Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

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Ricordate il salasso, l’antica tecnica medica di prelevare quantità anche considerevoli di sangue a un paziente nel tentativo di favorirne la guarigione? Praticata fino al diciannovesimo secolo, la sua reale efficacia non è mai stata dimostrata e l’avvento di terapie più sicure ne ha indotto il progressivo abbandono. Oggi la flebotomia, la versione moderna del salasso, sopravvive per applicazioni limitate quali – come si desume dallo stesso nome – il prelievo del sangue nei laboratori di analisi, le trasfusioni, la donazione di sangue. Ebbene, uno studio randomizzato della Berlin and University Duisburg-Essen suggerisce il recupero di questa tecnica nella terapia della sindrome metabolica, una vera epidemia dei nostri tempi.

SINDROME METABOLICA, DIABETE E MALATTIE CARDIOVASCOLARI
La sindrome metabolica si presenta come un quadro clinico particolarmente complesso e pervasivo che riflette la progressiva alterazione di diversi meccanismi omeostatici di controllo: dal metabolismo degli zuccheri, a quello dei grassi, alla perdita della capacità delle arterie di rilassarsi. Una perdita di regolazione che può affliggere tanto le persone sovrappeso o obese quanto quelle normopeso e che si traduce nell’alterazione di diversi parametri laboratoristici come l’aumento dei livelli di insulina, glucosio, trigliceridi e colesterolo cattivo, la riduzione dei livelli di colesterolo buono e l’incremento dei valori pressori. Tutte problematiche, queste, che possono degenerare in diabete conclamato e/o malattie cardiovascolari. In tale contesto una delle cause e conseguenze della sindrome metabolica è l’aumento dello stress ossidativo che è peggiorato dalla presenza di un’eccessiva presenza di ferro nel sangue e nel fegato. Il ferro, infatti, è un potente pro-ossidante. Se la sindrome metabolica è legata allo stress ossidativo e se possiamo contenere lo stress ossidativo riducendo i livelli di ferro nel sangue, possiamo migliorare l’andamento di questa condizione patologica riducendo l’apporto di ferro con la dieta ed eliminando parte delle scorte accumulate nei tessuti attraverso i salassi? La risposta al quesito, esplorata in diversi studi, è stata davvero illuminante.

LO STUDIO: DUE FLEBOTOBIE IN UN MESE
Per verificare questo assunto sono stati scelti 64 pazienti affetti da sindrome metabolica e divisi, in maniera casuale, in due gruppi: uno di 33 persone sottoposte a flebotomia, l’altro di 31 persone che hanno fatto da gruppo di controllo.  Ai primi 33 sono stati sottratti 300 ml di sangue all’inizio dell’indagine e tra i 200 e i 500 ml (a seconda dei loro dei rispettivi livelli di ferro iniziali) dopo quattro settimane. Trascorse sei settimane dal secondo prelievo, il tempo necessario a normalizzare il volume di sangue nel fisico, nei pazienti sottoposti a flebotomia è stata rilevata una significativa riduzione della pressione sanguigna (mediamente la massima era diminuita da 148 a 130) e del battito cardiaco, così come dei livelli di glucosio e di lipidi nel sangue, parallelamente a un miglioramento del rapporto tra colesterolo buono e cattivo (a favore del primo).

UN PASSO IN AVANTI, NON UNA CURA
Insomma i classici fattori di rischio delle malattie cardiovascolari erano migliorati a seguito della flebotomia. Questo non significa certo che dovremmo smettere di prevenire –  attraverso uno stile di vita sano e una corretta alimentazione –  obesità, sindrome metabolica e le malattie ad esse connesse perché “basta poi donare il sangue e passa tutto”. Lungi da voler trasmettere un tale messaggio, resta questo un importante passo in avanti nell’esplorazione di nuove terapie che merita senz’altro ulteriore approfondimento. La riduzione dei livelli di ferro nel sangue a seguito delle due donazioni effettuate dai pazienti “è stata in grado di migliorare il controllo glicemico e i sintomi rivelatori di un rischio di malattie cardiovascolari”, sottolinea il prof. Andreas Michalsen, capo del team di ricerca. “Di conseguenza, la donazione di sangue potrebbe prevenire non solo il diabete, ma anche i problemi cardiovascolari degli obesi”, aggiunge Michalsen sottolineando che “ovviamente questi trattamenti non sono auspicabili per coloro affetti da anemia o, più in generale, non idonei alla donazione del sangue”.

FONTE: Effects of phlebotomy-induced reduction of body iron stores on metabolic syndrome: results from a randomized clinical trial

https://bmcmedicine.biomedcentral.com/articles/10.1186/1741-7015-10-54