Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

Indice
In molti alimenti di uso comune si nasconde l’acrilammide, un composto in grado di causare tumori e danni neurologici. Ne parliamo con la dottoressa Debora Rasio, dirigente medico presso l’Ospedale Sant’Andrea di Roma che cura per noi la rubrica dedicata all’alimentazione secondo natura.

Abbiamo sentito che in molti alimenti di uso comune, come biscotti, fette biscottate, cereali in scatola, crackers, patatine fritte, caffè e orzo solubile, si nasconde l’acrilammide, un composto in grado di causare tumori e danni neurologici. Può spiegarci cos’è?

L’acrilammide è un composto idrosolubile, inodore, insapore, usato come isolante, fissativo, adesivo, additivo in molti processi industriali, nella lavorazione della plastica, nella cosmetica e nel trattamento delle acque. Gli studi su animali da laboratorio hanno mostrato che l’acrilammide è in grado di danneggiare il DNA negli embrioni esposti, e di indurre tumore e danni neurologici dopo esposizione prolungata. Si è sempre ritenuto che la maggior fonte di esposizione nell’uomo fosse il fumo e l’acqua potabile, in cui i valori limite permessi, a causa della pericolosità della sostanza, sono di 0.1 microgrammi/litro.  

Nel 2000 in Svezia durante la costruzione di un tunnel si verificò uno sversamento di materiale contenente acrilammide nel terreno, con inquinamento delle falde acquifere e comparsa di segni di tossicità neurologica nei bovini che pascolavano nelle zone circostanti. Gli individui che erano venuti in contatto con l’acqua contaminata avevano elevate concentrazioni di acrilammide nel sangue, ma, sorprendentemente, livelli molto alti furono trovati anche in chi era del tutto estraneo all’incidente. Fu così che gli scienziati scoprirono un’altra fonte insospettabile di acrilammide: i cibi ricchi in amido, cotti ad alte temperature. Nel 2002 il National Food Administration svedese denunciò pubblicamente la presenza di elevate quantità di acrilammide in alimenti di largo uso quotidiano quali cereali in scatola, biscotti, fette biscottate, crakers, pane, patatine fritte, caffè, derivati del caffè, orzo solubile, mandorle tostate, ecc.

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Però questa sostanza non compare nella lista degli ingredienti. Come è possibile?

Perché non viene aggiunta, bensì si forma dalla reazione ad alte temperature (superiori ai 120º) tra lo zucchero e alcuni amminoacidi liberi, specie l’asparagina. Dunque tutte le cotture ad alte temperature (al forno, alla griglia, la frittura) generano acrilammide. E la troviamo più concentrata nelle parti più imbrunite del prodotto (pensiamo alla crosta del pane e della pizza, alla parte più scura dei crackers, delle fette biscottate ecc). Anche i biscotti o le torte cotte in casa contengono acrilammide, specie se abbiamo utilizzato miele o fruttosio come dolcificante. Il glucosio è lo zucchero migliore per cuocere (lo troviamo nei malti, come quelli di riso o di orzo). In ogni caso meno zucchero usiamo, meno acrilammide produciamo. Anche la lievitazione naturale, abbassando il pH dell’impasto, ne limita la formazione.

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Come proteggersi dall’acrilammide

Ma quanta acrilammide in media assumiamo giornalmente? 

Con la dieta moderna introduciamo circa 35-40 mcg/kg corporeo di acrilammide al giorno. Purtroppo i livelli più alti si trovano nei bambini. E’ presente negli embrioni e nei neonatinella placenta e nel latte maternoe la cosa davvero preoccupante è che la dose nei neonati è almeno quella della madre! Pensiamo che i ratti che bevono acqua con acrilammide sviluppano danni neurologici acuti se esposti a concentrazioni superiori a 500 mcg/kg al giorno, ciò solo 10 volte superiori a quanto un bambino mangia in media ogni giorno, magari per anni! Immaginiamo il potenziale danno quando ad essere esposto è l’embrione o il feto, o il neonato attraverso il latte materno o un bambino piccolo con sistemi di detossificazione incompleti e una barriera che separa il cervello dal resto del corpo non ancora impermeabile. Le preoccupazioni sono tali che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha recentemente abbassato la soglia di pericolosità per i bambini, e ha raccomandato agli stati membri di monitorarne i livelli negli alimenti, specialmente in quelli per l’infanzia. Purtroppo ad oggi non ci sono ancora obblighi da parte dell’industria a ridurne la formazione.

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Come possiamo proteggerci?

In due modi: riduciamo il consumo dei cibi che la contengono e mangiamo più cibi protettivi. Al mattino possiamo sostituire fette biscottate, biscotti e cereali in scatola con pane a lievitazione naturale (togliendo eventualmente la crosta, specie se bruciata), come snack al posto dei crackers usiamo lo stesso pane o uno yogurt bianco o delle mandorle non tostate (quelle tostate hanno livelli di acrilammide molto alti). In pizzeria eliminiamo le parti bruciate della crosta, idem per le bruschette. Le patate sono problematiche perché contengono molta asparagina. Andrebbero consumate soltanto bollite o al vapore, non al forno né fritte. Riduciamo l’utilizzo del forno per cotture ad alte temperature e usiamo metodi di cottura il più possibili rapidi. Abituiamoci poi a mangiare più frutta fresca e verdura, cereali integrali e legumi, ricchi in micronutrienti ad azione protettiva.

E per chi volesse approfondire, ecco una tabella che mostra il contenuto in acrilammide di alcune categorie di alimenti. Meditiamo gente…..meditiamo!

Dottoressa Debora Rasio
Nutrizionista presso l’ospedale Sant’Andrea
Università di Roma La Sapienza

Laureata in medicina e chirurgia e specialista in oncologia, Debora Rasio vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute. La Dott.ssa Rasio vanta inoltre collaborazioni con le trasmissioni televisive Uno mattina (RaiUno) e Cose dell’altro Geo (RaiTre).