/CIRCRESAHA.117.312082 http://circres.ahajournals.org/content/122/10/e75